Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 aprile 2021, n. 10743

Sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, Differenze retributive e risarcimento dei danni pari
all’ammontare dei contributi omessi, Termine quinquennale di prescrizione
dalla cessazione del rapporto di lavoro, Decorrenza in costanza di rapporto
non garantito da stabilità reale

 

Rilevato

 

che N.S., con atto depositato il 30.4.2007, ha
interposto appello, nei confronti di R.B., avverso la sentenza n. 2688/2007 del
Tribunale di Roma, con la quale, in accoglimento del ricorso della lavoratrice,
era stata dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato dall’1.12.2002 (decorrenza corretta con ordinanza ai sensi
dell’art. 287 del codice di rito, in “14.9.1994”) al 31.12.1999, con
diritto della ricorrente all’inquadramento nel III livello CCNL per i
dipendenti degli studi professionali e la condanna <<dei convenuti, in
solido, al pagamento, in favore della lavoratrice, della somma di Euro
33.641,51, a titolo di differenze retributive, nonché al risarcimento dei danni
ex art. 2116 c.c., pari all’ammontare dei
contributi omessi>>; ed era stata, altresì, accertata la sussistenza, tra
il S. e la B., di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dall’1.1.2000,
con diritto della medesima all’inquadramento nel terzo livello CCNL per i
dipendenti degli studi professionali e con la condanna <<del convenuto al
pagamento della somma di Euro 8.425,33 a titolo di differenze
retributive>>;

che, con atto di gravame depositato alla stessa data
del primo, O.N.B., F.R. ed il medesimo S. hanno impugnato la stessa pronunzia;
che la Corte di Appello di Roma, riuniti i due procedimenti ed espletata
l’istruttoria, con sentenza depositata in data 27.1.2015, in parziale riforma
della pronunzia impugnata, ha dichiarato <<prescritti i crediti azionati
nei confronti di B.O.N. e R.F.>> ed ha condannato <<S.N. al
pagamento, in favore di B.R., della minor somma di Euro 8.606,07, oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria ex art.
429 c.p.c.>>,

compensando tra il B., il R. e l’appellata le spese
del doppio grado, nonché, <<in ragione della metà le spese del doppio
grado tra S. N. e B.R.>> e ponendo <<a carico del S. la metà
residua…>>; che la Corte di merito, per quanto ancora di interesse in
questa sede, ha osservato che, relativamente all’eccezione di prescrizione,
reiterata in appello, <<risulta dalle testimonianze acquisite che verso
la metà del 1999 i tre professionisti si divisero e lo studio rimase al solo S.
per il quale rimase a lavorare la B.>; che <<il fatto che dall’1
luglio 1999 i tre professionisti avessero cominciato a esercitare autonomamente
e il R. e il B. avessero costituito insieme una diversa associazione
professionale risulta per tabulas dai seguenti documenti… Quindi dall’1
luglio 1999 la ricorrente ha cessato di lavorare per il R. e per il B. e ha
continuato a svolgere la propria attività lavorativa esclusivamente per il
S.>>; che <<al 6 dicembre 2004, data della messa in mora, era già
trascorso il termine quinquennale di prescrizione dalla cessazione del rapporto
di lavoro per quanto attiene alle pretese creditorie vantate nei confronto del
R. e del B.. Quanto alla posizione del S., è destituita di fondamento la
censura relativa alla durata del rapporto di lavoro, come individuata dal primo
Giudice, sulla base delle stesse allegazioni contenute nella memoria di
costituzione di primo grado, nella quale si afferma che la ricorrente dall’1
luglio 1999 (dunque ancor prima dell’1 gennaio 2000) ha espletato la propria
attività lavorativa in favore del solo S. e non più per l’associazione
professionale, ovvero per i tre convenuta>>;

che per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso (notificato il 27.1.2016) N.S. articolando due motivi, cui R.B. ha
resistito con controricorso; che la B., a sua volta, ha proposto ricorso
(notificato in data 8.3.2016), cui il S., il B. ed il R. hanno resistito con
controricorso;

