Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23383

Periodo di assenza dal lavoro per malattia, Computo
nell’anzianità di servizio, Condizioni, Retribuibilità del periodo di
malattia, Necessità, Esclusione, Fondamento

Rilevato che

 

1.Con sentenza in data 2 settembre 2014 nr. 1453 la
Corte d’Appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale di Foggia, che,
accogliendo il ricorso proposto da P.F. nei confronti del CONSIGLIO PER LA
RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA- C.R.A. (in prosieguo: C.R.A.),
dichiarava il suo diritto a concorrere alla stabilizzazione di cui all’articolo 1, commi 519 e 529, legge
27 dicembre 2006 nr. 296, ordinando al C.R.A. di procedere alle relative operazioni.

2.In punto di procedibilità della domanda
giudiziaria, in quanto non  preceduta dal
tentativo obbligatorio di conciliazione, la Corte territoriale osservava che la
questione era rimessa al potere-dovere del giudice di merito, da esercitare nella
prima udienza di discussione; ove l’improcedibilità non fosse stata rilevata
dal giudice nel predetto termine, ancorchè segnalata, come nella fattispecie di
causa, la azione giudiziaria proseguiva e la questione non poteva essere
riproposta.

3.Quanto all’eccepito difetto di giurisdizione,
nella fattispecie era stata  avviata una
procedura di stabilizzazione per la copertura di 87 posti di operatore tecnico
di VIII livello, rispetto ai quali era applicabile la modalità di assunzione
dell’avviamento da parte dei Centri per l’impiego (art. 35 co.1 lett. b D.Lgs
165/2001).

4. Il petitum sostanziale si risolveva, dunque,
nella pretesa a partecipare ad una procedura volta alla verifica di requisiti
predeterminati dalla legge, senza esercizio di discrezionalità; trattandosi di
operai agricoli già assunti mediante atti di avvio dei Centri per l’impiego e
da stabilizzare in un profilo richiedente come titolo di accesso la scuola
dell’obbligo, la selezione dei candidati si era risolta nella fissazione di
criteri di valutazione della anzianità ed in un giudizio di mera idoneità, in
difetto di ogni valutazione comparativa.

5. Ne derivava anche l’insussistenza dell’eccepito
difetto di contraddittorio: non si era in presenza di una procedura
concorsuale; l’ esito della procedura evidenziava come le stabilizzazioni
fossero state operate per un numero di posti inferiori a quelli disponibili.

6.Nel merito, il requisito del servizio a tempo
determinato triennale era stato parametrato, trattandosi di operai agricoli a
tempo determinato, alle giornate lavorative prestate dagli operai agricoli a
tempo indeterminato, convertendo un anno in 273 giornate lavorative.
Nell’accordo sindacale del 22.2.2008, concluso ai sensi dell’art.4 dell’avviso
pubblico, si era prevista la valutazione della anzianità lavorativa, ai fini
della graduatoria, in ragione di 2 punti per anno, stabilendo che il servizio
prestato venisse valutato tenendo delle giornate «effettivamente lavorate»,
ricondotte alla annualità.

7.La fonte contrattuale valutava dunque la anzianità
di servizio sulla base del «servizio effettivo», ai soli fini della formazione
della graduatoria; diversamente, la legge 296/2006,
ai fini della ammissione alla procedura di stabilizzazione, aveva riguardo al
«servizio» prestato.

8. Lo stato di malattia, pure in ipotesi rilevante
per la formazione della graduatoria, non poteva giustificare la mancata
ammissione alla procedura, in ragione del trattamento giuridico della malattia,
che deve essere computata nella anzianità di servizio (articolo 2110 cod.civ.) e non esclude la vigenza
giuridica del rapporto di lavoro e degli obblighi compatibili con la malattia.

9. Non era controverso che la F., computati i
periodi di malattia, fosse in possesso del requisito del servizio triennale a
tempo determinato.

10. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza il C.R.A., articolato in quattro motivi, cui l’intimata ha opposto
difese con controricorso.

11. Le parti hanno depositato memoria.

12. Il PM ha concluso per la rimessione della causa
alle Sezioni Unite, avuto riguardo al primo motivo di ricorso.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia — ai
sensi dell’articolo 360 nr. 1 e nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli artt. 1, co.519 L. 296/2006 e 63 D.Lgs. 165/2001,
censurandosi la statuizione resa in punto di giurisdizione.

