Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 novembre 2020, n. 27342

Azienda regionale trasporti, Contratto a termine, Domanda di
conversione dei rapporti di lavoro, Concorso pubblico per l’assunzione

 

Ritenuto

 

1. Che la Corte d’Appello di Cagliari, con la
sentenza n. 391 del 2015, depositata il 2 ottobre 2015, ha accolto per quanto
di ragione sia l’appello dall’Azienda regionale trasporti — ARST — spa nei
confronti di R. P., sia l’appello incidentale di quest’ultimo, entrambi
proposti avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Cagliari.

In parziale riforma della sentenza impugnata, il
giudice di appello ha rigettato la domanda di conversione dei rapporti di
lavoro a termine.

Veniva, altresì, riformata la statuizione sulle
spese di giudizio.

2. Il lavoratore aveva adito il Tribunale esponendo
di essere stato assunto dalla Gestione governativa delle Ferrovie meridionali
sarde come conducente di autobus presso la sede di Carbonia, con un contratto a
tempo indeterminato iniziato il 1° febbraio 2008, nel quale era subentrata
l’ARST spa a decorrere dal 1 giugno 2008, alla quale era stato trasferito il
complesso ferroviario già gestito dal Ministero dei trasporti. Scaduto tale
contratto il 30 settembre 2008, il lavoratore era stato assunto nuovamente a
termine dall’ARST spa con decorrenza dal 16 dicembre 2008 e con scadenza 31
ottobre 2009.

Il ricorrente aveva dedotto la nullità delle
clausole di apposizione del termine ai contratti, in quanto le stesse non
riportavano chiaramente la motivazione richiesta dall’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001.

La nullità del termine era stata invocata anche in
relazione all’art. 3 del d.lgs.
n. 368 del 2001, non avendo l’ARST spa effettuato la valutazione dei
rischi, ai sensi dell’art. 4
del d.lgs. n. 626 del 1994, e redatto il relativo documento.

3. L’ARST si costituiva in giudizio, resistendo alla
domanda, esponendo, in particolare, la sussistenza di ragioni legittimanti
l’assunzione a termine (quali, ad esempio, lavoratori distaccati presso la
Regione, aventi diritto a permessi ex lege n. 104
del 1992, assentatisi per fruire ferie arretrate), nonché che si era reso
necessario, durante lo svolgimento di un concorso pubblico per l’assunzione di
“operatori di esercizio”, garantire il relativo servizio per la
durata della procedura.

4. Il Tribunale dichiarava la sussistenza tra le parti
di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dal 12 luglio 2008 con
condanna della società al pagamento, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010,
di un’indennità risarcitoria pari a 4,5 mensilità dell’ultima retribuzione
globale di fatto.

5. La Corte d’Appello ha ritenuto che sussisteva la
nullità del termine, ma ha rigettato la domanda di conversione.

In relazione al contratto stipulato con il
Ministero, e cioè con l’Amministrazione pubblica, ha affermato che trovava
applicazione l’art. 36 del
d.lgs. n. 165 del 2001 e dunque non poteva darsi luogo alla trasformazione
del rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Per il contratto stipulato dall’ARST trovava
applicazione ratione temporis la disciplina di cui al d.l. n. 112 del 2008, in ragione della quale non
poteva darsi corso alla trasformazione.

Statuiva che l’indennità di cui all’art. 32, comma 5, cit., era
onnicomprensiva del danno subito dal lavoratore, ed era stata correttamente
commisurata in concreto nella fattispecie in esame.

6. Per la cassazione della sentenza di appello
ricorre il lavoratore prospettando tre motivi di ricorso.

7. Resiste l’ ARST con controricorso, con cui in via
preliminare eccepisce l’inammissibilità per mancanza di autosufficienza del
ricorso principale, e ricorso incidentale articolato in due motivi.

8. Entrambe le parti hanno depositato memoria in
prossimità dell’adunanza camerale.

 

Considerato

 

1. Che con il primo motivo di ricorso è dedotta la
violazione e falsa applicazione della legge della Regione autonoma Sardegna n.
16 del 1974, e della legge della Regione autonoma Sardegna n. 21 del 2005.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost.
Violazione della legge costituzionale n. 3 del 1948.

