Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 febbraio 2021, n. 3554

Lavoro, Collaborazione coordinata e continuativa privi di un
progetto effettivo, Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato

 

Rilevato che

 

1. con decreto 12 gennaio 2015, il Tribunale di
Arezzo ammetteva M.R. allo stato passivo di E. s.p.a. in amministrazione
straordinaria in via privilegiata ai sensi dell’art.
2751 bis n. 1 c.c. per i complessivi crediti di € 13.088,00 a titolo di
differenze retributive e di € 5.639,30 per T.f.r., oltre rivalutazione
monetaria ed interessi legali, ai sensi dell’art. 54, terzo comma I. fall.,
in parziale ammissione della sua opposizione (rigettata nel resto) avverso il
predetto stato passivo, cui (a fronte di un’insinuazione per il credito
complessivo di € 63.659,73) era stato ammesso per quello di € 2.040,10;

2. a motivo della decisione, esso riteneva che i
diversi contratti, formalmente stipulati tra le parti come collaborazione
coordinata e continuativa “a progetto”, in realtà privi di un
progetto effettivo, così come stabilito dall’art. 61 d.lg. 276/2003,
mascherassero in realtà, secondo la presunzione dell’art. 69, primo comma d.lg. cit. e
tenuto anche conto delle scrutinate risultanze istruttorie, un unico rapporto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato con inquadramento del lavoratore
(in ragione del contenuto specialistico dell’attività di conduzione di
intervento tecnico-informatico a beneficio dei clienti della società, senza
neppure specificazione della destinazione in favore del cliente S. Italia) al
VI livello del CCNL Telecomunicazioni;

3. esclusa la spettanza di ore di lavoro
straordinario (in assenza di prova di eccedenza rispetto alle ordinarie otto
giornaliere) e di indennità di mancato preavviso (siccome non richiesta), il
Tribunale determinava il residuo credito del lavoratore, sulla base della
disposta C.t.u. ed applicato il principio dell’assorbimento degli importi
percepiti a titolo di remunerazione, nella somma suindicata, pertanto ammessa
allo stato passivo della procedura, in luogo di quella originaria di € 2.
040,10;

4. avverso tale decreto la società in a.s., con atto
notificato il 12 (17) febbraio 2015, ricorreva per cassazione con due motivi,
illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis 1
c.p.c., cui il lavoratore resisteva con controricorso;

 

Considerato che

 

1. la ricorrente deduce, in via di pregiudizialità
logico-giuridica, violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 69 d.lg. 276/2003 ed omesso esame
di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per
erronea esclusione di specificità del progetto dei contratti di collaborazione
coordinata e continuativa tra le parti, in particolare consistente nel
“garantire, nel periodo indicato … con riferimento al contratto tra la
Società e il cliente S. Italia la corretta funzionalità degli apparati ITC
installati” e pertanto secondo modalità esecutive necessariamente esigenti
una coordinazione del collaboratore con la committente; non comportando, in
ogni caso, la sua mancanza una presunzione assoluta di conversione del rapporto
in uno subordinato a tempo indeterminato, siccome in violazione del principio
di indisponibilità del tipo contrattuale, ma soltanto relativa, con ammissione
della committente alla prova contraria, risultata dall’istruzione probatoria
esperita (secondo motivo);

2. esso è infondato;

2.1. la nozione di “specifico progetto”,
in riferimento al testo dell’art.
69, primo comma d.lg. 276/2003, applicabile ratione temporis, deve
ritenersi consistere in un’attività produttiva chiaramente descritta e
identificata, funzionalmente ricollegata ad un determinato risultato finale,
cui partecipa con la sua prestazione il collaboratore, precisando tuttavia che
la norma non richiede che il progetto specifico debba inerire ad una attività
eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria e complessiva
attività di impresa (Cass. 26 aprile 2018, n.
10135); che il progetto concordato non può comunque consistere nella mera
riproposizione dell’oggetto sociale della committente e dunque nella previsione
di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività
aziendale (Cass. 6 settembre 2016, n. 17636),
in quanto i termini in questione non possono che essere intesi – pena il
sostanziale svuotamento della portata della norma – come volti ad enucleare il
contenuto della collaborazione in un quid distinto dalla mera messa a
disposizione di energie lavorative nell’attuazione delle ordinarie attività
aziendali;

2.2. in esito ad attento ed argomentato scrutinio
del contratto a progetto iniziale del 2 gennaio 2007 tra le parti (e similmente
i successivi), avente in particolare ad oggetto “la conduzione di attività
di intervento tecnico-informatico sulle postazioni di lavoro presso il cliente
S. Italia” (così, con le ulteriori specificazioni in ordine a durata e
corrispettivo: all’ultimo capoverso di pg. 4 del decreto), il Tribunale ha
accertato che “il “progetto”, lungi dall’individuare un’attività
legata ad un particolare risultato ed estranea alla normale offerta di servizi di
E. – E. … si risolva in una mera precisazione di assistenza tecnica
specializzata, retribuita mensilmente” (così al primo capoverso di pg. 5
del decreto), ravvisando poi “sintomatiche dell’assenza di uno specifico
progetto … le molteplici proroghe del contratto senza alcuna variazione”
(al secondo capoverso di pg. 5 del decreto);

2.3. il regime sanzionatorio previsto dall’art. 69, primo comma d.lg. 276/2003
(nel testo ratione temporis applicabile, anteriore alle modifiche apportate
dalla I. 92/2012), in caso di assenza di
specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso (che rappresenta un
elemento costitutivo della fattispecie e ricorre sia quando manchi la prova
della pattuizione di alcun progetto, sia allorché il progetto, effettivamente
pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la
specificità e l’autonomia: Cass. 29 marzo 2017, n.
8142), determina l’automatica conversione a tempo indeterminato, con
applicazione delle garanzie del lavoro dipendente e senza necessità di
accertamenti giudiziali sulla natura del rapporto (Cass.
17 agosto 2016, n. 17127; Cass. 5 novembre
2018, n. 28156), senza con ciò contrastare con il principio di
“indisponibilità del tipo”, posto a tutela del lavoro subordinato e
non invocabile nel caso inverso, né con l’art. 41,
primo comma Cost., in quanto trae origine da una condotta datoriale
violativa di prescrizioni di legge ed è coerente con la finalità antielusiva
perseguita dal legislatore (Cass. 4 aprile 2019,
n. 9471);

3. la ricorrente deduce poi violazione e falsa
applicazione dell’art. 2094 c.c., per erronea
qualificazione del rapporto di lavoro tra le parti come subordinato, in assenza
dei suoi requisiti individuativi quali la soggezione del lavoratore al potere
direttivo, organizzativo e disciplinare datoriale, in base ad elementi
sussidiari (in particolare l’orario di lavoro predeterminato e la remunerazione
fissa) non risolutivi, né considerazione della comune volontà espressa dalle
parti con la stipulazione del contratto (nomen iuris) ed omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale la
mera comunicazione dai lavoratore di eventuali assenze per ferie, senza
richiesta di autorizzazione (primo motivo);

4. esso è assorbito;

5. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con
regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e
raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei
presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20
settembre 2019, n. 23535);

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la procedura alla
rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che
liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali,
oltre rimborso per spese generali nella misura del 15 per cento e accessori di
legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis, dello stesso art. 13, se
dovuto.

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