Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2020, n. 28116

Tributi, IRPEF, Redditi di lavoro dipendente, Redditi
assimilati, Compensi del giudice tributario, Regime di tassazione separata,
Esclusione in caso di corresponsione di emolumenti in periodo di imposta
successivo per “ritardo fisiologico”, Criteri di individuazione, Assenza di
indicazione nel d.lgs. n. 545
del 1992 art. 13, Intervento surrogatorio del giudice ex artt. 1183 c.c. e 97
Cost.

 

Fatti di causa

 

Ritenuto che:

R.L., giudice tributario, impugnò innanzi alla
Commissione tributaria provinciale di Avellino il diniego di rimborso opposto
dall’Agenzia delle entrate alla sua istanza (del 27/02/2015) di rimborso della
maggiore IRPEF (Euro 3.595,00) trattenuta dall’Amministrazione finanziaria sui
compensi arretrati relativi all’ anno 2011, sottoposti a tassazione ordinaria
(aliquota massima) anziché a tassazione separata (aliquota media).

La CTP di Avellino, con sentenza n. 257/2017,
accolse la domanda; interposto appello dall’ufficio, la Commissione tributaria
regionale della Campania, con la pronuncia menzionata in epigrafe, ha respinto
l’impugnazione, confermando la decisione di primo grado.

La CTR ha rilevato la corretta interpretazione data
all’art. 51 del Tuir che aveva
introdotto il principio di cassa allargata, da leggere in combinato disposto
dell’art. 17 comma 1, lett. b),
che prendeva in considerazione le ipotesi di tassazione separata.

Osservava che il legislatore e la stessa cassazione
avevano ritenuto che la disciplina della suddetta tassazione separata trova
applicazione a tutti gli emolumenti arretrati senza incidere in alcun modo la
causa di ritardo. Evidenziava poi con riguardo agli emolumenti arretrati il
legislatore aveva considerato tali quelli relativi agli anni precedenti erogati
in anni successivi. L’Agenzia ricorre per la cassazione, sulla base di un unico
motivo; il contribuente resiste con controricorso illustrato da memoria.

 

Diritto

 

Ragioni della decisione

Con l’unico motivo del ricorso (Violazione o falsa
applicazione di norme di diritto, in particolare del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma
1, lett. b), artt. 50 comma I
lett. f), 51 e 52, e del D.P.R.
n. 602 del 1973, art. 38, ai sensi dell’art.
360 c.p.c., comma 1, n. 3) l’Agenzia,ricostruito il quadro di riferimento
normativo,sostiene che i compensi del terzo trimestre correttamente era stati
assoggettati a tassazione ordinaria non avendo per essi pregio l’indagine volta
a stabilire la fisiologicità o meno del ritardo nel pagamento, essendo normale
che il loro pagamento doveva avvenire nell’anno solare successivo.

Osserva che nel caso di specie il versamento dei
compensi era stato effettuato entro l’anno solare successivo a quello di
maturazione.

E ciò anche perchè, come stabilito dalla prassi
amministrativa (da ultimo, dall’Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 151/E del 13 dicembre 2017), per i
compensi variabili, liquidati ai giudici tributari “per ogni ricorso
definito (…) in relazione ad ogni provvedimento emesso” (ai sensi del D.Lgs. n. 545 del 1992, art. 13),
il ritardo nell’erogazione va considerato fisiologico quando siano rispettati i
tempi ordinariamente necessari i tempi per l’espletamento della procedura di
liquidazione, previsti dalle direttive del MEF che determinano l’erogazione
delle somme ad intervalli regolari.

Il motivo è fondato nei termini che seguono.

Ai fini di un corretto inquadramento della
fattispecie occorre ripercorrere la normativa di riferimento e il catalogo di
alcuni principi ispiratori della disciplina dell’imposizione tributaria sui redditi
di lavoro dipendente e assimilati, categoria nella quale s’inscrivono – per
effetto dell’art. 50 (già art. 47), comma 1, lett. f), TUIR
– i compensi dovuti ai giudici tributari oggetto della controversia, secondo la
ricostruzione che ne offre la sentenza n. 142/2014
della Corte costituzionale:

(a) il criterio generale dell’imposizione su detti
redditi è il principio di cassa, ricavabile dall’art. 7, TUIR, secondo cui ad ogni
anno solare – di regola – corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma;

(b) la previsione è integrata dal principio della
“cassa allargata”, che trova fondamento nell’art. 51 (già art. 48), comma 1, TUIR, che
parifica, ai fini impositivi, i compensi di lavoro dipendente e assimilati,
erogati entro il 12 gennaio dell’esercizio successivo, a quelli erogati nel
precedente (nel senso di attrarre, nel reddito annuale, le somme percepite
entro il 12 gennaio dell’anno successivo);

(c) invece, per i redditi percepiti in un
determinato periodo d’imposta, ma maturati in tempi precedenti, vige il diverso
regime della tassazione separata (art.
17 (già art. 16), comma 1,
TUIR), che è una modalità particolare di determinazione dell’IRPEF, la cui
ratio è individuata dalla circolare del Ministero
delle finanze n. 23/E del 5 febbraio 1997 nella necessità di
“attenuare gli effetti negativi che deriverebbero dalla rigida
applicazione del criterio di cassa” in quei casi in cui la tassazione
ordinaria di un reddito formatosi nel corso di più anni, ma corrisposto in
unica soluzione, potrebbe risultare eccessivamente onerosa per il contribuente;