Illegittimità costituzionale della legge della
Regione autonoma Sardegna n. 16 del 1974, in relazione agli artt. 3 e 117 Cost.,
e della legge costituzionale n. 3 del 1948.

2. Il ricorrente precisa che la censura è centrata
sulla parte della sentenza relativa alla statuizione del divieto di conversione
del contratto a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, che la
Corte d’Appello fa derivare dalla legge della Regione Sardegna n. 16 del 1974.

Il ricorrente deduce che l’art. 23 della legge reg.
n. 16 del 1974 non era più vigente al momento della stipula del contratto a
termine in questione e che, comunque, lo stesso non prevedeva alcuna nullità
per i contratti stipulati in violazione di quanto previsto, trattandosi di una
mera norma programmatica.

Qualora si ritenesse che i contratti stipulati senza
l’espletamento di concorso siano nulli, la normativa regionale dovrebbe essere
rimessa alla Corte costituzionale per verificarne la legittimità, attesa la
potestà legislativa delle Regione, ai sensi dell’art. 3 dello Statuto di
autonomia, nella materia ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi
della Regione e stato giuridico ed economico del personale.

La norma regionale sarebbe, altresì, in contrasto
con la legislazione statale in materia di ordinamento civile (d.lgs. n. 165 del 2001 e d.lgs. n. 368 del 2001, che sanzionano l’abuso del
ricorso al contratto a termine con la conversione, ovvero, con il risarcimento
del danno), ex art. 117 Cost., e con la
direttiva europea che obbliga gli Stati membri a prevedere un’adeguata tutela
per l’abuso di contratti a tempo determinato, e con le leggi nazionali di
recepimento.

Inoltre, un lavoratore assunto con contratto a
termine dall’ ARST si troverebbe privo della tutela che invece spetta a un
lavoratore di un ente pubblico economico, di un ente pubblico o di un soggetto
privato, con violazione dell’art. 3 Cost.

Privo di rilievo, altresì, sarebbe l’art. 2-bis,
della legge n. 133 del 2008.

3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la
violazione e falsa applicazione della legge della Regione autonoma Sardegna n.
16 del 1974 e della legge della Regione autonoma Sardegna n. 21 del 2005,
nonché conseguente violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 368 del 2001 (per la ritenuta mancata
abrogazione delle prime due norme ad opera del d.lgs.
n. 368 del 2001) nella parte in cui viene negata la conversione del
contratto dichiarato nullo in relazione all’apposizione del termine in
contratto a tempo indeterminato – omessa e comunque contraddittoria motivazione
su un punto decisivo della controversia costituito dalla esistenza o meno di un
obbligo di assunzione per concorso.

Il ricorrente ricorda che la Corte d’Appello ha
ritenuto l’illegittimità del termine per la mancanza di specifica motivazione
in ragione dei principi di cui al d.lgs. n. 368 del
2001, tuttavia non ha fatto applicazione di tale decreto legislativo con
riguardo alla misura della conversione, richiamando l’obbligo di assunzione ex
lege regionale n. 16 del 1974, palesandosi, pertanto, la contraddittorietà della
decisione. In tal modo, il giudice di secondo grado aveva fatto applicazione di
una giurisprudenza formatasi prima del 2001 (non rilevante nella specie, atteso
che viene in rilievo un contratto stipulato dopo il 2001), dovendo trovare
applicazione, con specifico riguardo all’aspetto sanzionatorio, il d.lgs. n.
368 del 2001 e i principi affermati dalla Corte di giustizia. La legge
regionale n. 21 del 2005, nonché l’art. 36 del d.lgs. n. 165 del
2001, ha abrogato la legge regionale n. 16 del 1974.

Ciò, sia che si consideri l’ARST come ente pubblico
economico, sia come società per azioni, al momento della stipula del contratto.
Il ricorrente richiama l’orientamento della Corte di giustizia secondo il quale
nell’applicare la direttiva sul contratto a termine, non può farsi differenza
tra lavoratori pubblici e privati quanto alla sanzione prevista per i contratti
a termine irrispettosi della direttiva CE 1999/70, che deve essere effettiva e
tale da concretizzare un effetto dissuasivo per la ripetizione di tali
violazioni contrattuali.

