Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2020, n. 18853

Tributi, IRPEF, Cessazione rapporto di lavoro dipendente,
Prestazioni erogate dal fondo integrativo dell’Enel, Tassazione, Redditi di
capitale, Criteri, Condizioni, Prova

Rilevato che

l’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza
n. 1091/1/15, depositata in data 19/03/2014, con la quale la Commissione
Tributaria Regionale del Veneto ha accolto l’appello proposto da R. R., in sede
di giudizio di riassunzione, a seguito della decisione (n. 3733/2014) di questa
Corte che aveva cassato la sentenza di secondo grado, avente ad oggetto il
regime fiscale applicabile alle prestazioni erogate dal fondo integrativo
dell’Enel ai propri dipendenti, alla cessazione del rapporto di lavoro;

in particolare il contribuente, lamentava, nel
giudizio di riassunzione, di aver subito l’applicazione sulla somma percepita,
assimilata ai fini imponibili a TFR, della trattenuta applicata in base all’art. 16 TUIR (tassazione separata)
anziché, quella da reddito di capitale, del 12,50%;

per quanto qui rileva, la CTR, richiamati i principi
di diritto indicati da questa Corte nella sentenza rescindente, con riferimento
alle S.U. n. 13642/2011, ha riconosciuto il
diritto del contribuente al credito restitutorio di euro 77.978,02;

avverso tale pronuncia, ricorre l’Agenzia
affidandosi a due motivi;

il contribuente, regolarmente intimato, non si è
costituito in giudizio.

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo viene dedotta, in relazione
all’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., la
violazione dell’art. 384, comma 2, c.p.c., per
mancata attuazione del principio di diritto sancito nella ordinanza di
cassazione, e comunque di quanto ivi statuito;

2. con il secondo motivo viene denunciata, in
relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.,
la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 124/1993,
del D.L. n. 669 del 1996,art. 1,
del d.P.R. n. 917/1986, artt. 16, 17
e 42 (ora 45), nonché dell’art. 6 della legge n. 482/1985,
per avere la CTR. violato il principio di diritto sancito nella sentenza
rescindente pronunciata da questa Corte;

3. i motivi di gravame, esaminati congiuntamente in
quanto connessi, risultano, manifestamente fondati;

4. premesso, in via generale, che il giudizio di
rinvio costituisce un processo chiuso tendente ad una nuova statuizione
(nell’ambito fissato dalla sentenza di cassazione) in sostituzione di quella
cassata, e comporta, di conseguenza, che i limiti e l’oggetto siano delimitati
dalla sentenza di annullamento; nel caso che occupa la sentenza impugnata non
risulta conforme al principio di diritto sancito nella pronuncia di cassazione
con rinvio;

5. in particolare, questa Corte, con la sentenza n.
3733/2014, richiamando pedissequamente, la sentenza
n. 13642/2011 delle Sezioni Unite, ha vincolato il giudice del rinvio
all’applicazione del seguente principio: “il meccanismo impositivo di cui
all’art. 6 I. 482/85
(aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e
quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo)
si applica a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare
aziendale FONDENEL/P.I.A. da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite a
titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa
aziendale, solo limitatamente agli importi maturati entro il 31/12/2000 che
provengano dalla liquidazione del rendimento finanziario del capitale a questo
proposito giova aggiungere, per massima chiarezza, che per rendimento del
capitale deve intendersi il rendimento netto imputabile alla gestione sul
mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato, la cui quantificazione
deve essere compiuta dal giudice di merito – come questa Corte, dopo la
pronuncia delle Sezioni Unite , ha avuto modo di ulteriormente specificare
nella successiva sentenza 29583/11 – sulla base di una congruente analisi
giuridica della fattispecie concreta, che operi l’accertamento della
“natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del
contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da
parte del Fondo, del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il
rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo
rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,5%”;

6. per giurisprudenza consolidata di questa Corte
maturatasi con numerosi arresti (“ex plurimis” – Cass. n. 15853/18, 720/17, 10604/15)
sull’elaborazione dei fondamentali principi dalle S.U., nella “subiecta
materia”, con la citata sentenza n.
13642/2011, deve affermarsi che la prestazione da erogare agli ex dirigenti
dell’ENEL, con riguardo al Fondo P.I.A., è soggetta alla ritenuta del 12,50%
sulla liquidazione del cosiddetto rendimento, solo se il contribuente provi che
si tratti di somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale
accantonato sul mercato (non necessariamente finanziario), non anche d’importi
calcolati mediante l’adozione di riserve matematiche e di sistemi
tecnico-attuariali di capitalizzazione, con l’esclusione, poi, che tale
rendimento possa corrispondere alla redditività sul mercato dell’intero capitale
ENEL;

7. sulla base di tali principi, la sentenza
rescindente ha, quindi, vincolato la CTR ad accertare se e quando, sulla base
delle norme contrattuali applicabili, i capitali rinvenienti dalla
contribuzione fossero stati effettivamente investiti sul mercato finanziario ,
quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata
determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze delle singole posizioni
individuali; sulla scorta di tale indagine, la CTR doveva, quindi, quantificare
la parte della somma complessivamente erogata al contribuente, somma
corrispondente al rendimento netto maturato entro il 31/12/2000, e derivante
dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la
contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, all’esito di
ciò, calcolare l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente,
l’ammontare del suo credito restitutorio) applicando solo a tale parte
l’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dall’art. 6 I. 482/85; fermo
restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1 lett. a) e 17 del
TUIR”;

8. alla luce di ciò, il gravame risulta fondato ,
perché la sentenza impugnata, pur richiamando il corretto principio di diritto,
ha, tuttavia, palesemente, violato il “dictum ” della sentenza
rescindente, omettendo di accertare se e quando, i capitali rivenienti dalla
contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato finanziario in
generale (tra questi vanno, infatti, ricompresi gli investimenti immobiliari),
e quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata
determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni
individuali, limitandosi, invece, ad affermare il diritto del contribuente in
relazione alla quantificazione del rendimento, in proporzione, pari a quello
ottenuto sul mercato dall’intero patrimonio aziendale;

9. per quanto precede il ricorso va accolto, e non
essendo necessari, ulteriori p accertamenti di fatto, la causa può essere
decisa nel merito, ai sensi del secondo comma dell’art.
384 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

10. le spese dell’intero giudizio vanno compensate,
considerato che l’orientamento di questa Corte, nella “subiecta
materia” si è consolidato, solo, successivamente alla data di proposizione
del gravame in disamina.

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda del contribuente. Spese
dell’intero giudizio compensate.

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