La condotta dell’azienda è rilevante per considerare legittimo il licenziamento del lavoratore che chieda di fruire di un congedo per evitare il superamento del periodo di comporto.

Nota a Cass. ord. 2 settembre 2020, n. 18253

Sonia Gioia

Per valutare la legittimità del licenziamento del lavoratore che chieda di poter usufruire dì un periodo di congedo senza assegni per 30 giorni al fine di limitare l’assenza per malattia e scongiurare il superamento del periodo di comporto, occorre tener conto della domanda di congedo presentata ai sensi del ccnl di categoria applicato al caso concreto (Attività ferroviarie) e del riscontro della stessa da parte dell’azienda. Ciò, verificando se quest’ultima abbia avviato un regolare carteggio, informando il dipendente della possibilità di avvalersi di un ulteriore periodo di aspettativa per motivi di salute, documentando la malattia, e delle conseguenze del compimento del periodo massimo di assenza consentita.

Lo afferma la Corte di Cassazione (ord. 2 settembre 2020, n. 18253, difforme da App. Roma) che, nell’accogliere il ricorso dell’azienda, sostiene che la Corte di merito aveva trascurato di considerare il “lungo carteggio intercorso tra le parti rivelatore della buona fede e correttezza della condotta datoriale così incorrendo anche nella violazione delle disposizioni che autorizzano il recesso dal rapporto di lavoro al verificarsi di determinate condizioni” (ex art. 2110 c.c.).

Nella fattispecie sottoposta all’esame della Cassazione, la società datrice aveva: a) allertato il lavoratore dell’approssimarsi del raggiungimento del periodo massimo di assenze accumulabile; b) fornito una interpretazione della natura dei congedi e delle condizioni per ottenerli; c) e sollecitato il lavoratore a documentare coerentemente le sue domande.

Periodo di comporto e ulteriore congedo
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