Il ricorrente deduce che la legge della Regione
Sardegna n. 16 del 1974, nella parte in cui prevede l’obbligo del concorso
pubblico è stata abrogata dal d.lgs. n. 368 del
2001, applicabile nella specie, ma ancor prima dalla legge regionale n. 21
del 2005, in quanto incompatibile con la stessa, sussistendo, diversamente,
dubbio di legittimità costituzionale della disciplina regionale in relazione
alla disciplina comunitaria e nazionale.

4. I primi due motivi di ricorso devono essere
trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, Gli stessi sono
inammissibili.

5. La fattispecie in esame ha ad oggetto due
contratti a termine.

Il primo, come peraltro riportato nel ricorso (pag.
1 e 2 del ricorso) stipulato dal lavoratore con il Ministero dei trasporti
Gestione governativa ferrovie meridionali sarde dal 1 febbraio 2008 al 31
maggio 2008, prorogato in data 29 maggio 2008 sino al 30 settembre 2008,
contratto a termine in cui era subentrata l’ARST spa con effetti giuridici dal
1 giugno 2008; il secondo contratto a termine stipulato con l’ARST spa con
decorrenza 16 dicembre 2008 al 1 giugno 2009, poi prorogato al 31 ottobre 2009.

6. In ragione della motivazione della sentenza di
appello e dei motivi di ricorso, ai fini di un compiuto inquadramento della
fattispecie, occorre precisare quanto segue in relazione al quadro normativo
statale e regionale di riferimento e alle conseguenti deliberazioni della
Giunta regionale, in sede di attuazione.

7. L’Azienda Regionale Sarda Trasporti, istituita
con personalità giuridica di diritto pubblico dalla legge della Regione
Sardegna n. 3 del 9 giugno 1970, è stata successivamente disciplinata dalla
legge della Regione Sardegna n. 16 del 20 giugno 1974.

Era demandata all’ARST (art. 2 della legge reg. n.
16 del 1974) «L’impianto e la gestione nella Regione degli autoservizi di linea
per il trasporto di persone e bagagli, di qualunque natura e durata (…)».

8. In relazione a contratti a termine rispetto
>11.1.6 quali trovava applicazione ratione temporis la legge regionale n. 16
del 1974, questa Corte (sentenze n. 5229 del 2017 e n. 6413 del 2017) ha
affermato che l’art. 23 della suddetta legge regionale, che prevede
l’assunzione esclusivamente mediante concorso pubblico del personale
dell’azienda di trasporto locale ARST, impedisce la conversione in contratti a
tempo indeterminato dei contratti a termine illegittimamente stipulati con la
stessa, e tale  disposizione non viola l’art. 3 Cost., in quanto applicazione della
generale forma di reclutamento per le figure soggettive pubbliche, posta a
presidio delle esigenze d’imparzialità ed efficienza dell’azione
amministrativa, nè confligge con la direttiva n. 1999/70/CE, poiché le misure
nazionali atte a fronteggiare l’abusiva reiterazione dei contratti a termine
possono essere anche diverse dalla suddetta conversione, purché
sufficientemente effettive e dissuasi.

9. L’ ARST, con la legge regionale Sardegna n. 21
del 7 dicembre 2005, è stata trasformata «in società per azioni, a
partecipazione azionaria pubblica e privata, con il vincolo della proprietà
pubblica maggioritaria e con la denominazione di “ARST S.p.A”» (art. 30,
comma 1).

L’art. 30 della legge
n. 21 del 2005, al comma 4, ha inoltre previsto che «le azioni della
società di proprietà regionale sono attribuite all’Assessorato regionale degli
enti locali, finanze e urbanistica che esercita i diritti di azionista secondo
le direttive emanate dalla Giunta regionale».

L’art. 47 della medesima legge regionale ha, quindi,
abrogato la legge reg. n. 16 del 1974.

