I lavoratori, che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia dopo un periodo di distacco all’estero, possono usufruire del regime di favore per gli impatriati, a condizione che non vi sia una sostanziale continuità tra la posizione lavorativa ante espatrio e quella post rientro.

Nota AdE Risp. 2 marzo 2021, n. 136

Marialuisa De Vita

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta ad interpello n. 136 del 2 marzo 2021, ha fornito alcuni chiarimenti in merito al regime speciale per i lavoratori c.d. “impatriati” che rientrano in Italia dopo un periodo di distacco all’estero.

Come noto, ai sensi dell’art. 16 del D.LGS. n. 147/2015, i redditi di lavoro autonomo, i redditi di lavoro dipendente, quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente e i redditi di impresa, prodotti in Italia da lavoratori (cittadini italiani o esteri) che vi trasferiscono la residenza fiscale, concorrono alla formazione del reddito complessivo nei limiti del 30% del loro ammontare, ovvero nei limiti del 10% se si trasferiscono nelle regioni meridionali (Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Abruzzo). Tale regime trova attuazione a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i 4 periodi d’imposta successivi.

Per poter beneficiare della suddetta agevolazione, i soggetti che rientrano in Italia devono essere in possesso dei requisiti previsti, in via alternativa, dal co. 1 e dal co. 2 dell’art. 16 summenzionato.

In dettaglio, possono accedere al regime agevolativo solo i lavoratori che (art. 16, co. 1, D.LGS. n. 147/2015):

  • non sono stati residenti in Italia nei 2 periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanervi per almeno 2 anni;
  • prestano l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Il regime in questione vale anche per i cittadini UE e, dal 2017, per quelli di Stati extra UE (con i quali è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale), che soddisfano uno dei seguenti requisiti (art. 16, co. 2, D.LGS. n. 147/2015):

  • sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, ovvero autonomo oppure d’impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
  • hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea ovvero una specializzazione post lauream.

Nel caso di specie, una società, in qualità di sostituto di imposta, si rivolgeva all’Agenzia delle Entrate per sapere se un proprio dipendente, assunto dopo un periodo di distacco all’estero, potesse accedere al regime di favore ai sensi dell’art. 16, co. 1, D.LGS. n. 147/2015. In particolare, la società rappresentava che il dipendente:

  • era stato assunto dal 16 febbraio 2009 come impiegato con la qualifica di tecnico di 5º livello e successivamente di 6º livello da una società collegata alla società istante;
  • dal 1º giugno 2015 veniva distaccato presso una società in Brasile e promosso a tecnico di 7º livello;
  • dal 27 aprile 2015 risultava iscritto all’AIRE;
  • il periodo di distacco all’estero, dopo essere stato prorogato per ben 3 volte, cessava il 31 agosto 2019 (anziché il 31 maggio 2017);
  • dal 1º marzo 2018 assumeva la qualifica di Quadro;
  • dal 27 aprile 2020 trasferiva la residenza fiscale in Italia e dal 1º giugno 2020 era assunto dalla società istante con la qualifica di Quadro, svolgendo mansioni diverse e superiori rispetto a quelle assegnate prima del distacco.

Nell’ammettere il lavoratore a fruire del regime di favore, l’Agenzia delle Entrate, richiamando alcuni documenti di prassi, ha fornito chiarimenti in merito alla fattispecie de qua.

Viene fatto rinvio alla circolare n. 17/E del 2017 con cui l’Agenzia delle Entrate aveva escluso l’accesso al regime di favore ai soggetti che rientravano in Italia dopo essere stati distaccati all’estero se “il loro rientro, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia, e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma”.

Tale regola – come già precisato nella Ris. n. 76/E/2018 – non si applica nelle ipotesi in cui:

  • il distacco sia più volte prorogato e la sua durata nel tempo determini un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
  • il rientro del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero.

Relativamente alla condizione sub 2), la circolare n. 33/E/020, aveva ulteriormente chiarito che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui “il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio”. Costituiscono, a titolo esemplificativo, indici di una situazione di continuità sostanziale:

  • il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;
  • il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
  • l’assenza del periodo di prova;
  • la previsione nel contratto di clausole in cui si prevede che, alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la società di appartenenza in vigore prima del distacco.

Applicando tale principio al caso di specie, posto che:

  • il dipendente in questione non è stato residente in Italia per più di 2 periodi di imposta (dal 2015 al 2019);
  • il periodo di distacco all’estero è stato prorogato 3 volte, comportando un affievolimento dei legami del dipendente con il territorio dello Stato;
  • al rientro in Italia il dipendente ha assunto un ruolo di maggiore responsabilità, passando dalla qualifica di impiegato a quella di Quadro e gestendo contratti di più alto valore economico;
  • non ricorre nessuno degli indici preclusivi indicati nella circolare n. 33/2020.

l’Agenzia delle Entrate ha ammesso il dipendente a godere del regime di favore, ritenendo insussistente una situazione di continuità tra l’attività lavorativa precedente al distacco e quella post rientro.

Regime speciale per i lavoratori impatriati e rientro in Italia a seguito di distacco all’estero
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