Prassi – ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – Nota 25 settembre 2020, n. 749

Convalida dimissioni lavoratore padre con figlio di età fino a
3 anni, art. 55, comma 4, D.Lgs. n.
151/2001

 

Sono pervenute a questa Direzione richieste di
chiarimenti in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 55, commi 4, D.Lgs. n. 151/2001
concernente la convalida delle dimissioni presentate dal lavoratore padre
durante i primi tre anni di vita del bambino.

Al riguardo, acquisito il parere dell’Ufficio
legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si forniscono
le seguenti precisazioni.

La disposizione in oggetto prevede che “la
risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate
dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice e dal
lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino (…) devono essere
convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente
condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro”.

In merito al suddetto disposto normativo, alla luce
dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, sez. lav., n. 11676/2012 si è posto il quesito in
ordine alla necessaria preventiva fruizione del congedo di paternità al fine di
applicare la disciplina in materia di convalida delle dimissioni al lavoratore
padre.

In proposito si rileva che la preventiva fruizione
del congedo di paternità non risulta richiesto dalla lettera della norma e ciò
peraltro in conformità alla sua ratio che, come già evidenziato dal Ministero
del lavoro, risiede proprio nella volontà di assicurare una “tutela rafforzata
volta a salvaguardare la genuinità della scelta da parte della lavoratrice o
del lavoratore” (cfr. ML interpello n. 28/2014).

La citata sentenza della Cassazione ha tuttavia
rilevato una contraddizione nell’impianto normativo, oggetto di interpolazioni
succedutesi nel tempo, sia in relazione all’art. 54, comma 7, sia in relazione
all’art. 55, comma 2, del D.Lgs. n. 151/2001.

Infatti, in entrambi i casi la fruizione del congedo
di paternità di cui all’art. 28 del
D.Lgs. n. 151/2001 si pone quale condizione rispettivamente per estendere
anche al lavoratore padre il divieto di licenziamento operante nel primo anno
di vita del bambino e per riconoscere le indennità previste in caso di
dimissioni volontarie presentate durante il periodo di vigenza del divieto di
licenziamento.

Proprio per risolvere queste antinomie la Corte
propone una lettura costituzionalmente orientata delle norme attraverso “una
interpretazione aderente al principio di uguaglianza e alle esigenze di
solidarietà sociale” tenendo conto “della preventiva conoscenza dello stato che
giustifica le tutele previste in favore anche del lavoratore padre”.

In conformità con il principio espresso dalla Corte
appare quindi necessario che, ai fini della convalida, il datore di lavoro sia
a conoscenza della situazione familiare del lavoratore, in ragione di pregresse
comunicazioni trasmesse anche per finalità diverse dalla fruizione del congedo
di cui all’art. 28 del D.Lgs. n.
151/2001 o del congedo obbligatorio di cui all’art. 4, comma 24 lett. a), della L.
n. 92/2012 la cui durata è stata peraltro estesa da successivi
provvedimenti (si pensi alla comunicazione effettuata per la fruizione degli
assegni per il nucleo familiare).

Pertanto, alla luce delle considerazioni espresse e
conformemente al contenuto letterale della norma, si ritiene che la convalida
delle dimissioni vada sempre effettuata, a prescindere dalla fruizione del
congedo di paternità avendo cura, in tale caso, di verbalizzare una
dichiarazione del lavoratore secondo cui il datore di lavoro è a conoscenza
della propria situazione familiare anche in virtù, come già chiarito, di
comunicazioni o richieste di diverso tenore.

Prassi – ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO – Nota 25 settembre 2020, n. 749
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