che sono state comunicate memorie nell’interesse di
entrambe le parti;

che, data la priorità della notifica, il ricorso del
S. va considerato ricorso principale e quello della B. ricorso incidentale;

che il P.G. non ha formulato richieste che, con il
ricorso principale, si censura: 1) in riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c.,
<<violazione e falsa applicazione dei principi vigenti in tema di nullità
del ricorso ex art. 414 co. 4 c.p.c. e nullità
della sentenza o del procedimento. Violazione e falsa applicazione in tema di
poteri istruttori d’ufficio ex art. 421 c.p.c.
e nullità della sentenza o del procedimento>>, perché la Corte di merito
avrebbe erroneamente respinto il motivo di gravame proposto dal S. avverso la
statuizione di rigetto dell’eccezione di nullità del ricorso per avere la B.
prodotto il CCNL non unitamente al ricorso, ma, tardivamente, con le note
difensive, <<con conseguente grave lesione del diritto di difesa del
convenuto, stante l’impossibilità per lo stesso di conoscere pienamente
l’oggetto della lite e di capire e controllare i criteri di calcolo utilizzati
per la redazione dei conteggi e la correttezza dei calcoli eseguiti sulla scorta
dei minimi retributivi>>; ed inoltre, perché <<i poteri officiosi
del giudice ex art. 421 c.p.c., volti
all’acquisizione in corso di causa del documento>>, nella fattispecie,
<<erano stati male esercitata>, in relazione <<a fatti non
allegati dalle parti o acquisiti al processo in modo non rituale>>; 2) in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.,
l'<<omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti. Alterazione della ritualità processuale.
Omessa valutazione delle prove e/o dei documenti e/o delle risultanze
Istruttorie>>, per non avere i giudici di seconda istanza considerato che
il conteggio depositato dalla lavoratrice in sede di gravame <<era
inconferente ed in antitesi con quello dalla stessa allegato al ricorso
introduttivo>> e conteneva anche duplicazioni degli importi calcolati a
credito; ed altresì per avere i giudici consentito alla lavoratrice di depositare
tardivamente il conteggio richiesto, colmando così, in violazione del principio
di imparzialità, le negligenze della parte che aveva dimenticato di esercitare
l’onere di allegazione;

che, con il ricorso incidentale, si denunzia: 1) in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.,
la <<nullità della sentenza per insanabile contrasto tra dispositivo e
motivazione in violazione degli artt. 132 e 156 c.p.c.>> per avere i giudici di appello
affermato, nella parte motiva, di accogliere l’eccezione di prescrizione solo
nei confronti di due (B. e R.) dei convenuti, e non anche del terzo (S.) con il
quale ha riconosciuto che il rapporto di lavoro, pacificamente privo di stabilità
reale, era proseguito; ed avere <<contraddittoriamente, nel dispositivo,
limitato la condanna nel confronti del S., come se tale eccezione fosse stata
accolta>>; 2) <<in subordine>>, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione
dell’art. 2948, n. 4, c.p.c., <<per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere
che la Corte abbia ritenuto fondata l’eccezione anche nei confronti del S.,
perché la prescrizione non poteva decorrere in costanza di rapporto non
garantito da stabilità reale>>; 3) in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso
esame di un fatto decisivo riguardante la data di cessazione del rapporto di
lavoro con il S., per avere la Corte di merito condannato il S. a corrispondere
alla ricorrente le differenze retributive maturate sino al febbraio 2006 e non
anche quelle maturate successivamente, sino al 26.2.2007 – data dalla stessa
indicata, nei conteggi alternativi depositati a seguito dell’ordinanza del
23.6.2014, come quella di risoluzione del rapporto -, sul rilievo che la
ricorrente, nel ricorso introduttivo del giudizio, nulla avesse dedotto in
ordine alla cessazione del rapporto; mentre, dalle stesse allegazioni del
convenuto (del tutto conformi a quanto emerge dal conteggio depositato dalla
lavoratrice in appello) risulta che il rapporto di lavoro con il S. si fosse
risolto solo il 26.2.2007; 4) in riferimento all’art.
360, primo comma, n. 4, c.p.c., la <<nullità della sentenza per avere
la Corte d’Appello, in violazione del giudicato interno (ex art. 324 c.p.c.) formatosi sul capo di sentenza
del Tribunale di condanna di tutti i convenuti al risarcimento dei danni per
omesso versamento contributivo, riformato (per quanto sembra emergere dal
dispositivo) sul punto tale sentenza>>; 5) in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la
<<nullità della sentenza per avere, in violazione degli artt. 132, 2° comma, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111,
comma 6, Cost., rigettato, senza dare (assolutamente) alcuna motivazione,
la domanda proposta nei confronti del S. di pagamento delle differenze di
retribuzione relative al periodo dall’1.7.1999 al 6.12.1999>>;

