Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 febbraio 2021, n. 3123

Licenziamento per giusta causa, Lettera di contestazione
disciplinare, Erronea comunicazione dello svolgimento di attività lavorativa a
tempo determinato per altra compagnia aerea durante il periodo di sospensione,
per cassa integrazione guadagni straordinaria, del rapporto di lavoro,
Sproporzionalità della sanzione

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n.
1258 depositata il 29.6.2018, su reclamo di entrambe le parti e in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Monza, ha ritenuto illegittimo il
licenziamento per giusta causa intimato da A. Italy s.p.a. (già M. Fly s.p.a.)
con lettera dell’1.6.2016, a R.L., pilota, con conseguente risoluzione del
rapporto di lavoro e condanna al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a
12 mensilità della retribuzione globale di fatto, ex art. 18, comma 5, legge n. 300
del 1970;

2. La Corte di appello, ha rammentato che il
lavoratore aveva ricevuto una lettera di contestazione disciplinare ove si
deduceva l’erronea comunicazione dello svolgimento di attività lavorativa a
tempo determinato per altra compagnia aerea (Q. Airways) durante il periodo di
sospensione, per cassa integrazione guadagni straordinaria, del rapporto di
lavoro; ha rilevato che era emersa la natura di rapporto di lavoro a tempo
indeterminato con la suddetta nuova compagnia aerea – alla luce dell’offerta di
impiego ricevuta dal lavoratore (che non conteneva alcun termine ma prevedeva
la libera recedibilità, salvo preavviso, delle parti), dovendosi ritenere
elemento estraneo ed incerto al contratto la necessità di un visto di lavoro e
di approvazioni governative – e che la diversa comunicazione effettuata dal
lavoratore, dovuta a meri profili di colpa, determinava un profilo di
sproporzionalità della sanzione, con conseguente applicazione del regime
dettato dall’art. 18, comma 5,
della legge n. 300 del 1970.

3. Per la cassazione di tale sentenza la società ha
proposto ricorso affidato a un motivo. Il lavoratore resiste con controricorso,
proponendo altresì ricorso incidentale affidato a due motivi. Entrambe le parti
hanno depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 2119
nonché 1175, 1375,
2104, 2105, 2106, 1362 cod.civ.,
e dell’art. 26 CCL Eurofly, avendo, la Corte territoriale, sottovalutato il
comportamento del lavoratore che – durante la sospensione del rapporto per
cassa integrazione guadagni straordinaria – instauri un rapporto di lavoro non
temporalmente predeterminato, dichiarando (sul relativo modulo SR 83 inviato al
datore di lavoro e all’INPS) una circostanza non corrisponde al vero, ossia la
sussistenza di un inesistente termine finale del nuovo contratto di lavoro
(30.11.2018), in tal modo tradendo lo scopo precipuo cui è finalizzato l’istituto
di sostegno del reddito (particolarmente ampio proprio nel settore aereo), gli
insegnamenti del giudice delle leggi (in specie Corte
Cost. n. 195 del 1995, che ha fissato il principio dell’assoluta
incompatibilità tra godimento della cassa integrazione e nuovo impiego a tempo
pieno e senza prefissione di termine), le circolari Inps e le direttive
aziendali. La Corte ha omesso di considerare, inoltre, che il contratto
collettivo di settore punisce con Sanzione espulsiva sia comportamenti dolosi
che comportamenti colposi.

2. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso
incidentale si deduce omesso esame di un fatto decisivo nonché violazione e
falsa applicazione dell’art.
18, comma 5, della legge n. 300 del 1970, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, avendo, la Corte
territoriale, trascurato che la M. si era fatta promotrice dell’assunzione del
lavoratore presso la Q. Airways,  sulla
base di specifiche intese commerciali, che il contratto stipulato non poteva
ritenersi connotato da stabilità visto la necessità del periodico rinnovo del
permesso di soggiorno e che la libera recedibilità era indice di una natura
determinata del contratto (mancando le tutele approntate dal nostro ordinamento
a tutela del lavoratore), con conseguente insussistenza del fatto addebitato e
assoluta antigiuridicità della condotta addebitata.

3. Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica,
deve essere valutato in via preliminare il ricorso incidentale.

