Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 settembre 2020, n. 20242

Piano di riorganizzazione aziendale concordato con le
organizzazioni sindacali, Trasferimento ad un altro reparto, Espletamento di
mansioni inferiori a quelle originariamente assegnate, Risarcimento del danno
da demansionamento e mobbing, Non sussiste, Obbligo del datore di lavoro
all’adempimento in forma specifica, Deroga, Impossibilità di ricollocare il
lavoratore nelle mansioni precedentemente occupate o in altre equivalenti

 

Rilevato che

 

1. D. S., dipendente di V. s.p.a. con mansioni di
addetto alla manutenzione elettrica ed elettronica, inquadrato nel livello
“F” del c.c.n.l. di settore, premesso che con lettera del 19.9.2005,
in attuazione di un piano di riorganizzazione aziendale concordato con le
organizzazioni sindacali, era stato trasferito dal reparto di manutenzione
elettrica a quello di “taglio-imballo meccanizzato” con espletamento
di mansioni inferiori a quelle originariamente assegnate, ha adito il giudice
del lavoro chiedendo l’accertamento della illegittimità del trasferimento
interno con conseguente ordine alla società datrice di lavoro di ricollocarlo
nel reparto “manutenzione” , con attribuzione delle originarie
mansioni, e la condanna di V. s.p.a. al risarcimento del danno da
demansionamento e mobbing;

2. il giudice di primo grado ha respinto la domanda;

3. la Corte di appello di Potenza, con sentenza
395/2015, in parziale riforma della decisione, nel resto confermata, ha
dichiarato la illegittimità del trasferimento;

3.1. la Corte di merito ha fondato la illegittimità
del trasferimento sulla considerazione che la società datrice non aveva
dimostrato il rispetto dei criteri di selezione destinati a regolare la
mobilità interna quali concordati con le organizzazioni sindacali nell’ambito
di un accordo che recepiva un piano di riorganizzazione aziendale avente la
finalità di scongiurare la procedura di mobilità per riduzione del personale
già avviata dalla società; il rigetto della domanda di emissione di un ordine
di ricollocazione nel settore manutenzione è stato motivato con la circostanza
che il settore manutenzione era « passato a prevedere la sola figura del
manutentore elettromeccanico>>; il rigetto della domanda di accertamento
del demansionamento è stato motivato sia in considerazione della equivalenza
formale delle mansioni svolte prima e dopo il trasferimento, inquadrate
entrambe nel livello “F 3” del c.c.n.l. sia per la carente
allegazione nel ricorso introduttivo delle ragioni per le quali le mansioni di
successiva adibizione fossero da considerare, da un punto di vista sostanziale,
inferiori a quelle in precedenza espletate, tanto da non garantire lo
svolgimento e accrescimento del bagaglio di conoscenze ed esperienze già
acquisite; analoga carenza di allegazione è stata riscontrata in ordine alla
domanda di accertamento della condotta “mobbizzante” della parte
datoriale asseritamente realizzata con il pretesto della riorganizzazione
aziendale;

4. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso D. S. sulla base di due motivi; la parte intimata non ha svolto
attività difensiva;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione dell’art.
2103 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ.
in relazione all’art. 3, comma 2, Cost., ed
omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, acquisiti attraverso la prova
orale e oggetto di discussione tra le parti. Censura la sentenza impugnata per
non avere condannato la società alla reintegra nel settore manutenzione,
statuizione che assume necessariamente consequenziale alla dichiarata
illegittimità del provvedimento di trasferimento. Evidenzia che secondo quanto
evincibile dalla prova orale non si era verificato alcun mutamento o
soppressione dello specifico profilo professionale degli addetti al settore
manutenzione elettrica ed elettronica nel quale avevano continuato a prestare
la propria opera ben quindici dei diciannove originari addetti; in questa
prospettiva sostiene essere stata accertata la corrispondenza formale e
sostanziale tra i compiti del manutentore elettrico / elettronico e di quello
elettromeccanico. Critica, inoltre, la decisione di secondo grado per avere
escluso la configurabilità di un demansionamento ed evidenzia che la qualifica
di addetto all’imballo metallizzato delle bobine, attribuita in sede di
trasferimento, comportava un’ attività meramente manuale, inferiore a quella in
precedenza espletata; denunzia, infine, la mancata verifica del corretto
esercizio dello ius variandi da parte della società datrice di lavoro;