che il primo motivo del ricorso principale non è
meritevole di accoglimento, in quanto – anche a prescindere dal mancato
rispetto del canone della specificità del motivo: tecnica di redazione del
ricorso, in più occasioni, stigmatizzata dalla giurisprudenza di legittimità
(Cass., S.U., nn. 17931/2013, 26242/2014) – deve rilevarsi che i giudici di
seconda istanza (v. pag. 3 della sentenza impugnata) hanno motivatamente
rigettato l’eccezione di nullità del ricorso, avendo condivisibilmente reputato
che la mancata allegazione del CCNL di categoria, unitamente all’atto
introduttivo del giudizio di primo grado, non pregiudicasse il diritto di difesa
della parte datoriale, non avendone quest’ultima contestato l’esistenza o il
contenuto, né, tanto meno, l’effettiva applicazione dello stesso al rapporto di
cui si tratta; pertanto, correttamente, ne hanno ritenuto l’ammissibilità
dell’acquisizione, in corso di causa, ai sensi dell’art.
421 del codice di rito. Ed infatti, alla stregua dei consolidati arresti
giurisprudenziali della Corte di legittimità (v., ex plurimis, Cass., SS.UU. n.
11353/2004; Cass. nn. 13694/2014; 6205/2010; 17102/2009), con la predetta norma
si è inteso affermare che costituisce caratteristica precipua del rito del
lavoro il contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca
della verità materiale, cosicché, allorquando le risultanze di causa offrano
già significativi dati di indagine (come nel caso di specie, in cui tutti i
dati rilevanti a sostegno della domanda erano stati allegati al ricorso), il
giudice, ove reputi insufficienti le prove già acquisite, non può limitarsi a
fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata
sull’onere della prova (v., ancora, Cass. SS.UU. n. 11353/2004, cit.), ma ha il
potere-dovere di provvedere d’ufficio agli atti di istruzione la cui esigenza
nasca da quanto già ritualmente acquisito; atti istruttori idonei a superare lo
stato di incertezza dei fatti costitutivi dei diritti di cui si verte; che
neppure il secondo motivo può essere accolto; al riguardo, valgano le
considerazioni innanzi svolte, con la precisazione che la Corte di merito ha
disposto, all’esito delle emersioni probatorie derivanti dall’istruttoria
espletata, con ordinanza del 23.6.2014, che la lavoratrice depositasse
<<i conteggi alternativi sulla base del IV livello Super>>,
assegnando, a tal fine, termine sino al 30.9.2014. Peraltro, in violazione del
principio di specificità (arg. ex art. 366, primo
comma, n. 6, c.p.c.), il ricorrente ha omesso di allegare o di trascrivere
i conteggi oggetto di censura e le critiche svolte in sede di gravame in ordine
agli stessi; che, per quanto, infine, attiene alla valutazione degli elementi
probatori, posto che la stessa è attività istituzionalmente riservata al
giudice di merito, non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della
congruità della motivazione del relativo apprezzamento (nella fattispecie,
peraltro, congrua, condivisibile e scevra da vizi logici), alla luce del
consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte, qualora il
ricorrente denunci, in sede di legittimità, l’omessa o errata valutazione di
prove testimoniali o documentali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo
integrale nel ricorso per cassazione, ma anche di specificare i punti ritenuti
decisivi al fine di consentire il vaglio di decisività che avrebbe
eventualmente dovuto condurre il giudice ad una diversa pronunzia, con
l’attribuzione di una diversa valutazione alle dichiarazioni testimoniali o ai
documenti relativamente ai quali si denunzia il vizio (cfr., ex multis, Cass.
nn. 17611/2018; 13054/2014; 6023/2009); la
qual cosa non è avvenuta nella fattispecie e, dunque, la censura si risolve in
una richiesta di riesame di elementi di fatto e di verifica dell’esistenza di
fatti decisivi sui quali vi sarebbe stata una omessa valutazione da parte dei
giudici di seconda istanza (cfr. Cass. nn. 24958/2016; 4056/2009), finalizzata
ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed
alle finalità del giudizio di cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014);