Come affermato da Cass, n. 3621 del 2018, tale
disposizione era chiara nell’estendere l’effetto abrogativo all’intera
disciplina riguardante l’Azienda Regionale, salvo quanto previsto dall’art. 46,
che «al fine di garantire che l’attuazione della presente legge comporti i
minori costi per la collettività», ha stabilito che «il trasferimento alla
Regione ed alle autonomie locali delle funzioni e dei compiti in materia di
trasporto pubblico locale e la trasformazione delle aziende di trasporto
operanti in Sardegna si realizzano senza pregiudizio degli esistenti livelli
occupazionali e con la garanzia di conservazione dei trattamenti economici e
previdenziali goduti all’entrata in vigore della presente legge».

10. Con la deliberazione n. 30/43 del 2.8.2007, la
Giunta della Regione autonoma Sardegna deliberava «”di procedere alla
trasformazione, ai sensi dell’articolo 30 della Legge Regionale 21/2005 e
secondo le procedure definite dall’articolo 115 del D.Lgs.
267/2000, dell’ “Azienda Regionale Sarda Trasporti — ARST” in una
società per azioni (…) “ARST S.p.A.”, dando atto che la stessa
subentrerà in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Azienda originaria e
conserverà tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione, fermo
restando che delle obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione della
società risponderà in ogni caso la Regione Autonoma della Sardegna.

11. Il quadro di riferimento normativo si modificava
ulteriormente per effetto dell’art.
18, del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, che al comma 1 stabiliva
che le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione
pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il
reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto
dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Al successivo comma 2, prevedeva che le
altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con
propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e
per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione
comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.

 12. Questa
Corte, con la citata sentenza n. 3621 del 2018,
cui adde, Cass. n. 6772 del 2018, n. 6818 del 2018 – nonché in relazione
fattispecie analoga relativa a spa che gestiva il servizio pubblico di
trasporto locale Cass., n. 3662 del 2019,
punti 24 e 39 ssg., in particolare, che costituisce un successivo e consolidato
arresto rispetto a Cass. n. 5063 del 2018 richiamata dal ricorrente nella
memoria — ai cui principi si intende dare continuità, ha affermato, che
l’omesso esperimento delle procedure concorsuali previste dal comma 1 e di
quelle selettive richiamate nel comma 2 determina la nullità del contratto ai
sensi dell’art. 1418, comma 1, cod. civ.,
perché la violazione attiene al momento genetico della fattispecie negoziale e,
quindi, la stessa non può essere solo fonte di responsabilità a carico del
contraente inadempiente, non avendo portata innovativa l’art. 19, comma 4, del d.lgs. n. 175
del 2016.

Quindi, una volta affermato che per le società a
partecipazione pubblica, quale è l’ARST spa, con riguardo alle fattispecie a
cui è applicabile l’art. 18,
commi 1 e 2, del d.l. n. 112 del 2008, il previo esperimento delle
procedure concorsuali e selettive condiziona la validità del contratto di
lavoro, non può che operare il principio secondo cui anche per i soggetti
esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del
2001 la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o
regionale, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del
contratto a termine affetto da nullità.

13. Interveniva, inoltre, il decreto legislativo
recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Autonoma della
Sardegna concernenti il conferimento di funzioni e compiti di programmazione e
amministrazione in materia di trasporto 
pubblico locale.

L’art.1 del decreto legislativo 21 febbraio 2008 n.
46, al comma 1, stabiliva “(…) sono trasferite alla Regione autonoma della
Sardegna tutte le funzioni ed i compiti di programmazione e di amministrazione
relativamente ai servizi di trasporto pubblico di interesse regionale e locale
attualmente erogati dalle Gestioni Governative Ferrovie della Sardegna e
Ferrovie Meridionali Sarde, nonché le relative aziende e le risorse finanziarie
necessarie (…)”.

Al comma 3, veniva previsto che “I soggetti
individuati dalla Regione subentrano nella titolarità dei rapporti giuridici
attivi e passivi in essere al momento dell’entrata in vigore del presente
decreto, connessi all’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti.

Contestualmente sono messi a disposizione dei
soggetti individuati i relativi beni, l’organizzazione ed il personale”.

