Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 dicembre 2020, n. 28694

Avviso di addebito, Contributi previdenziali e sanzioni non
corrisposti dalla impresa appaltatrice, Subcommittente obbligato solidalmente
– Maturazione decadenza ex art.
29, D.Lgs. n. 276/2003, Termine di due anni dalla cessazione dell’appalto
– Non sussiste

 

Rilevato che

 

1. Con ricorso depositato il 18.1.2013 dinanzi al
Tribunale di Biella, la società C.C.R. srl ha proposto opposizione all’avviso
di addebito notificato il 10.12.12 con cui le era stato chiesto il pagamento
della somma di euro 127.455,33 quale subcommittente obbligata solidale, ai
sensi dell’art. 29, d.lgs. n. 276
del 2003, per i G.M.A. soc. coop. ari per il periodo 10/2008 – 10/2009;

2. il Tribunale ha accolto il ricorso in opposizione
e annullato l’avviso di addebito sul rilievo che fosse maturata la decadenza di
cui all’art. 29, d.lgs. n. 276 del
2003 atteso che l’INPS aveva fatto valere il proprio diritto dopo il
termine di due anni dalla cessazione dell’appalto;

3. la Corte d’appello di Torino ha respinto
l’appello dell’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI spa, confermando
la decisione di primo grado;

4. ha premesso che i contratti di appalto conclusi
dalla società appellata con la GMA soc. coop. ari erano cessati alla fine del
2009 e che l’avviso di addebito dell’Istituto era stato notificato al
Fallimento C.C.R. srl solo il 10.12.2012;

5. ha ritenuto applicabile alla fattispecie oggetto
di causa l’art. 29 cit. nella
formulazione successiva alle modifiche introdotte dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 251 del 2004
e dall’art. 1, comma 911 della
legge n. 296 del 2006, secondo cui “In caso di appalto di opere o di
servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro e’ obbligato in solido
con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il
limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori
i trattamenti retributivi ed i contributi previdenziali dovuti”;

6. ha considerato operante anche nei confronti
dell’INPS il termine di decadenza entro cui far valere l’obbligazione solidale
del committente;

7. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso
per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria, cui ha
resistito con controricorso il Fallimento C.C.R. srl;

8. la proposta del relatore è stata comunicata alle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi
dell’art. 380 bis cod. proc. civ.;

 

Considerato che

 

9. col primo motivo del ricorso è dedotta, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.,
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
come modificato dall’art. 6, commi 1
e 2, d.lgs. n. 251 del 2004 e dall’art. 1, comma 911, I. n. 296 del
2006;

10. si sostiene come l’art. 29 cit. debba essere
interpretato nel senso di limitare la decadenza dal diritto di agire nei
confronti del committente quale responsabile solidale ai soli lavoratori, ciò
in base al tenore della norma che non contiene alcun riferimento agli enti
previdenziali; questi quando agiscono per ottenere il versamento dei contributi
esercitano un potere da cui non possono decadere, a meno che la funzione a cui
quel potere è connesso non venga sottratta ai medesimi;

11. si osserva come, decorso il termine di decadenza
di cui all’art. 29 cit., i
lavoratori possono ancora agire nei confronti del committente per il pagamento
delle retribuzioni ai sensi dell’art. 1676 c.c.,
ma non hanno alcuna azione nei confronti del committente per il pagamento dei
contributi. Se si esclude l’applicabilità agli enti previdenziali della
decadenza introdotta dall’art. 29
cit., essi possono agire per il recupero dei contributi nei confronti del
committente, nel termine di prescrizione, in tal modo realizzandosi una tutela
pressoché analoga delle retribuzioni e della contribuzione;

12. col secondo motivo di ricorso, formulato per
l’ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo, l’INPS ha censurato la
sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360 n. 3
cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
come modificato dall’art. 6, commi 1
e 2, d.lgs. n. 251 del 2004 e dall’art. 1, comma 911, I. n. 296 del
2006; nonché degli artt. 2964, 2966 e 2967 c.c.;

13. ha sostenuto come la sentenza impugnata avesse
erroneamente dichiarato la decadenza nonostante il compimento da parte
dell’Istituto di un atto impeditivo della decadenza medesima, rappresentato
dalla notifica al committente del verbale ispettivo; ha rilevato come l’art. 29 cit. non specifichi in
alcun modo gli atti da compiere per esercitare il diritto nei confronti del
committente ed impedire il verificarsi della decadenza e che da tale silenzio
possa inferirsi l’idoneità, a fini impeditivi della decadenza, degli atti sia
giudiziali e sia stragiudiziali; nel caso di specie, il verbale ispettivo era
stato notificato al subcommittente l’11.5.2010, prima del decorso di due anni
dalla conclusione dell’appalto;

14. il primo motivo di ricorso è fondato, alla luce
dei precedenti di questa Corte, a cui si intende dare continuità (Cass. n.
18004 del 2019; n. 22110 del 2019; n. 26459 del 2019), e che hanno affermato,
in analogia all’orientamento formatosi nel vigore della legge n. 1369 del 1960, il principio secondo cui
“il termine di due anni previsto dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003
non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla
sola prescrizione”;

15. nei citati precedenti si è considerato che
l’obbligazione contributiva non si confonde con l’obbligo retributivo, posto
che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo consolidato il
principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per
quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi (vd., ex multis, Cass. n.
5353 del 2004; Cass. nn. 15979, 6673 del 2003);

16. l’obbligazione contributiva, derivante dalla
legge e che fa capo all’INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella
retributiva (Cass. 8662 del 2019), essa (Cass. n. 13650 del 2019) ha natura
indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe
sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. “minimale
contributivo”);

17. dunque, può affermarsi che la finalità di
finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione
immanente e necessaria tra la <retribuzione> dovuta secondo i parametri
della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell’ente preposto alla
realizzazione della tutela previdenziale;

18. proprio dalla peculiarità dell’oggetto
dell’obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di <minimale
contributivo> strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la
considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale
assetto l’interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura
prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla
corresponsione di una retribuzione – a seguito dell’azione tempestivamente
proposta dal lavoratore – non possa seguire il soddisfacimento anche
dall’obbligo contributivo solo perché l’ente previdenziale non ha azionato la
propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto;

19. si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna
plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra
retribuzione dovuta (in ipotesi addirittura effettivamente erogata) ed
adempimento dell’obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella
protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l’art. 29 cit. ha voluto
potenziare;

20. il secondo motivo, alla luce delle
considerazioni esposte, resta assorbito

21. in definitiva, accolto il primo motivo e
dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, quanto al
motivo accolto, e rinviata alla Corte d’appello di Torino in diversa
composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di
legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara
assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche
per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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