4. La censura relativa alla qualificazione giuridica
del contratto stipulato dal pilota con la Q. Airways, è infondata.

5. E’ opportuno sottolineare che, in tema di
interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione consta di due
fasi, delle quali la prima- consistente nella ricerca e della individuazione
della volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al
giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di
motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., mentre la seconda –
concernente l’inquadramento della comune volontà nello schema legale
corrispondente risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche- può formare
oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene
alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto
riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati,
sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali
conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo
(Cass. n. 29111 del 2017; Cass. n. 420 del 2006).

5.1. Inoltre, deve precisarsi che la legge straniera
(naturalmente non quella dell’Unione Europea) non è soggetta alla regola
“iura novit curia”, la quale vale solo per il diritto nazionale
(Cass. n. 1388 del 1979) e la parte che invoca l’applicazione del diritto straniero
da parte del giudice italiano, il quale non ne abbia nozione per scienza
diretta, né sia in grado di conoscerne il contenuto alla stregua degli elementi
acquisiti nel processo, ha l’onere di allegare e provare, oltre ai fatti che
determinino il collegamento della controversia con la legge straniera, anche il
contenuto di quest’ultima, in termini diversi dalle corrispondenti norme
dell’ordinamento italiano (Cass. Sez. Un. n. 1647 del 1980; Cass. n. 995 del
1986).

5.2. Orbene, nel perimetro di sindacabilità in sede
di legittimità come sopra delineato, ritiene questa Corte che il rapporto
instaurato dal Pilota con la Q. Airways, concordemente all’opinione dei giudici
del merito, sia a tempo indeterminato, in quanto la rilevanza qualificante
degli elementi di fatto, così come accertati, e le loro implicazioni inducono a
ritenere che il corretto paradigma normativo non sia quello del contratto a
termine.

5.3. Invero, nel nostro ordinamento, il termine
finale di efficacia è un elemento accidentale del contratto e, in quanto tale,
da pattuirsi appositamente: in mancanza il rapporto è a tempo indeterminato.

5.4. Il termine può consistere nella indicazione di
una data, ma anche di un evento: in tal caso si parla di termine indirettamente
determinato (certus an, incertus quando).

5.5. In ogni caso, l’area di discrezionalità circa
l’apposizione del termine non è assoluta, dovendosi pur sempre avere riguardo
alle ragioni per cui il termine è stato apposto e all’entità dell’impegno
assunto, anche sotto il profilo della prospettiva utilitaristica del contratto.

5.6. Nella fattispecie in particolare, la libera
recedibilità è un elemento esterno, rilevante ai fini delle tutele riconosciute
alle parti, ma non caratterizzante la natura giuridica del contratto; inoltre,
essa è più propriamente aderente ad un rapporto a tempo indeterminato.

5.7. La legge straniera (come tradotta) non è
univoca nel ritenere che il contratto di , lavoro con gli stranieri, in Q., sia
sempre a tempo determinato perché la stessa possibilità, paventata dalla Corte
di merito, di rinnovo del permesso di soggiorno (che in astratto , non può
escludersi) renderebbe il termine “incertus nell’an” (nella stessa
dizione della legge vi è, infatti, una clausola di riserva “a meno che sia
approvata dal Dipartimento stesso”).

5.8. La sussistenza di un indice normativo esterno
al contratto, quale appunto la disciplina del Q. in materia di attività
lavorativa prestata da lavoratori stranieri, non appare quindi integrare
automaticamente il contenuto negoziale, non essendo riferibile alla volontà
delle parti, né rivestendo efficacia direttamente precettiva e inderogabile,
tale da comportare la sostituzione della clausola legale a quelle convenzionali
di diverso tenore (alla stregua, ad es., del meccanismo sostitutivo operante,
nell’ordinamento italiano, in forza dell’art. 1339
cod. civ.). Il tenore dell’art. 23 della legge sul lavoro del Q. non
consente, insomma, di attribuire a tale norma la funzione di sostituzione (o di
integrazione) automatica delle clausole contrastanti con il precetto da essa
sancito, né la stessa contiene, in modo chiaro ed inderogabile, la previsione
della durata massima dei contratti di lavoro stipulati con i lavoratori
stranieri, essendo previste – oltre ad un lasso di tempo non superiore a 5 anni
per la validità del permesso di lavoro – autorizzazioni che consentono
eccezioni al principio.