(d) più precisamente, la disciplina dei compensi
erogati ai giudici tributari è contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545,
art. 13, (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed
organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al
Governo contenuta nella L. 30
dicembre 1991, n. 413, art. 30), il quale stabilisce che i giudici
componenti delle commissioni tributarie percepiscono due tipi di compensi: uno
mensile, determinato in cifra fissa, ed uno aggiuntivo variabile, che discende
dal numero e dalla tipologia dei provvedimenti depositati. L’entità dei
compensi è stabilita periodicamente dal Ministero dell’economia e delle finanze
con proprio decreto. Le modalità di computo ed erogazione, in attuazione del
primo decreto interministeriale 19 dicembre 1997,
sono contenute nella circolare del Ministero delle
finanze n. 80/E dell’ 11 marzo 1998, secondo la quale la liquidazione dei
compensi deve avvenire di regola mensilmente;

(e) i compensi dei giudici tributari sono assimilati
dall’art. 50 (già art. 47), comma 1, lett. f), TUIR,
ai redditi di lavoro dipendente, sicché anch’essi sono soggetti alle
disposizioni inerenti a tale categoria generale, comprese quelle che
determinano i principi della tassazione per cassa, per “cassa
allargata” e il criterio della tassazione separata per gli emolumenti
arretrati;

(f) l’originaria versione dell’art. 17 (già art. 16), TUIR, non forniva la
nozione di “emolumenti arretrati”, ma si limitava a fare generico
riferimento agli “emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti per
prestazioni di lavoro dipendente”; in seguito, la L. 28 dicembre 1995, n. 549, art.
3, comma 82, (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), precisò
che tale locuzione individua “(…) emolumenti arretrati per prestazioni
di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di
leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi
sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti”.

La Corte costituzionale, investita della questione
di legittimità costituzionale del D.L.
n. 98 del 2011, art. 39, comma 5, ha ritenuto fondate le censure di
irragionevolezza e contraddittorietà sollevate nei confronti dell’art. 39, comma 5, cit., sul
rilievo che “il legislatore non ha espunto i compensi dei giudici tributari
dal novero dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, nè tanto meno
ha recato altre modifiche alla disciplina generale in materia di tassazione
separata, implicitamente confermando la natura degli stessi ed il conseguente
assoggettamento al regime di favore. Quest’ultimo, peraltro, è stato
irragionevolmente vanificato dall’anomala prescrizione temporale che, di fatto,
ha riprodotto, per la sola categoria dei giudici tributari, la regola del
cumulo.”.

Ciò premesso il Collegio ritiene che il regime di
tassazione separata debba escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli
emolumenti in un periodo di imposta successivo superi il “ritardo
fisiologico” – facendo proprie le considerazioni sviluppate al riguardo
nella precedente decisione di questa Corte (Cass
2020 nr 3585).

Ritardo fisiologico che va individuato, in assenza
di una precisa indicazione normativa non rinvenibile nel testo del D.Lgs. n. 545 del 1992, cit., art.
13, attraverso l’intervento surrogatorio di questo Giudice, che trova
legittimazione nell’art. 1183 c.c., 97 Cost..

Ora non è contestato che i compensi variabili dei
giudici tributari, in linea generale, vengono liquidati con una cadenza
all’incirca trimestrale; del resto, la controversia riguarda esclusivamente i
compensi variabili per l’attività espletata nell’ultimo trimestre dell’anno,
che include il mese di dicembre, sicché, necessariamente, il tempo occorrente
per l’espletamento delle procedure di quantificazione e liquidazione determina
lo spostamento del termine di effettiva percezione nell’anno successivo a
quello di maturazione.

Ciò posto considerato che nel caso in esame i
compensi si riferiscono all’ultimo trimestre del 2010 (periodo 1 ottobre – 31
dicembre), ritiene il Collegio che un termine possa ragionevolmente
individuarsi, in aggiunta a quello fissato come iniziale dalla suddetta
Direttiva (dopo il 15 gennaio), in quello di 120 giorni, in parametro con
quello previsto, dopo la novella del 2000 (L. n. 388 del 2000, art. 147), dal
D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art.
14 (in tema di esecuzioni forzata nei confronti di pubbliche
amministrazioni), quale idoneo spatium adimplendi da concedere
all’Amministrazione per l’approntamento dei controlli e dei mezzi finanziari
occorrenti al pagamento dei compensi variabili.

Se quel termine è ritenuto congruo dal legislatore
per svolgere un complesso e impegnativo insieme di attività necessario per
eseguire un provvedimento giudiziario nella patologia dei rapporti con i
privati, può ragionevolmente desumersi che lo spazio temporale relativo ai
problemi derivanti dai plurimi controlli predisposti dal MEF nella ridetta
Direttiva (e positivamente apprezzabili ex art. 97
Cost.), ben possa essere similmente contenuto nel menzionato arco
cronologico di 120 giorni ulteriori, salvo circostanze eccezionali di cui sia
data rigorosa prova (v. Cass. sez. un. 15/07/2016, n. 14594, per un caso
d’individuazione “pretoria” di termini processuali).

E’ pertanto necessario alla luce dei principi sopra
indicati riesaminare la controversia accertando se nel caso di specie sia stato
superato il precisato termine, entro il quale l’Amministrazione è obbligata a
provvedere al pagamento.

La sentenza va cassata e rinviata alla CTR della
Campania che in diversa composizione dovrà anche statuire sulle spese del
giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso cassa la decisione impugnata e
rinvio alla CTR della Campania, sez distaccata di Salerno, in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

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