14. In attuazione della suddetta disciplina, la
Giunta regionale della Regione autonoma Sardegna, con delibera n. 13/21 del
4.3.2008, disponeva il “Trasferimento alla Regione Sardegna delle Ferrovie
della Sardegna e delle Ferrovie Meridionali Sarde.”

15. Dunque, quando già era concluso il procedimento
di trasformazione dell’ARST in società per azioni, che si configurava come
società unipersonale a capitale interamente regionale, la Giunta regionale
deliberava di «far confluire l’intera azienda Ferrovie Meridionali Sarde ovvero
la totalità della attività e passività aziendali e del personale in servizio
direttamente nell’A.R.S.T. S.p.a. (…); costituire una società a
responsabilità limitata unipersonale a totale capitale A.R.S.T. S.p.a. ,
denominata ARST — Gestione FdS e provvedere a far confluire in capo a tale
nuova società l’intera azienda Ferrovie della Sardegna, ovvero la totalità
della attività e passività aziendali e del personale in servizio, direttamente
nell’A.R.S.T. S.p.a. (…)».

La Giunta regionale (deliberazione n. 9/16 del
2.3.2010) poi prevedeva la fusione di ARST spa e ARST Gestione FdS srl
nell’Azienda Unica regionale dei trasporti pubblici in Sardegna (ARST spa).

16. Tanto premesso, si rileva che la Corte d’Appello
ha posto a fondamento della decisione una complessiva motivazione che tiene
conto della successione dei due contratti a termine e afferma l’applicazione al
primo contratto stipulato con l’amministrazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del
2001, norma che preclude la trasformazione, e l’applicazione al secondo
contratto dell’art. 18 del d.l.
n. 112 del 2008, applicabile ratione temporis, che impedisce la
conversione.

17. Le censure formulate nel primo e nel secondo
motivo non aggrediscono la motivazione nel suo complesso e cioè la successione
e lo specifico regime giuridico — ostativo alla trasformazione — dei due
contratti stipulati con soggetti diversi, il primo con un’amministrazione
pubblica, in quanto tutte le prospettazioni difensive mirano a denunciare la
sola violazione e la falsa applicazione delle leggi regionali n. 16 del 1974 e
n. 21 del 2005, oltrechè del d.lgs. n. 368 del 2001,
e a dedurne il contrasto con i principi costituzionali e in particolare con gli
artt. 117 e 3 della
Cost., con la legge costituzionale n. 3 del 1948 (recante Statuto speciale
per la Sardegna) e con la direttiva CE 1999/70.

18. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata la
violazione del principio di effettività del risarcimento del danno e
conseguente falsa applicazione della liquidazione equitativa. Conseguente
violazione degli artt. 1218, 1219, 1224, 1225, 1226 cod. civ. Prospetta il ricorrente che
la Corte d’appello avrebbe violato il principio di effettività del risarcimento
come norma vivente del diritto comunitario.

L’art.
36 del d.lgs. n. 165 del 2001, della cui vigenza rispetto alla fattispecie
in esame il ricorrente dubita in ragione della sopravvenienza del d.lgs. n. 368 del 2001, non disciplina in modo
chiaro e concreto il risarcimento non sancendo un principio di risarcimento
automatico, di tal chè il criterio della sanzione risarcitoria prevista,
astrattamente legale, non può integrare quella misura effettiva voluta dal
legislatore europeo e confermata dalla CGUE.

Il ricorrente richiama quindi la sentenza CGUE 7
settembre 2006 (Marrosu Sardino) ed il giudizio presupposto, e prospetta che
deve trovare applicazione il d.lgs. n. 368 del 2001,
ben potendo una legge ipotizzare diverse metodologie di assunzione alla
pubblica amministrazione rispetto al concorso, poiché l’ultimo comma dell’art. 97 Cost. sancisce tale regola “salvo i
casi stabiliti dalla legge”.

La domanda di pagamento di tutte le mensilità dalla
scadenza del contratto alla sentenza diviene una domanda di un risarcimento
effettivo del danno.