2. Si assume che l’avviso pubblico di selezione del
3 agosto 2007, con il quale si indiceva la procedura per la stabilizzazione del
personale a tempo determinato ai sensi dell’articolo 1, commi 519 e 520, L.
296/2006 e la decisione di considerare, per gli operai agricoli, ai fini
dell’inserimento nelle graduatorie finali, le sole giornate effettivamente
lavorate, costituivano espressione di valutazioni discrezionali, nell’ambito di
una procedura concorsuale.

3. Il motivo è infondato.

4. In via preliminare va rilevato che il Collegio è
delegato a trattare la questione di giurisdizione in virtù del Decreto del
Primo Presidente in data 10 settembre 2018, in quanto essa rientra, nell’ambito
delle materie di competenza della sezione lavoro, tra le questioni indicate nel
richiamato Decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni
Unite di questa Corte.

5. In particolare, le Sezioni Unite hanno
costantemente evidenziato che il termine «concorsuale» utilizzato dall’articolo 63, comma4, D.Lgs
165/2001, va inteso in senso restrittivo, dovendo identificarsi la procedura
concorsuale, riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo,
esclusivamente in quella caratterizzata dall’emanazione di un bando, dalla
valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una
graduatoria di merito, la cui approvazione, individuando i «vincitori»,
rappresenta l’atto terminale del procedimento preordinato alla selezione dei
soggetti idonei.

 6. Non
concretano, perciò, procedure concorsuali le assunzioni in esito a procedimenti
di diverso tipo: assunzioni dirette e procedure di mera verifica di idoneità
dei soggetti da assumere, in quanto titolari di riserva o iscritti in apposita
lista, giacchè il possesso dei requisiti e l’idoneità si valutano in termini
assoluti, senza originare una graduatoria di merito.

7. In applicazione di tali principi, le Sezioni
Unite, in relazione alle procedure di stabilizzazione di cui all’articolo 1, commi 519, 557 e 558,
L. nr. 296/2006 hanno osservato che la deroga alle normali procedure di
assunzione concerne il carattere di assunzione riservata e non aperta ma non la
regola del D.Lgs. n. 165
del 2001, art. 35, comma 1, dell’accesso tramite procedure selettive; tali
procedure selettive sono, tuttavia, escluse per il personale assunto
obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di
collocamento, in quanto procedure previste da norme di legge, secondo la
dizione del suddetto comma 519
«… purchè sia stato assunto mediante procedure selettive di natura
concorsuale o previste da norme di legge» (Cassazione civile sez. un.
07/07/2010 , n. 16041; Cassazione civile sez. un., 26/01/2011, n.1778, cui ha
dato continuità la giurisprudenza successiva tra cui, Cass. S.U. n. 2568 del
2011, Cass. S.U. n. 24904 del 2011, Cass. SU nr. 16735/2012; Cass SU nr.
6077/2013; nr. 2399/2014).

8. Nel caso di personale che sia stato assunto
mediante procedure previste da norme di legge — (id est: assunto
obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di
collocamento )— non diversamente dal personale che abbia già sostenuto
procedure selettive di tipo concorsuale, la legge
296/2006 non attribuisce all’amministrazione il potere di effettuare una
selezione mediante prove di esame o valutazione di titoli professionali,  dovendosi procedere esclusivamente alla
formazione di una graduatoria, ove le domande siano superiori al numero di
assunzioni a tempo indeterminato previste, secondo l’ordine di priorità
desumibile dalle stesse disposizioni normative (maturazione del requisito di
tre anni; maturazione dello stesso requisito presso diverse amministrazioni;
contratto anteriore al 29 settembre 2006 e requisito dei tre anni ancora da
maturare) e sulla base dell’anzianità di servizio ( potendosi ammettere la
previsione di ulteriori titoli, anche riferiti all’esperienza professionale,
per il caso di pari anzianità). Detta regolamentazione legislativa colloca le
controversie inerenti a tali procedure nell’area del «diritto all’assunzione»
di cui all’art. 63, comma 1, oggetto di 
giurisdizione ordinaria (cfr. Cassazione civile sez. un., 07/07/2010, n.16041).

