Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 aprile 2021, n. 13252

Gruppo di lavoro, Reato di diffamazione, Missiva per posta
elettronica che includa fra i destinatari sia la persona offesa,
Configurabilità della provocazione, Offesa diretta a una persona
“distante”, Reato di ingiuria solo quando la comunicazione offensiva
avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Roma ha
confermato, anche agli effetti civili, la condanna di V.M. per il reato di
diffamazione, commesso ai danni di L.F. e consistito nell’avere inviato una
e-mail all’offeso e ad altre dieci persone (facenti parte di un
“vecchio” gruppo di lavoro) del seguente tenore: “ecco la
gallina che ha fatto l’uovo: L.F.”perché tutti lo sanno che sei uno s., lo
faccio per evitarti i sorrisetti che inevitabilmente compariranno sui loro
volti! Ringraziamo di questo! Addio c.!”.

Con la medesima sentenza il Tribunale, in
accoglimento dell’appello proposto dalla parte civile, ha aumentato da euro
500,00 ad euro 5.000,00 l’entità del danno liquidato in favore della stessa.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite
il difensore, articolando tre motivi.

2.1. Con il primo denuncia violazione di legge per
la mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art.
594 cod. pen. e conseguente declaratoria di assoluzione per non essere il
fatto previsto dalla legge come reato.

Sostiene il ricorrente che la persona offesa era un
componente del gruppo destinatario delle e-mail e dunque ha percepito l’offesa
del V. quasi “in tempo reale”, come dimostra la successione dei
messaggi.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce
violazione di legge in punto di diniego della esimente, quantomeno putativa, di
cui all’art. 599, comma secondo, cod. pen..

Il Tribunale ha escluso la configurabilità della
provocazione, dato che i rancori tra le parti risalivano a diversi anni prima
del fatto.

In realtà la scriminante era stata invocata in
relazione alla immediata reazione conseguente alla provocazione della persona
offesa:

– l’imputato aveva inviato una e-mail ingiuriosa
soltanto a L. (“Ma vai a farti f. ladro che non sei altro”)

– questi gli aveva risposto: “perché non mandi
a tutti la mail che hai mandato solo a me qualche minuto fa?”‘,

– così provocato, l’imputato, in stato d’ira, aveva
reagito scrivendo, subito dopo, a tutto il gruppo.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia
violazione di legge in merito alla quantificazione del danno liquidato in
favore della parte civile.

La motivazione offerta dal giudice di merito circa i
parametri di liquidazione del danno sarebbe scarna e inadeguata.

Il Tribunale ha sopravvalutato la valenza offensiva
delle espressioni utilizzate dal V..

In realtà la lesione della reputazione professionale
del L. sarebbe minima, dato che le offese sono state comunicate a un ristretto
numero di colleghi legati da pregressa conoscenza.

La liquidazione è eccessiva e sproporzionata anche
alla luce dei parametri per la liquidazione del danno da diffamazione stilati
dall’osservatorio di Roma sulla giustizia civile (da 1.000 euro a 10.000 euro
in caso di danno lieve).

3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di
discussione orale, dunque il processo segue il cd. “rito scritto” ai
sensi dell’art. 23, comma 8, d.l.
n. 137 del 2020. Il Procuratore generale e il difensore della parte civile
hanno trasmesso, tramite posta elettronica certificata, le rispettive conclusioni
nei termini in epigrafe trascritti.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1. Il primo comma del previgente art. 594 cod. pen., puniva «chiunque offende
l’onore o il decoro di una persona presente».

Il secondo comma assoggettava alla stessa sanzione
l’offesa dell’onore o del decoro arrecata «a distanza» ossia con comunicazione
telegrafica o telefonica o con scritti e disegni diretti alla persona offesa.

Il quarto comma contemplava, infine, un’aggravante
nel caso in cui l’offesa fosse commessa in presenza di più persone. Tale
aggravante, che presupponeva la presenza di più persone oltre l’offeso, non era
riferibile all’ipotesi di ingiuria a distanza, considerata nel ricordato comma
secondo dell’art. 594.

La norma incriminatrice è stata abrogata per effetto
del d. Igs. n. 7 del 2016.

Essa, tuttavia, continua a fornire un necessario
parametro di riferimento nella tipizzazione del delitto di diffamazione alla
luce del successivo art. 595 cod. pen., che
tuttora punisce: «Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente,
comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione».

Ponendo a raffronto il dettato delle norme si
ottiene che:

– l’offesa diretta a una persona presente
costituisce sempre ingiuria, anche se sono presenti altre persone;

– l’offesa diretta a una persona
“distante” costituisce ingiuria solo quando la comunicazione
offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario; se la
comunicazione “a distanza” è indirizzata ad altre persone oltre
all’offeso, si configura il reato di diffamazione;

– l’offesa riguardante un assente comunicata ad
almeno due persone (presenti o distanti), integra sempre la diffamazione.