Il giudice di appello ha riconosciuto il
risarcimento, anche prescindendo dalla reiterazione di contratti a termine, in
una misura equitativa forfettaria senza specificare nulla di più oltre il
richiamo del cd. jobs act, applicando una norma non pertinente alla
fattispecie, senza considerare le norme del codice civile che regolano
l’inadempimento del debitore e i criteri di quantificazione del danno
risarcibile, non specificando il periodo nel quale il danno si può intendere
risarcito.

19. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Occorre premettere quanto segue.

L’art.
32 della legge n. 183/2010, abrogato dal d.lgs.
n. 81 del 2015, è applicabile «nei casi di conversione del contratto a
tempo determinato» e, quindi, non può essere invocato qualora, come nella
fattispecie, si discuta di un rapporto affetto da nullità, non convertibile,
che produce unicamente i limitati effetti di cui all’art.
2126 cod. civ. (Cass. 3621 del 2018).

Tuttavia, sulla relativa statuizione della Corte
d’Appello l’ARST non ha proposto ricorso incidentale sul punto, e
l’impugnazione del ricorrente è rivolta ad ottenere una diversa liquidazione.

20. Tanto premesso, si rileva che il motivo così
come proposto è inammissibile per un duplice ordine di motivi.

Il ricorrente si duole del criterio di liquidazione
del danno adottato dalla Corte d’Appello, in quanto il risarcimento, equitativo
e forfettario, non sarebbe effettivo come, invece, nel caso della
corresponsione di tutte le retribuzioni dalla scadenza del contratto alla
sentenza.

In tal modo, tuttavia, prescinde, sia pure quanto al
profilo risarcitorio, dall’intera ratio decidendi della statuizione del giudice
di appello che ha come inscindibile presupposto logico-giuridico la legittima
impossibilità di dare corso alla trasformazione e riconoscere al lavoratore un
posto di lavoro a tempo indeterminato, a cui consegue la non assimilabilità
della mancata trasformazione a voce di danno.

Quanto all’applicazione dell’art. 32 del d.lgs. n. 183 del 2010,
statuizione che va ribadito non è stata impugnata dalla resistente ARST, il
ricorrente non ne contesta la quantificazione, né ha dedotto di aver allegato e
provato danni ulteriori.

21. Dunque, il terzo motivo di ricorso non è
decisivo ed è inammissibile per difetto di rilevanza.

22. Può passarsi all’esame del ricorso incidentale
dell’ARST.

Con il primo motivo del ricorso incidentale è
dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 368 del
2001.

Assume l’ARST che il criterio della specificità
delle causali deve essere valutato tenendo conto delle concrete realtà
aziendali nella quali il contratto è inserito, con congruità e ragionevolezza.
Inoltre, possono coesistere una pluralità di esigenze per l’apposizione del
termine e la sussistenza anche di una sola di esse renderebbe legittimo il
termine.

Era pacifico che fosse stato bandito un concorso, e
l’assunzione del ricorrente avveniva nelle more del concorso.

Inoltre, nel 2008 e nel 2009, vi erano numerose
circostanze che imponeva all’Azienda il ricorso al contratto a termine. Era
stata incrementata l’offerta di trasporto, ed erano stati aumentati i bus/km
offerti su base regionale e vi era stata un’intensificazione delle corse. Vi
era poi stato una temporanea ed imprevista ripresa dei servizi a contratto e
noleggio. Si erano verificate assenze temporanee alle quali si era dovuto fare
fronte (distacco in comando, inidoneità temporanea alle mansioni, permessi ex
lege n. 104, ferie arretrate). Tali circostanze erano state dedotte in entrambi
i giudizi di merito, e nessun rilievo poteva assumere la circostanza che nel
contratto fossero indicate più motivazioni.

23. Il motivo è inammissibile. La censura si incentra
sul contenuto delle clausole appositive del termine, che non sono riprodotte
nel ricorso, né è indicato il luogo di produzione del relativo contratto, non
assolvendo gli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369
n. 4 cod. proc. civ.

I requisiti imposti dall’art.
366 cod. proc. civ. rispondono ad un’esigenza che non è di mero formalismo,
perché solo l’esposizione chiara e completa dei fatti di causa e la descrizione
del contenuto essenziale dei documenti probatori e degli atti processuali
rilevanti consentono al giudice di legittimità di acquisire il quadro degli
elementi fondamentali in cui si colloca la decisione impugnata, indispensabile
per comprendere il significato e la portata delle censure.