9. Nella fattispecie di causa è rimasto
incontestato: che la procedura riguardava operai agricoli già assunti mediante
atti di avvio dei Centri per l’impiego; che era relativa alla assunzione nel
livello VIII, profilo di operatore tecnico, per il quale era richiesto, quale
titolo d’accesso, la sola scuola dell’obbligo; che la selezione dei candidati
alla stabilizzazione si era risolta nella fissazione di criteri di valutazione
della anzianità di servizio ed in un giudizio di mera idoneità, in difetto di
ogni valutazione comparativa (si veda la sentenza impugnata, alla pagina 6,
primo capoverso).

10. Con il secondo mezzo il C.R.A. ha dedotto — ai
sensi dell’articolo 360 nr.4 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione dell’articolo 102
cod.proc.civ., impugnando la sentenza per avere respinto la questione di
non integrità del contraddittorio.

11. Ha assunto che la domanda di inserimento nella
graduatoria degli ammessi alla stabilizzazione doveva essere esaminata in
contraddittorio con gli altri partecipanti alla procedura o almeno con coloro
che erano collocati utilmente nella graduatoria.

12. Il motivo è inammissibile.

13. Va al riguardo considerato che il litisconsorzio
e correlativamente l’ampiezza del contraddittorio si misurano nel concreto, con
riguardo alle domande proposte e agli effetti che il loro eventuale
accoglimento produce nella sfera di altri soggetti coinvolti; questi ultimi
dovranno necessariamente partecipare al processo ogni volta che la pronuncia
domandata abbia effetti sulla loro posizione giuridica e ciò anche
nell’interesse della parte attrice ad ottenere una pronuncia utiliter data,
ovverosia tale da poter essere efficacemente opposta a tutti coloro cui la
vicenda giuridica è inscindibilmente comune (Cassazione civile sez. lav.,
21/11/2019, n.30425).

14. Deve essere conseguentemente ribadito il
principio, già enunciato da questa Corte con ordinanza 2 marzo 2020 nr. 5679 in
relazione alle graduatorie ad esaurimento del settore scolastico, secondo cui
la parte che deduce la non integrità del contraddittorio ha l’onere di indicare
quali siano i litisconsorti pretermessi e di dimostrare i motivi per i quali è
necessaria l’integrazione (Cass. 18 novembre 2013, n. 25810; Cass. 27 maggio 2009, n. 12346; Cass. 29 maggio
2007, n. 12504; Cass. 16 marzo 2006, n. 5880) sicchè va dichiarato
inammissibile il ricorso in cui la parte non abbia indicato chi sarebbero i
controinteressati nei cui riguardi dovrebbe disporsi l’integrazione del
contraddittorio ed abbia solo genericamente indicato il rischio – nel caso di
attribuzione alla controparte dell’utilità rivendicata – di un  pregiudizio per altri candidati, senza
concretizzarne l’effettività attraverso l’indicazione degli effetti che quel
punteggio avrebbe avuto sulla graduatoria coinvolta.

15. Nella fattispecie di causa la amministrazione
muove dall’erroneo presupposto che la necessità della integrazione del
contraddittorio derivi ex se dalla natura della procedura, indipendentemente
dalla verifica della effettiva esistenza di soggetti la cui posizione sarebbe
coinvolta dal provvedimento richiesto. Ciò peraltro in una situazione in cui la
sentenza impugnata ha escluso la esistenza di controinteressati, in ragione del
fatto che le stabilizzazioni avvenute erano inferiori al numero dei posti per i
quali era stata avviata la procedura.

16. Con la terza censura l’amministrazione
ricorrente ha dedotto— ai sensi dell’articolo 360
nr. 3 cod.proc.civ.— violazione e falsa applicazione degli articoli 410 e 412 bis
cod.proc.civ., nella formulazione vigente ratione temporis, e 65 co. 1 D.Lgs 165/2001,
deducendo la erroneità della statuizione di rigetto della eccezione di
improcedibilità della domanda, per la mancata proposizione del tentativo
obbligatorio di conciliazione.

17. Il motivo è infondato.

18. Questa Corte ha già affermato, con orientamento
qui condiviso, che nelle controversie di lavoro la verifica dell’effettiva e
preventiva proposizione della richiesta del tentativo obbligatorio di
conciliazione (cui la legge  condiziona
la procedibilità della domanda giudiziale), come nella specie richiesto ratione
temporis, è sottratta alla disponibilità delle parti e rimessa al potere —
dovere del giudice del merito, da esercitar, ai sensi del comma 2 dell’art. 443 c.p.c., solo nella prima udienza di
discussione, sicché ove la questione, ancorché segnalata dalla parte, non venga
rilevata dal giudice entro detto termine, l’azione giudiziaria prosegue, in
ossequio al principio di speditezza di cui agli art.
24 e 111, comma 2, Cost. e la questione
stessa non può essere riproposta nei successivi gradi del giudizio (Cass. sez.
lav. 10/09/2012 nr. 15103; 14/10/2009 nr. 21797).