5.9. Deve, conseguentemente, ritenersi che il
lavoratore abbia stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato con
altra compagnia aerea, non essendo stata apposta, dalle parti, alcuna clausola
di scadenza del contratto e non rinvenendosi, nell’ordinamento giuridico del
Q., una disposizione legale immediatamente precettiva che integri l’autonomia
negoziale.

6. In ordine alle ulteriori censure contenute nel
ricorso incidentale, va rammentato che l’art. 360
co. 1 n. 5 cod.proc.civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012 n. 83,
conv. in legge 7 agosto 2012 n. 134, ha
introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione,
relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia
costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale
a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia (per tutte Cass. n. 8053 del 2014).

6.1. Nella fattispecie, il fatto storico che si
assume omesso (avere, la M.F. spa, rassicurato il lavoratore che il rapporto di
lavoro instaurato con altre compagnie aeree sarebbe stato compatibile sia con
la sua permanenza in CIGS sia con il rapporto di lavoro in essere con M.F. )
non è decisivo perché, anche ad ammettere l’esistenza dell’incontro, nelle
circostanze di fatto articolate non è specificato chi della M.F. spa avesse
rassicurato i piloti e, soprattutto, se tale soggetto avesse i poteri di
impegnare la società in tal senso.

Trattasi, infatti, di una società di capitale ove
l’attività di gestione, il potere delibérativo e la rappresentanza esterna
devono rivestire una determinata forma, seguire particolari procedure e trovare
la loro legittimazione nell’atto costitutivo societario: requisiti di cui
nell’episodio prospettato non si fa alcun riferimento.

7. Il ricorso principale non merita accoglimento.

7.1. Va rammentato che secondo questa Corte (per
tutte: Cass. n. 7838 del 2005 e Cass. n. 18247 del 2009), il modulo generico che
identifica la struttura aperta delle disposizioni ascrivibili alla tipologia
delle cd. Clausole generali (quali la giusta causa di licenziamento) richiede
di essere specificato in via interpretativa, allo scopo di adeguare le norme
alla realtà articolata e mutevole nel tempo.

7.2. La specificazione può avvenire mediante la
valorizzazione o di principi che la stessa disposizione richiama o di fattori
esterni relativi alla coscienza generale ovvero di criteri desumibili
dall’ordinamento generale, a cominciare dai principi costituzionali ma anche
dalla disciplina particolare, collettiva appunto, in cui si colloca la
fattispecie.

7.3. Dette specificazioni del parametro normativo
hanno natura giuridica e la loro errata individuazione è deducibile in sede di
legittimità come violazione di legge (tra le innumerevoli: Cass. n. 6901 del 2016; Cass. n. 6501 del 2013; Cass. n. 6498 del 2012; Cass. n. 25144 del 2010); dunque non si sottrae
al controllo di questa Corte il profilo della correttezza del metodo seguito
nell’individuazione dei parametri integrativi, perché, pur essendo necessario
compiere opzioni di valore su regole o criteri etici o di costume o propri di
discipline e/o di ambiti anche extragiuridici, “tali regole sono tuttavia
recepite dalle norme giuridiche che, utilizzando concetti indeterminati, fanno
appunto ad esse riferimento” (per tutte v. Cass.
n. 434 del 1999), traducendosi in un’attività di interpretazione giuridica
e non meramente fattuale della norma stessa (cfr. Cass. n. 5026 del 2004; Cass.
n. 10058 del 2005; Cass. n. 8017 del 2006).

7.4. E’ stato, altresì, evidenziato che l’attività
di integrazione del precetto normativo di cui all’art.
2119 cod.civ. compiuta dal giudice di merito è sindacabile in cassazione a
condizione, però, che la contestazione del giudizio valutativo operato in sede
di merito non si limiti ad una censura generica e meramente contrapposìtiva, ma
contenga, invece, una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio
rispetto agli standards, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella
realtà sociale (cfr. Cass. n. 985 del 2017; Cass. n. 5095 del 2011; Cass. n. 9266 del 2005).

7.5. Sul diverso piano del giudizio di fatto,
demandato al giudice del medio, opera l’accertamento della concreta ricorrenza,
nella fattispecie dedotta in giudizio, degli elementi che integrano il
parametro normativo e sue specificazioni e della loro attitudine a costituire giusta
causa di licenziamento.