Gli oneri sopra richiamati sono altresì funzionali a
permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame
risulti indispensabile ai fini della decisione sicché non si può mai
prescindere dalla specificazione della sede in cui il documento o ratto sia
rinvenibile e dalla sintetica trascrizione nel ricorso del contenuto essenziale
del documento asseritamente trascurato od erroneamente interpretato dal giudice
del merito (cfr., Cass. S.U., n. 5698 del 2012; Cass. S.U. n. 25038 del 2013).

Và, altresì, osservato, che come affermato dalla
Corte d’Appello le ragioni dell’apposizione del termine non possono essere
indicate ex post.

24. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è
dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di contratto collettivo di
legge, art. 7 dell’Accordo nazionale del 27 novembre 2000 (Ipotesi di accordo
di rinnovo del contratto di lavoro degli autoferrotranvieri per il periodo
2000-2003). Espone l’ARST che tale fonte collettiva dispone che i contratti a
termine possono essere attivati ai sensi dell’art. 23 della legge 28 febbraio
1987, n. 56: 1) in caso di concomitanti assenze per ferie, malattia,
maternità, congedi parentali, aspettativa; 2) quando l’assunzione abbia luogo
per il periodo necessario all’espletamento delle procedure di assunzione.

25. Il motivo è inammissibile.

Come già affermato da questa Corte, (Cass., n. 4636 del 2018) le censure che
addebitano alla sentenza erronea interpretazione e falsa applicazione delle
disposizioni contenute nell’Accordo nazionale del 27.11.2000 sono inammissibili
se tale Accordo, incontestatamente riferito a rapporti di diritto privato, non
risulta allegato al ricorso e nemmeno ne risulta indicata la specifica sede di
produzione processuale.

Va osservato che la parificazione sul piano
processuale della denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti
o accordi collettivi nazionali di lavoro, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., come
modificato dall’art. 2 del d. lgs. n. 40 del 2006, a quella delle norme di
diritto, comporta che non è necessario indicare, a pena di inammissibilità, il
criterio ermeneutico violato (Cass., n. 24036 del 2017, n. 14449 del 2017, n.
5047 del 2017, n. 21371 del 2016, n. 10060 del 2016, n. 18946 del 2014, n. 7385
del 2014.

Siffatta equiparazione non esonera però, nell’ambito
dei rapporti di lavoro di diritto privato, la parte ricorrente dall’onere di
allegare il contratto collettivo nazionale di lavoro di cui lamenta la erronea
interpretazione, in quanto sono conoscibili di ufficio dalla Corte di
legittimità soltanto i Contratti collettivi del pubblico impiego in ragione del
peculiare procedimento formativo disciplinato dagli artt. 40 e ss. del d.lgs. n.
165 del 2001 (Cass. SS.UU., n. 23329 del 2009; Cass., n. 24036 del 2017).

La mera riproduzione in ricorso del solo art. 7
dell’Accordo del 27.11.2000 non può ritenersi sufficiente sensi dell’art. 366
c.p.c., comma 2, n. 6, e dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4. c.p.c.

Al riguardo, va ribadito il principio ripetutamente
affermato da questa Corte secondo cui la riproduzione parziale della clausola
contrattuale che si assume violata è incompatibile con i criteri di fondo
dell’intervento legislativo di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, intesi
a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, e contrasta
anche con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 e sgg.,
e, particolare, con la regola prevista dall’art. 1363 cod. civ., atteso che la
mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere
che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti
per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa (Cass., SS.UU.,
n. 20075 del 2010; Cass., n. 28892 del 2017).

26. La Corte dichiara inammissibile sia il ricorso
principale che il ricorso incidentale.

27. Compensa tra le parti le spese di giudizio.

28. Ai sensi del dPR n. 115 del 2002, art. 13, comma
1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma
del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso principale.
Inammissibile il ricorso incidentale. Compensa tra le parti le spese di
giudizio.

Ai sensi del dPR n. 115 del 2002, art. 13, comma
1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma
del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 novembre 2020, n. 27342
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