19.Tale principio è stato posto a base della decisione,
che appare dunque immune dalle censure che le sono state mosse.

20. Con la quarta critica si assume — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.— violazione e
falsa applicazione dell’art. 1,
co. 519, L. 296/2006 e degli artt. 18 e 19 CCNL per gli operai agricoli e
florovivaisti 2006.

21. La censura investe la pronuncia di sussistenza
in capo alla F. del requisito del servizio a tempo determinato triennale.

22. Il C.R.A. ha premesso che molte delle domande di
stabilizzazione riguardavano operai agricoli assunti a tempo determinato presso
i Centri di ricerca afferenti al C.R.A., in applicazione degli artt. 18 e 19
CCNL operai agricoli e florovivaisti, le cui prestazioni erano espresse in
giornate lavorative.

23. Per quanto indicato dal Dipartimento delle
Funzione Pubblica, ai fini del computo del servizio triennale l’anno si
individuava nel numero di 273 giornate lavorate (pari alle giornate lavorative
annue dei lavoratori a tempo indeterminato, al netto di ferie e festività).

24. Secondo la disciplina degli artt. 18 e 19 del
CCNL di categoria l’operaio agricolo a tempo determinato era assunto per un
periodo presunto, legato al carattere di stagionalità del ciclo produttivo,
durante il quale poteva svolgere un numero di giorni di lavoro pari, inferiore
o superiore a quello indicato nella richiesta di assunzione, senza maturare il
diritto alle ferie ed alla malattia.

25. Anche agli operai agricoli a tempo indeterminato
non erano retribuite le giornate non lavorate per assenze volontarie, malattia
o infortunio, ferma restando la tutela della malattia a fini previdenziali.

26. Ne conseguiva che le giornate di assenza dovute
alla malattia non potevano essere calcolate come periodo utile ai fini del
requisito del triennio di servizio.

27. Il motivo è inammissibile.

28. La Corte territoriale ha applicato nella
decisione la norma dell’articolo 2110 cod.civ.,
ultimo comma, a tenore del quale il periodo di assenza dal lavoro per malattia
(ovvero per infortunio, gravidanza o puerperio) deve essere computato
nell’anzianità di servizio.

29. Parte ricorrente oppone che la disciplina del
lavoro agricolo a tempo determinato, fissata dagli articoli 18 e 19 CCNL per
gli operai agricoli e florovivaisti, non consentirebbe di equiparare la
malattia ad un periodo di servizio, in quanto le giornate di malattia non danno
diritto a retribuzione.

30. Osserva la Corte che la disciplina dell’ultimo
comma dell’articolo 2110 cod.civ. non è affatto
condizionata dalla retribuibilità del periodo di malattia, come del resto
confermato dal comma 1 dello stesso articolo 2110
cod. civ., a tenore del quale in costanza degli eventi protetti dalla norma
al lavoratore è dovuta la retribuzione (o un’indennità) soltanto in assenza di
forme equivalenti di previdenza o di assistenza stabilite dalla legge o dalle
norme corporative.

31. Parte ricorrente avrebbe dovuto allegare
specifici elementi, tratti dalla disciplina del CCNL applicabile e dal concreto
svolgimento del rapporto di causa, tali da suffragare la denuncia dell’errore
di diritto. Non è contestato, invece, che la F. abbia goduto, in relazione ai
periodi di malattia qui rilevanti, della tutela previdenziale. Il motivo, per
come proposto, non  è pertanto idoneo a
porre in discussione la disciplina normativa posta a base del decisum.

32. Il ricorso deve essere complessivamente
respinto.

33. Le spese di causa, liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza.

34. Trattandosi di giudizio instaurato
successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai
sensi dell’art.1 co 17 L. 228/2012
(che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della
sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass.
SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

 

P.Q.M.

 

rigetta il primo e il terzo motivo di ricorso;
dichiara inammissibili il secondo ed il quarto. Condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 5.000 per compensi
professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23383
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