7.6. Insomma, solo l’integrazione a livello generale
e astratto della clausola generale si colloca sul piano normativo e consente
una censura per violazione di legge; l’applicazione in concreto del più
specifico canone integrativo così ricostruito, rientra invece nella valutazione
di fatto devoluta al giudice del merito, “ossia il fattuale riconoscimento
della riconducibilità del caso concreto nella fattispecie generale e
astratta” (in termini ancora Cass. n.
18247/2009 e n. 7838/2005 citate; più
recentemente, Cass. n. 13534 del 2019).
Inoltre, “Spettano inevitabilmente al giudice di merito le connotazioni
valutative dei fatti accertati nella loro materialità, nella misura necessaria
ai fini della loro riconducibilità – in termini positivi o negativi –
all’ipotesi normativa” (testualmente in motivazione Cass. n. 15661 del
2001, con la copiosa giurisprudenza ivi citata).

7.7. Si deve, dunque, partire dalla ricostruzione
della fattispecie concreta così come effettuata dai giudici di merito (tra le
recenti, cfr. Cass. n. 6035 del 2018) per
concentrarsi sulla rilevanza dei singoli parametri (gravità dei fatti
addebitati, portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, circostanze in cui
sono state commessi, intensità dell’elemento intenzionale, etc.) ed al peso
specifico attribuito a ciascuno di essi dal giudice di merito onde verificarne
il giudizio complessivo che ne è scaturito dalla loro combinazione e saggiarne
la coerenza è la ragionevolezza della sussunzione nell’ambito della clausola
generale (cfr. Cass. n. 18715 del 2016).

8. Ebbene, la Corte territoriale, richiamata la
contestazione disciplinare inoltrata al lavoratore (che, in sintesi, addebitava
la stipulazione di un nuovo rapporto di lavoro a tempo indeterminato con
società concorrente nonché la comunicazione, all’azienda e all’Inps, di fatti
non corrispondenti al vero, ossia della data del 30.11.2018 quale scadenza del
contratto di lavoro, data non risultante dal contratto stesso) ha dato atto:
della stipulazione di un contratto di lavoro tra il lavoratore ed altra
compagnia aerea durante la sospensione, per cigs, del rapporto di lavoro;
dell’assenza, in detto contratto, di indicazioni circa la durata del rapporto.

Interpretato il contratto di lavoro alla luce della
legge vigente in Q. in materia di attività lavorativa degli stranieri (che
richiede un permesso di lavoro, agganciato ad un pérmesso di soggiorno, della
durata non superiore a 5 anni) nonché della clausola, contenuta nel contratto
stesso, di libera recedibilità delle parti, la Corte territoriale ha
qualificato il contratto come di natura indeterminata, e conseguentemente ha
ritenuto sussistenti, nella loro materialità, i fatti addebitati al lavoratore
(che, come è stato evidenziato, non concernevano – altresì – il cumulo tra
remunerazione percepita dalla diversa compagnia aerea e indennità di cassa integrazione
guadagni).

9. La Corte territoriale ha provveduto,
correttamente, come innanzi esposto, a qualificare il contratto di lavoro come
a tempo indeterminato in quanto privo di una previsione che facesse emergere la
volontà delle parti di fissare una determinata scadenza alla durata del
contratto, rilevando che la clausola della libera recedibilità appare, quanto
alla natura del negozio giuridico, del tutto neutra (se non maggiormente
compatibile con una durata indeterminata del contratto) e che l’esistenza di un
visto e di autorizzazioni governative sono, per la loro incertezza, estranee
agli elementi accidentali del contratto.

