Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 gennaio 2021, n. 1594

Tributi, IRPEF, Fondo di previdenza complementare,
Prestazione di capitale, Personale di un istituto bancario, Trattamento
pensionistico integrativo cd. “zainetto”, Tassazione

 

Rilevato che

 

1. La Commissione tributaria regionale
dell’Emilia-Romagna ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto
l’impugnazione, proposta da C.P., avverso il silenzio rifiuto opposto
dall’amministrazione fiscale in relazione all’istanza di rimborso della
maggiore imposta Irpef versata in riferimento all’anno di imposta 2004, oggetto
di tassazione separata dal Fondo di Previdenza Comit, per la capitalizzazione
di parte della pensione integrativa liquidata.

2. Ha rilevato il giudice di appello che il Fondo
per la prestazione integrativa era stato alimentato “per certo” con
la sola contribuzione dell’assicurato, laddove in relazione alla prestazione
liquidata dal Fondo Assicurazione Generale Obbligatoria si era verificato un
inadempimento contributivo imputabile però al solo datore di lavoro, che aveva
assunto a suo totale carico il relativo obbligo, comprensivo della quota dovuta
dall’assicurato. Tanto risultava dalle stesse difese contenute nell’atto di
appello dell’Ufficio e determinava il diritto del contribuente al rimborso
richiesto.

3. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia
delle Entrate ha proposto ricorso affidato a un motivo; l’intimato C.P. non si
è costituito in questa fase.

 

Considerato che

 

1. Il ricorso lamenta «Violazione e falsa
applicazione degli artt. 17
comma 2 e 48 comma 2 lett. a) TUIR
vigenti ratione temporis (ora 19
e 51 TUIR), in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c.», deducendo
l’erroneità della sentenza per aver omesso di considerare che, sulla base di
accordi aziendali interni alla Banca Commerciale Italiana, i contributi a
carico dei lavoratori e da questi effettivamente corrisposti riguardavano solo
quelli obbligatori INPS, laddove quelli oggetto di lite (previdenza
complementare), apparivano formalmente corrisposti dal lavoratore, ma in
effetti, in virtù del citato accordo aziendale, erano corrisposti dal datore di
lavoro. Inoltre, la natura volontaria di detti ultimi contributi li rendeva
pienamente imponibili, giacché l’esonero riguarda solo i contributi obbligatori
per legge (attutale art. 51 TUIR).

2. Il ricorso va accolto.

3. Secondo il consolidato indirizzo della
giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11156 del
2010; n. 23030 del 2014; n. 124 del 2018; n. 5024 del 2018, n. 5142 del
2018, n. 5144 del 2018, n. 17965 del 2019; n.
24558 del 2019; n. 13353 del 2020; n. 18653 del
2020; n. 18713 del 2020), cui va data espressa continuità, la prestazione
di capitale che un fondo di previdenza complementare per il personale di un
istituto bancario (nella specie, il Fondo di previdenza complementare per il
personale della Banca Commerciale Italiana) effettui in favore di un ex
dipendente, in forza di accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al
trattamento pensionistico integrativo in godimento (cd. “zainetto”),
costituisce, ai sensi dell’art. 6,
comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, reddito della stessa categoria della
«pensione integrativa» cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi,
assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la
predetta forma di pensione. Ne consegue che la base imponibile su cui calcolare
l’imposta è costituita dall’intera somma versata dal fondo, senza che sia
possibile defalcare da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi della
lett. a) dell’art. 48 del d.P.R. n.
917 del 1986 (nel testo in vigore fino al 31dicembre 2003), gli unici
contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il
reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge.

4. L’imponibile delle prestazioni erogate dai fondi
di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari include,
pertanto, anche i contributi versati dal dipendente, attesa la loro natura
facoltativa (cfr. Cass. n. 27078 e n. 27079 del 2016, là dove si afferma che
«il Fondo pensione Comit, in quanto iscritto all’Albo dei fondi presso la COVIP
e assoggettato alla sua vigilanza, costituisce una forma di previdenza
complementare, concretizzandosi in una prestazione in forma di rendita
realizzata in modo volontario, con lo scopo di integrare la pensione
pubblica»), essendo fiscalmente esenti a norma dell’art. 48 TUIR, vigente ratione
temporis (oggi art. 51),
soltanto i contributi previdenziali obbligatori, quelli versati cioè «in
ottemperanza a disposizioni di legge» (Cass. 11156
del 2010, n. 124 e n. 2201 del 2018).

5. La sentenza, in contrasto con i richiamati
principi, va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito, ex art. 384,
secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso introduttivo del
contribuente.

6. Le spese del presente giudizio di legittimità
seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, mentre vanno
compensate le spese dei giudizi di merito, essendosi la giurisprudenza
consolidata solo nelle more di quei giudizi.

 

P.Q.M

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente C.P., che
condanna altresì al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese
processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00, oltre
alle spese prenotate a debito, compensando le spese processuali dei giudizi di
merito.

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