Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 aprile 2021, n. 9919

Licenziamento per giusta causa, Impugnazione stragiudiziale,
Termine, Decorrenza

 

Rilevato che

 

1. con sentenza n. 3865 pubblicata il 29.10.2019 la
Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del reclamo principale di R.S. srl e
in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda proposta da
P.A., volta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta
causa intimato l’8.8.2017, dichiarando inefficace l’impugnazione proposta;

2. la Corte territoriale ha dato atto che il
licenziamento, intimato in data 8.8.2017, era stato impugnato dalla lavoratrice
con fax inviato l’8.9.2017 alla datrice di lavoro e che il ricorso in giudizio
era stato depositato l’8.3.2018, oltre il termine di 180 giorni fissato dall’art. 6 della L. n. 604 del 1966,
come modificato dall’art. 32
della L. n. 183 del 2010 e poi dall’art. 1,
comma 38, L. n. 92 del 2012;

3. ha precisato, richiamando precedenti di
legittimità, che il termine di 180 giorni decorre dalla data di trasmissione
dell’atto scritto di impugnazione stragiudiziale; che quest’ultima può essere proposta
con qualsiasi mezzo idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore; che nel
caso di specie il fax, sia pure privo di un foglio e della firma della
dipendente (che tuttavia non ne aveva mai negato la paternità), era stato
spedito ed era pervenuto alla società reclamante l’8.8.2017, come si ricava
dalla relativa relata (rectius: rapporto di consegna); che il fax aveva il
medesimo contenuto della lettera raccomandata spedita il 9.9.2017;

4. avverso tale sentenza P.A. ha proposto ricorso
per cassazione affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria; la
società R.S. srl ha resistito con controricorso;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alla
parte, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

 

Considerato che

 

6. col primo motivo di ricorso la lavoratrice ha
dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod.
proc. civ., violazione e falsa applicazione dall’art. 6 della L. n. 604 del 1966,
come modificato dall’art. 32
della L. n. 183 del 2010 e poi dall’art. 1, comma 38, L. n. 92 del 2012;

7. ha censurato la sentenza impugnata là dove ha
desunto dal rapporto di consegna del fax, che riproduce il primo foglio privo
delle sottoscrizioni della parte e del legale, la certezza sul contenuto di ciò
che è stato effettivamente trasmesso; e ciò sebbene la società avesse omesso di
depositare l’impugnativa completa ricevuta a mezzo fax, come ordinato dal
giudice della fase di opposizione;

8. ha rilevato come la Corte di merito non avesse
considerato che si era ritenuto di anticipare l’impugnativa a mezzo fax,
mancante della parte contenente il mandato speciale al difensore, conferito
dalla lavoratrice solo il giorno seguente (9.9.17), in coincidenza con l’invio
della lettera raccomandata; quest’ultima costituisce l’unico dato certo sulla
proposizione dell’impugnativa;

9. col secondo motivo la ricorrente ha denunciato,
ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc.
civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla nullità del
licenziamento per motivo ritorsivo, oggetto di reclamo incidentale ritenuto
assorbito dal rigetto del reclamo principale;

10. il primo motivo di ricorso è infondato;

11. nel testo applicabile ratione temporis, l’art. 6 della L. n. 604 del 1966
stabilisce: “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza
entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta,
ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non
contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a
rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento
dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.

L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro
il successivo termine di duecentosettanta giorni (poi centoottanta), dal
deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del
lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di
conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi
documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o
l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario
al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena
di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo”;

12. costituisce orientamento consolidato quello
secondo cui il termine di decadenza di cui all’art. 6, comma 2, della I. n. 604
del 1966, come sostituito dall’art.
32, comma 1, della I. n. 183 del 2010 e modificato dall’art. 1, comma 38, della I. n. 92 del
2012, decorre dalla data di trasmissione dell’atto scritto d’impugnazione
del licenziamento, di cui al comma 1 del citato art. 6, e non dal
perfezionamento dell’impugnazione stessa per effetto della sua ricezione da
parte del datore di lavoro (v. Cass. 20666 del
2018; n. 20068 del 2015);

13. l’impugnativa stragiudiziale può essere proposta
“con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota
la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione
sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso”, come previsto
dall’art. 6 cit., o anche
per il tramite di un rappresentante o del difensore previamente munito di
apposita procura (v. Cass. n. 1444 del 2019; n. 23603 del 2018; n. 25118 del 2017);

14. l’impugnativa in oggetto può anche essere
presentata tramite telegramma (v. Cass. n. 24660
del 2008; n. 19689 del 2003);

15. nel caso di specie, la Corte di merito ha
accertato, con apprezzamento in fatto non censurabile in questa sede, la
rituale comunicazione a mezzo fax della integrale lettera di impugnativa
(“dal rapporto di ricezione del fax risulta inviata anche la seconda
pagina”), recante la firma e della lavoratrice e del difensore, lettera
dei medesimo contenuto di quella poi trasmessa tramite raccomandata;

16. le censure mosse col primo motivo di ricorso, se
pure formulate come violazione di legge, investono nella sostanza la
ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito e sono, come tali,
inammissibili;

17. in proposito, è utile ribadire che il vizio di
cui all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento
impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi
implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa,
l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo
delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di
legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura
è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio motivazionale,
nei ristretti limiti segnati dall’art. 360 n. 5
cod. proc. civ.. (Cass. n.7394 del 2010, n.
8315 del 2013, n. 26110 del 2015, n. 195
del 2016), E’ dunque inammissibile una censura che fondi il presunto errore
interpretativo di diritto su una ricostruzione fattuale diversa da quella posta
a base della decisione, attraverso una alternativa interpretazione delle
risultanze di causa;

18. il secondo motivo di ricorso risulta assorbito;

19. per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato
inammissibile;

20. le spese del giudizio di legittimità seguono la
soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

21. si dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali di cui all’art. 13,
comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24
dicembre 2012 n. 228;

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi
professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella
misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il
ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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