10. Successivamente, in ossequio alla valutazione
più articolata circa la legittimità dei licenziamenti disciplinari, richiesta rispetto
al periodo precedente dalla legge n. 92 del 2012
– secondo la quale si deve accertare se sussistano o meno la giusta causa e il
giustificato motivo oggettivo, secondo le previgenti nozioni fissate dalla
legge e, nel caso in cui si escluda la 
ricorrenza della giustificazione della sanzione espulsiva, si deve
svolgere, al fine di individuare la tutela applicabile, una ulteriore disamina
della sussistenza o meno delle due condizioni previste dal comma 4 dell’art. 18 per accedere alla
tutela reintegratoria -“insussistenza del fatto contestato” ovvero
rientrante tra le condotte punibili con sanzione conservativa sulla base delle
previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari
applicabili”- per tutte Cass. n. 12365 del
2019 – la Corte territoriale ha, tenendo conto di ogni aspetto concreto del
fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità,
rispetto ad un’utile prosecuzione del rapporto di lavoro, ed assegnando rilievo
alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva,
all’intensità dell’elemento intenzionale, alla natura e alla tipologia del
rapporto medesimo, ritenuto sproporzionata la sanzione ed ha applicato il
regime sanzionatorio di carattere risarcitorio dettato dall’art. 18, comma 5, della legge n.
300 del 1970, cui ha attribuito una valenza di carattere generale (Cass. Sez. Un. n. 30985 del 2017).

11. E’ opportuno ricordare che, in sede di
legittimità, è stato precisato che l’accesso alla tutela reale di cui all’art. 18 co. 4 dello St. Lav.,
come modificato dalla legge n. 92 del 2012,
presuppone una valutazione di proporzionalità della sanzione conservativa al
fatto in addebito tipizzata dalla contrattazione collettiva, mentre nei casi in
cui il ccnI operi una riserva per le infrazioni di maggiore gravità, rimettendo
al giudice di valutare l’esistenza di un simile rapporto di proporzione in
connessione al contesto, spetta la tutela indennitaria, ricadendosi nell’ambito
applicativo di cui all’art. 18
co. 5 legge n. 300 del 1970 (Cass. n. 26013
del 2018).

12. La Corte territoriale, quindi, sia pure con un
accertamento sintetico ma non per questo sommario, pur attribuendo rilevanza
disciplinare alla condotta ma non tale, in sostanza, da costituire giusta causa
di licenziamento, ha escluso che la fattispecie rientrasse nell’ambito
applicativo dell’art. 26 commi 3 e 4 del CCNL Eurofly applicabile ratione temporis:
sotto questo profilo va osservato che, a prescindere dalle argomentazioni
adottate, le previsioni della contrattazione collettiva che graduano le
sanzioni disciplinari non vincolano il giudice di merito, essendo la giusta
causa ed il giustificato motivo una nozione legale, (Cass. n. 8718 del 2017; Cass. n. 9223 del 2015), con la sola eccezione se
la previsione negoziale ricolleghi ad un determinato comportamento
giuridicamente rilevante unicamente una sanzione conservativa (Cass. n. 15058 del 2015; Cass. n. 4546 del 2013), perché il tal caso il
giudice non può estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati
motivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti.

13. A tale specifico riguardo deve, inoltre,
rilevarsi che va esclusa la operatività dell’art. 26 co. 2, che punisce la
mancanza del lavoratore con la sanzione della sospensione nelle ipotesi di
trasgressione dell’osservanza della normativa di lavoro prevista dal CCNL
ovvero di quella contemplata dai regolamenti aziendali: invero, in
considerazione della dinamicità unitaria dell’episodio di cui si è reso autore
il dipendente, si esulava dalla mera trasgressione della osservanza delle
suddette disposizioni, concretandosi, invece, la condotta in un comportamento
più articolato che, seppure qualificato come colposo, era connotato da un quid
pluris, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, rispetto al semplice non
rispetto della normativa.

14. L’accertamento compiuto, incentrato su tutti gli
elementi oggettivi e soggettivi emersi, risulta, pertanto, conforme ai principi
sopra richiamati, e resiste, con le precisazioni di cui sopra, alle censure
formulate dalle parti.

15. In conclusione, il ricorso principale ed il
ricorso incidentali vanno rigettati e le spese di lite, in considerazione della
reciproca soccombenza, sono compensate interamente fra le parti.

16. I ricorsi, principale ed incidentale, sono stati
notificati in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della
legge di stabilità del 2013 (L.
24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,
aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando
l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata
inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la
stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice
da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo
precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello
stesso”. Essendo i ricorsi in questione (avente natura chiaramente
impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.

 

P.Q.M.

 

rigetta entrambi i ricorsi e compensa integralmente
tra le parti le spese di lite.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrente incidentale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 febbraio 2021, n. 3123
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