Il Decreto legge n. 104/2020, tra le misure a sostegno delle aziende, raddoppia, per il solo anno 2020, il limite di non imponibilità previsto per le cessioni di beni e per i servizi prestati ai dipendenti.

Antonio Guidone

Con il D.L. 14 agosto 2020, n. 104 (c.d. decreto “Agosto”), il legislatore ha rafforzato le misure relative al welfare aziendale, elevando il limite superato il quale sono tassati i redditi in natura erogati a favore dei dipendenti, portandolo, da 258,23 euro a 516,46 euro, dunque, raddoppiando l’area esente.

Come noto, il reddito da lavoro dipendente, così come previsto dall’art. 51, co. 1, del Tuir, è dato dalla sommatoria di tutte le somme e i valori genere, a qualunque titolo percepiti dal dipendente nel periodo d’imposta, anche per il tramite di erogazioni liberali.

Per questo, l’art. 51, prevede ai co. 2, 3 e 4, del Tuir, un elenco articolato di fringe benefits (spesso inseriti in complessi piani di politiche aziendali): mediante la loro previsione il legislatore mitiga la portata del principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, introducendo delle aree di non tassazione o di più lieve tassazione.

Ciò consente di detassare alcune liberalità aventi ad oggetto beni o servizi (si pensi, ad esempio, a prodotti alimentari e libri scolastici, provenienti direttamente dal datore di lavoro oppure da terzi, anche per il tramite di buoni acquisto, c.d. voucher). L’elencazione delle attribuzioni agevolate, inoltre, si completa con una norma di chiusura che dispone la non concorrenza “dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a [euro 258,23]; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

Per il solo 2020, la norma è stata modificata nel senso di raddoppiare l’area di esenzione prevedendo la non concorrenza dei beni ceduti e dei servizi prestati complessivamente di valore fino ad euro 516,46.

Occorre precisare che la cifra in questione non costituisce una franchigia, nel senso che, ad esempio, a fronte dell’attribuzione in natura, di beni o servizi, di valore pari a 550 euro, sarà imponibile l’intera erogazione e non, come si potrebbe erroneamente pensare, la differenza tra la il reddito in natura e la soglia di 516,46 euro.

La soglia di esenzione non si può applicare alle erogazioni in denaro, le quali confluiscono comunque nel reddito da lavoro dipendente, salvo talune specifiche esclusioni.

Al fine di determinare il valore di beni e servizi, in termini monetari, sono fissate due regole fondamentali.

La prima riguarda i beni prodotti direttamente dall’azienda: il loro valore corrisponde al prezzo mediamente praticato dalla stessa nelle cessioni all’ingrosso.

La seconda valida in tutti gli altri casi, prevede di doversi fare riferimento al criterio del valore normale, di cui all’art. 9 del Tuir. In questi casi si guarda al prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquistati o prestati, e, in subordine, nel tempo e nel luogo più prossimi. In aggiunta, possono essere d’ausilio i listini o le tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, le mercuriali, i listini delle camere di commercio e le tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso.

Raddoppia la soglia di esenzione per i redditi in natura erogati ai dipendenti: non imponibili fino a importi inferiori a 516,46 euro per il solo 2020
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