che il primo, il secondo ed il quinto motivo del
ricorso incidentale, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione, non
sono fondati: relativamente al primo motivo, non è dato comprendere in quale
punto vi sia il denunciato contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione,
posto che, correttamente, la Corte di merito ha ritenuto che i crediti azionati
nei confronti del B. e del R. fossero prescritti, in quanto, dalle risultanze
istruttorie e <<dall’effettività della cessazione dell’attività
lavorativa cumulativamente>> prestata <<in favore dei tre
professionisti>> e, dunque, dell’associazione professionale, <<a
metà 1999 (30.6.1999) da parte della ricorrente>>, è emerso che la stessa
ha continuato a lavorare successivamente alle dipendenze del solo S. e,
pertanto, col 6 dicembre 2004, data della messa in mora, era già decorso il
termine quinquennale di prescrizione dalla cessazione del rapporto di lavoro
per quanto attiene alle pretese creditorie vantate nei confronti del R. e del
B.>>; e tale disamina consente di superare altresì la censura sollevata
con il secondo motivo, peraltro in modo perplesso (<<Per il caso in cui
si volesse ipotizzare che la Corte d’Appello abbia ritenuto fondata l’eccezione
di prescrizione anche nei confronti del S.>>), sul presupposto che la
prescrizione non decorresse in pendenza del rapporto di lavoro; nonché le
doglianze articolate con il quinto motivo;

che il terzo motivo è fondato, poiché la Corte di
Appello ha condannato il S. a corrispondere alla B. soltanto le differenze
retributive maturate sino al febbraio 2006, senza considerare quelle maturate
successivamente, sino al 26.2.2007 – data alla quale, per pacifica ammissione
di entrambe le parti, il rapporto di lavoro si è risolto -, motivando tale
esclusione col fatto che la ricorrente non avesse indicato <<la data
finale del rapporto>>, che dovesse, dunque, ritenersi risolto nel
febbraio 2006. Tale ricostruzione operata dai giudici di secondo grado non
tiene conto del fatto che la data del 26.2.2007 risultasse sia dalla memoria di
primo grado del S. che nell’atto di gravame, trascritti, relativamente a tale
punto, alle pagg. 15 e 16 del ricorso incidentale;

che il quarto motivo è inammissibile per violazione
dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., per
mancata trascrizione del capo della sentenza sul quale si sarebbe formato il
<<giudicato interno>> (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013); per la qual cosa, questa Corte non è
stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità della doglianza svolta
dal ricorrente;

che per tutto quanto esposto, la sentenza va
cassata, in relazione al terzo motivo del ricorso incidentale – rigettati il
primo, il secondo ed il quinto motivo e dichiarato inammissibile il quarto -,
con rinvio della causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione,
che provvederà conformemente a quanto innanzi specificato, statuendo, altresì,
sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità; che il ricorso
principale va respinto;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla
data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R.
n. 115 del 2002 per il ricorrente principale, secondo quanto specificato in
dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale;
rigettati il primo, il secondo ed il quinto; dichiarato inammissibile il quarto
e rigetta il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione,
anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 – bis dello
stesso articolo 13, se dovuto.

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