La Corte di cassazione ha affermato, ripetutamente,
che la missiva a contenuto diffamatorio diretta all’offeso e ad altri
destinatari (almeno due) configura il reato di diffamazione, stante la non
contestualità del recepimento delle offese (Sez. 5, n. 18919 del 15 marzo 2016,
Laganà, Rv. 266827; Sez. 5, n. 44980 del 16 ottobre 2012, Nastro, Rv. 254044);
a seguito dell’abolizione del reato di ingiuria, finisce per confluire nel
medesimo orientamento anche quello più tradizionale che ravvisava, in dette
comunicazioni, oltre al reato di diffamazione (indubbiamente sussistente)
anche, e in concorso con esso, il reato di ingiuria, ora depenalizzato (tra le
altre Sez. 5, n. 48651 del 22 ottobre 2009, Nascé, Rv. 245827; Sez. 5, n. 12160
del 4 febbraio 2002, Gaspari, Rv. 221252).

2.2. È la nozione di «presenza» dell’offeso ad
assurgere a criterio distintivo e tale concetto implica necessariamente la
presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso e spettatori ovvero
una situazione ad essa sostanzialmente equiparabile realizzata con l’ausilio
dei moderni sistemi tecnologici (cali conference, audioconferenza o
videoconferenza (Sez. 5, n. 34484 del 06/07/2018, Badalotti, non massimata).

L’evoluzione dei mezzi di comunicazione potrebbe
ingenerare confusione circa le nozioni di “presenza” e
“distanza”, imponendo una riflessione ulteriore.

2.2.1. I numerosi applicativi attualmente in uso per
la comunicazione tra persone fisicamente distanti non modificano, nella
sostanza, la linea di discrimine tra le due figure come sopra tracciata,
dovendo porsi solo una particolare attenzione alle caratteristiche specifiche
del programma e alle funzioni utilizzate nel caso concreto.

Molti programmi mettono a disposizione degli utenti
una variegata gamma di servizi: messaggistica istantanea (scritta o vocale),
videochiamata, chiamate cd. “VoIP” (conversazione telefonica
effettuate sfruttando la connessione internet). Sono state sviluppate diverse
piattaforme per convocare riunioni a distanza tra un numero, anche rilevante,
di persone presenti virtualmente. Le medesime piattaforme permettono di
scrivere, durante la riunione, messaggi diretti a tutti i partecipanti, ovvero
a uno o ad alcuni di essi.

Per tale ragione il mero riferimento a una
definizione generica (chat; cali) o alla denominazione commerciale del
programma è, di per sé, privo di significato e foriero di equivoci, laddove non
accompagnato dalla indicazione delle caratteristiche precise dello strumento di
comunicazione impiegato nel caso specifico.

2.2.2. Come detto, rimane fermo il criterio
discretivo della “presenza”, anche se “virtuale”,
dell’offeso; occorre dunque ricostruire sempre l’accaduto, caso per caso: se
l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” (o
“da remoto”), tra più persone contestualmente collegate, alla quale
partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi della ingiuria commessa alla
presenza di più persone (fatto depenalizzato). È questo, ad esempio, il caso
deciso da Sez. 5, n. 10905 del 25/02/2020, Sala, Rv. 278742, che ha qualificato
come ingiuria l’offesa pronunciata nel corso di un incontro tra più persone,
compreso l’offeso, presenti contestualmente, anche se virtualmente, sulla
piattaforma Google Hangouts.

Di contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni
(scritte o vocali), indirizzate all’offeso e ad altre persone non
contestualmente “presenti” (in accezione estesa alla presenza
“virtuale” o “da remoto”), ricorreranno i presupposti della
diffamazione.

2.3. Nella fattispecie – a parte una e-mail inviata
solo all’offeso – l’imputato è stato condannato per il delitto di diffamazione
per aver spedito all’offeso e ad altre dieci persone una e-mail contenente
epiteti palesemente offensivi (“sei uno s.”, “Addio c.!”)
rivolti alla persona offesa indicata per nome (“L.F.”).

2.3.1. In sostanza le e-mail non sono altro che
lettere in formato elettronico recapitate dalla casella di posta del mittente a
singoli destinatari, non contestualmente presenti.

Deriva che nel caso quale quello in rassegna – di
invio di una e-mail, dal contenuto offensivo, destinata sia all’offeso sia ad
altre persone (almeno due) – è ravvisabile il delitto di cui all’art. 595 cod. pen., in ossequio al medesimo
principio enucleato dalla Corte di cassazione per la corrispondenza
tradizionale (cfr. sopra paragrafo 2.1.).