2. con il secondo motivo di ricorso deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 2103
e 2729 cod. civ. in relazione agli artt. 115, 116 e 421 cod. proc. civ.; censura la sentenza impugnata
per avere escluso il danno da demansionamento dovuto all’assegnazione a
<<mansioni improprie all’acquisita professionalità>>, danno che
assume emergere dalla prova orale e documentale offerta; si duole, quindi, che
nella ricostruzione del pregiudizio connesso al demansionamento, il giudice di
appello non avesse fatto ricorso al ragionamento presuntivo ed
all’utilizzazione delle nozioni di fatto che rientrano nelle comune esperienza
ai sensi dell’art.115 cod. proc. civ.;

3. il primo motivo di ricorso è da respingere;

3.1. la sentenza impugnata ha ritenuto che la
circostanza – pacifica – che nelle more il settore manutenzione era passato a
prevedere solo la figura del manutentore elettromeccanico (dotato, dunque, sia
di competenze elettriche che di competenze meccaniche) non consentisse di
accogliere la richiesta del lavoratore di ordinare all’azienda di reintegrarlo
nelle precedenti mansioni di manutentore elettrico. Pur nella stringatezza di
motivazione non è revocabile in dubbio che il giudice di appello abbia ritenuto
preclusa la possibilità di adempimento in forma specifica dell’obbligo di
assegnazione dello S. alle originarie mansioni per inesistenza
nell’organizzazione aziendale di una posizione lavorativa corrispondente a
quella in precedenza occupata dall’odierno ricorrente;

3.2. la decisione di secondo grado risulta,
pertanto, conforme sul punto al condivisibile indirizzo di questa Corte secondo
il quale l’obbligo del datore di lavoro all’adempimento in forma specifica in
ipotesi di dipendente illegittimamente trasferito è derogabile solo nel caso in
cui la parte datoriale provi l’impossibilità di ricollocare il lavoratore nelle
mansioni precedentemente occupate, o in altre equivalenti, per inesistenza in
azienda di tali ultime mansioni o di mansioni ad esse equivalenti (Cass. 11/10/2019, n. 25673, in motivazione; Cass. 30/07/2018, n. 20080, in motivazione; Cass. 11/07/2014, n. 16012).

3.3. la censura fondata sull’asserita
corrispondenza, formale e sostanziale, dei compiti del manutentore
elettrico/elettronico e di quello elettromeccanico, entrambi – si asserisce –
muniti di specifiche competenze per occuparsi delle apparecchiature adibite alla
produzione, questione implicante una verifica in fatto della dedotta
corrispondenza, risulta inammissibile in quanto non sorretta dalla esposizione
del fatto processuale in termini idonei a consentire, sulla base della lettura
del solo ricorso per cassazione, la verifica della rituale deduzione della
stessa nelle fasi di merito (v. tra le altre, Cass.
28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n. 20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540);

3.4. parimenti inammissibile è la critica alla statuizione
di rigetto della domanda di accertamento del demansionamento, critica che non
si confronta con la affermazione del giudice di appello in ordine alla carenza,
nell’originario ricorso, di allegazioni idonee a suffragare l’assunto della
“non equivalenza”, sotto il profilo sostanziale, delle mansioni di
successiva adibizione con quelle in precedenza svolte; parte ricorrente si
limita, infatti, al mero richiamo al provvedimento di trasferimento neppure
correttamente indicato nel rispetto degli oneri di trascrizione del documento
di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ.;

4. l’esame del secondo motivo di ricorso risulta
assorbito dal rigetto del primo motivo inteso a contrastare la sentenza di
appello laddove questa aveva escluso che l’illegittimo trasferimento del
lavoratore in un altro reparto avesse comportato il demansionamento dello
stesso tenuto conto del bagaglio professionale in precedenza acquisito; tanto
esclude in radice la ipotizzabilità di un danno risarcibile in favore del
lavoratore;

5. non si fa luogo al regolamento delle spese di
lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

6. sussistono i presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dell’art.13 del d.P.R.
n. 115 del 2002 (Cass. Sez. Un. 20/09/2019, n. 23535);

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

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