Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 settembre 2020, n. 18832

Ratei della pensione di anzianità, Rivalutazione monetaria
dalle singole scadenze alla data della sentenza ed interessi legali fino al
saldo, Estratto conto rilasciato dall’Inps, Mero valore dichiarativo della
situazione contributiva e non costitutivo del diritto alla prestazione
pensionistica, Pagamento della medesima somma a titolo risarcitorio, Modifica
della “causa petendi”

 

Rilevato che

 

la Corte di appello di Cagliari, in riforma della
decisione di primo grado, ha condannato l’Inps al risarcimento del danno in
favore di R.M. in misura pari ai ratei della pensione di anzianità che «le
sarebbero spettati dall’1.7.2011 al 31.7.2012», oltre rivalutazione monetaria
dalle singole scadenze alla data della sentenza ed interessi legali (o
rivalutazione monetaria se di importo maggiore) fino al saldo;

a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha
osservato che, correttamente, il Tribunale avesse escluso la sussistenza del
diritto alla pensione di anzianità, da data anteriore a quella riconosciuta
dall’INPS, per difetto della relativa contribuzione; a tale riguardo, ha
ritenuto come l’estratto conto rilasciato dall’INPS (indicativo di un maggior
numero di contributi) avesse mero valore dichiarativo della situazione
contributiva e non costitutivo del diritto alla prestazione pensionistica;
nondimeno, la Corte distrettuale ha ritenuto emendabile la domanda nei termini
formulati dalla ricorrente che, a seguito delle difese dell’INPS, aveva
richiesto il pagamento della medesima somma a titolo risarcitorio; per la Corte
di appello non vi era stata modifica né del petitum né della causa petendi: la
domanda originaria di riconoscimento del «diritto (alla pensione) da data
anteriore» era riqualificabile in termini di «risarcimento del danno da
decorrenza successiva»;

avverso la decisione ha proposto ricorso l’INPS
fondato su due motivi;

ha resistito, con controricorso, R.M.; la proposta
del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto dì
fissazione dell’udienza – ai sensi dell’articolo
380 bis cod.proc.civ.;

la parte controricorrente ha depositato memoria;

 

Considerato che

 

con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ.- è dedotta violazione
e falsa applicazione degli artt. 414 e 420 cod.proc.civ. per non avere la Corte
territoriale considerato nuova la domanda risarcitoria (proposta solo nel corso
del giudizio di primo grado, connessa all’erronea indicazione contenuta
nell’estratto contributivo, rispetto a quella originaria, formulata nelle
conclusioni del ricorso introduttivo, di accertamento del diritto alla pensione
di anzianità e di condanna dei relativi ratei, con decorrenza anteriore;

con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione
falsa applicazione dell’art. 1223 cod.civ. per
avere la sentenza impugnata, comunque, liquidato il risarcimento del danno in
misura pari ai ratei della pensione non goduta; secondo l’INPS, l’unico danno
astrattamente ipotizzabile avrebbe potuto essere quello determinato dalla
cessazione dell’attività lavorativa, per il venir meno del reddito da lavoro
autonomo (trattandosi nella specie di artigiano), in relazione al periodo in
contestazione, ma giammai quello derivante dal mancato riconoscimento del
beneficio pensionistico, posto che, pur in assenza della condotta dell’INPS,
non vi sarebbero stati i presupposti contributivi per godere della prestazione
pensionistica; il primo motivo è fondato;

in generale, esorbita dai limiti di una consentita
«emendatìo libelli» il mutamento della «causa petendi» che consista in una vera
e propria modifica dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio,
tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo perché
fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del
giudizio, così da porre in essere una pretesa diversa da quella precedente (ex
plurimis, Cass. nr. 32146 del 2018; Cass. nr. 20870 del 2019) ;

nella fattispecie, l’operata variazione integra
certamente una modifica della «causa petendi» poiché la richiesta risarcitoria
poggia su presupposti di fatto e di diritto diversi da quelli fondanti la
domanda prospettata nelle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio di
primo grado;

è sufficiente osservare come la domanda di pensione
richieda la deduzione dei (due) requisiti dell’anzianità contributiva e
dell’età anagrafica laddove quella risarcitoria presuppone l’individuazione di
una condotta responsabile (in questo caso dell’Istituto per l’inesatta
comunicazione dei dati contributivi, v. Cass. nr. 8118 del 2018) produttiva di
un pregiudizio nella sfera giuridica dì colui che agisce;

alla diversità dei fatti costitutivi corrisponde una
diversa potenzialità difensiva della controparte;

ne deriva l’erroneità della decisione che ha
ritenuto, invece, ammissibile l’operata modifica dell’originaria domanda;

resta assorbito l’esame del secondo motivo che
riguarda il merito della richiesta risarcitoria;

in conclusione, va accolto il primo motivo,
assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti, risultando definitiva la statuizione di non sussistenza
dei presupposti costitutivi del diritto a pensione con diversa decorrenza,
decisa nel merito con rigetto della originaria domanda di riconoscimento della
pensione di anzianità con decorrenza dal 1° luglio 2011;

le spese processuali, relative ai due gradi del
giudizio di merito ed a quello dì legittimità, seguono la soccombenza e sì
liquidano come da dispositivo;

deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del
contributo unificato ai sensi del D.P.R.
n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 -quater, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria
domanda.

Condanna la controricorrente alle spese del giudizio
di merito e del giudizio di legittimità; liquida, in relazione a ciascun grado
di giudizio, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre alle spese
generali forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro
200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello
stesso art. 13, comma 1 – bis.,
se dovuto.

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