2.3.2. In tal senso si pone il più recente e
prevalente orientamento di legittimità, secondo cui l’invio di e-mail a
contenuto offensivo integra il reato di diffamazione anche nell’eventualità che
tra i destinatari del messaggio di posta elettronica vi sia l’offeso (Sez. 5,
n. 29221 del 06/04/2011, De Felice, Rv. 250459; Sez. 5, n. 44980 del
16/10/2012, Nastro, Rv. 254044; Sez. 5 n. 12603 del 02/02/2017, Segagni, non
massimata sul punto; Sez. 5, n. 34484 del 06/07/2018, Badalotti, non massimata;
Sez. 5., n. 311 del 20/09/2017, dep. 2018, Orlandi, non massimata; Sez. 5, n.
14852 del 06/03/2017, Burcheri, non massimata).

Di particolare interesse le motivazioni:

– della sentenza Segagni (Sez. 5 n. 12603 del
02/02/2017, cit.) che rileva come i principi elaborati dalla giurisprudenza di
legittimità in tema di corrispondenza tradizionale rimangano validi «anche
qualora la corrispondenza con più destinatari avvenga per via telematica, in
quanto, se è vero che la digitazione della missiva avviene con unica azione, la
sua trasmissione si realizza attraverso una pluralità di atti operati dal
sistema e di cui l’agente è ben consapevole»;

– della sentenza Badalotti (Sez. 5, n. 34484 del
06/07/2018, cit): «Tali conclusioni [sulla configurabilità della diffamazione
nelle comunicazioni a distanza diretta a più persone oltre all’offeso] non
mutano se alla comunicazione epistolare tradizionale si sostituisce, per
effetto dell’evoluzione tecnologica, l’invio di una missiva per posta
elettronica che includa fra i destinatari sia la persona offesa, sia gli
ulteriori soggetti portati a conoscenza dell’offesa, trattandosi di strumento
moderno che realizza, con semplicità ed efficacia esponenziali, il medesimo
risultato in passato ottenuto con l’invio di una pluralità di lettere a più
destinatari. Ed anche in questo caso, occorre notare per chiarezza, l’autore
pone in essere una condotta specifica rivolta a comunicare il messaggio a ciascuno
dei destinatari prescelti, digitando il suo indirizzo di posta elettronica
nell’apposita casella, e sorregge psicologicamente tale azione con coscienza e
volontà, rappresentandosi e volendo le conseguenze della condotta realizzata».

Alla luce di tale assetto giurisprudenziale, possono
ritenersi definitivamente superate le decisioni di segno contrario (Sez. 5, n.
16425 del 10/04/2008, Gabardo, Rv. 239833 e Sez. 5, n. 24325 del 20/04/2015,
R., Rv. 263911, quest’ultima, per il vero, solo apparentemente difforme, posto
che, come osserva Sez. 5, n. 34484 del 06/07/2018, Badalotti: «risulta
esclusivamente focalizzata sulla volontà offensiva del mittente, in concreto
esclusa per i pessimi rapporti fra destinatario della lettera e persona offesa,
e resa in un contesto in cui non era prospettabile la diffamazione perché la
lettera era stata indirizzata a una sola persona»),

2.3.3. Ne consegue che la condotta dell’imputato si
inquadra nel reato di diffamazione.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

La provocazione richiede “il fatto
ingiusto”, nozione alla quale rimane estranea la mera sfida priva di
connotazioni contra ius (“perché non mandi a tutti la mail che hai mandato
solo a me qualche minuto fa?”).

4. Il terzo motivo è per un verso generico e per altro
manifestamente infondato.

L’essere la motivazione «scarna e inadeguata» (come
eccepisce il ricorso) non integra alcun vizio tra quelli indicati dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen..

In realtà il giudice di appello – nell’accogliere
sul punto il gravame della parte civile, incrementando da euro 500 ad euro
5.000 l’entità del danno- ha esposto, in modo stringato ma non per questo
illogico, i criteri adottati per la liquidazione equitativa: «espressioni
gravemente diffamatorie manifestate in contesto lavorativo tra numerosi
colleghi, oltre 10».

Peraltro la censura racchiude, nel suo sviluppo, le
ragioni della propria manifesta infondatezza, laddove evoca la violazione di un
parametro (da 1.000 euro a 10.000 euro in caso di danno lieve) che il giudice
di merito ha rispettato.

5. Discende il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle
spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte
civile che, avuto riguarda a natura e caratteri dell’opera prestata, possono
liquidarsi in complessivi euro 3.000,00 oltre accessori di legge.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione
delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla
parte civile che liquida in complessivi euro 3.000 oltre accessori di legge.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 aprile 2021, n. 13252
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