Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 dicembre 2020, n. 29595

Licenziamento per giusta causa, Assistente di volo,
Svolgimento di attività lavorativa, in adempimento di un contratto a tempo
pieno e indeterminato con società concorrente, durante la sospensione, per
cassa integrazione guadagni, del rapporto di lavoro

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n.
1052 depositata il 30.5.2018, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Busto Arsizio, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa
intimato da A.I. s.p.a. (già M.F. s.p.a.) con lettera del 15.3.2016, a O.D.,
assistente di volo, per svolgimento di attività lavorativa, in adempimento di
un contratto a tempo pieno e indeterminato con società concorrente, durante la
sospensione – per cassa integrazione guadagni – del rapporto di lavoro;

2. La Corte di appello, ha rilevato la tardività
della contestazione disciplinare in quanto inoltrata nel mese di febbraio 2015
[rectius 2016] nonostante la compagnia aerea conoscesse l’avvenuta assunzione a
tempo indeterminato della dipendente presso altra compagnia aerea sin da giugno
2014 [rectius 2015]; risultando, peraltro, sussistente la condotta contestata
alla lavoratrice (avendo, la stessa, stipulato un contratto privo di un termine
di scadenza con altra compagnia aerea) seppur non contemplata dal c.c.n.I. di
settore con apposita sanzione conservativa, la Corte ha escluso l’applicazione
della tutela reintegratoria e, in ossequio alla previsione di cui all’art. 18, co. 5, della legge n.
300 del 1970 (come novellato dalla legge n. 92
del 2012), in assenza di precedenti provvedimenti disciplinari e della
buona fede della lavoratrice, ha condannato la società al pagamento di
un’indennità risarcitoria pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione;

3. Per la cassazione di tale sentenza la società ha
proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria. La lavoratrice
resiste con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai
sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5,
cod.proc.civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto
di discussione tra le parti, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970,
avendo, la Corte territoriale, trascurato che la lavoratrice, espressamente
invitata dall’azienda – nel dicembre 2015 – a rassegnare le dimissioni (in
considerazione della contemporanea, irregolare, sussistenza di due rapporti di
lavoro subordinato) aveva escluso recisamente tale possibilità con lettera del
31.12.2015 e che la società aveva tempestivamente reagito mediante lettera di
contestazione del febbraio 2016;

2. con il secondo motivo di ricorso si denunzia, ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3,
cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 nonché 1175, 1375, 2104, 2105 cod.civ.dovendosi sussumere, il comportamento
complessivo della lavoratrice, nella nozione di giusta causa di licenziamento,
a fronte del perpetuato abuso dell’istituto dell’integrazione salariale da
parte di lavoratore sospeso e occupato, in modo stabile e duraturo, presso
altro datore di lavoro;

3. il primo motivo di ricorso non è fondato,
sussistendo orientamento consolidato di questa Corte, in tema di licenziamento
disciplinare, circa la relatività del concetto di immediatezza della
contestazione, dovendo – il giudice di merito – dare conto delle ragioni che
possono cagionare il ritardo, valutazione insindacabile in sede di legittimità,
se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (Cass. n.13167 del 2009; Cass. n. 281 del 2016; Cass. n. 16841 del 2018);

4. nella specie, la Corte territoriale ha rilevato
che la stessa società aveva ammesso di avere avuto conoscenza sin dal giugno
2015, del rapporto di lavoro intrattenuto dalla lavoratrice con altra compagnia
aerea e che, la contestazione disciplinare comunicata nel febbraio 2016 era
senz’altro tardiva, non avendo fra l’altro dedotto, la società, difficoltà di
indagini o particolare complessità dell’organizzazione aziendale;

5. il secondo motivo deve ritenersi assorbito,
travolgendo – la valutazione di tardività della contestazione disciplinare – il
profilo, logicamente successivo, della legittimità del licenziamento intimato;

6. in conclusione, il ricorso va rigettato e le
spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.

7. il ricorso è stato notificato in data successiva
a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17), che ha integrato il D.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del
seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta
integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha
proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o
incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della
sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di
pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso
in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da
respingersi, deve provvedersi in conformità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara
assorbito il secondo motivo; condanna la società ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per
esborsi nonché in euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese
generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13,
ove dovuto.

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