Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 maggio 2021, n. 11553
Rapporto di lavoro, Inquadramento, Mobilità volontaria o
concordata tra pubbliche amministrazioni
Rilevato che
1. Con sentenza in data 7 ottobre 2015 nr. 226 la
Corte d’Appello di Lecce- sezione distaccata di Taranto confermava la sentenza
del Tribunale di Taranto nella parte in cui aveva accolto la domanda di I.C. –
già dipendente dell’ENTE P.I., passata per mobilità all’INPDAP (poi INPS ex art. 21 DL 201/2011) – ed
accertato il suo diritto all’inquadramento presso l’ente di destinazione
nell’Area B, posizione B1 (invece che nell’area A, posizione A2); riformava la
sentenza di primo grado nella parte in cui aveva fatto decorrere il diritto
dall’1 aprile 2000, anticipando il riconoscimento all’1 giugno 1999, data del
trasferimento presso l’INPDAP.
2. La Corte territoriale accoglieva l’appello
principale della lavoratrice; rigettava l’appello incidentale dell’INPS,
osservando che esattamente il Tribunale, all’esito della comparazione tra le
mansioni in concreto svolte dalla C. e le declaratorie professionali del CCNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI aveva ritenuto le
stesse riconducibili all’inquadramento superiore rivendicato.
3. Come chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema
Corte e dalla giurisprudenza successiva (Cass.
sentenza nr. 5974/2013), non era invece vincolante il DPCM 1 luglio 1998, emanato per regolare la
mobilità del personale dalle P.I. all’INPDAP.
4. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza l’INPS, articolato in due motivi, cui ha resistito con controricorso
I.C.
5. L’INPS ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo l’INPS ha dedotto – ai sensi
dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ. – nullità
della sentenza e del procedimento per violazione dell’articolo 111, comma 2 Cost., in combinato disposto
con l’art. 6 CEDU.
2. Ha esposto che nel ricorso in appello la C. aveva
dichiarato che per mero errore di collazione nella copia del ricorso
introduttivo depositata in cancelleria era indicata come data dell’
inquadramento contestato l’1 aprile 2000 invece che l’1.6.1999.
3. Ha lamentato la violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., evidenziando che nel
giudizio di appello non sono ammesse né domande nuove né modifiche della
domanda originaria e che tale divieto ha carattere assoluto ed inderogabile.
4.Il motivo è inammissibile.
5. Invero anche il potere di questa Corte di accesso
agli atti per la verifica del fatto processuale è condizionato al previo
assolvimento dell’onere di parte ricorrente di specificare le ragioni di
impugnazione, a norma dell’articolo 366 nr. 6 cod.
proc.civ., onere nella specie non assolto.
6. Non sono riportate nell’attuale ricorso, nel
rispetto del principio di specificità, le allegazioni dell’atto introduttivo
del giudizio depositato dalla C. e dell’atto di appello, nella parte relativa
alla decorrenza della domanda, tanto di accertamento che di condanna.
7. Questa Corte non è in grado pertanto di valutare
se effettivamente vi sia stata una modifica non consentita della domanda
originaria – come denunciato in questa sede – o, piuttosto, se la Corte
territoriale abbia implicitamente autorizzato la correzione di un errore
materiale risultante dallo stesso atto introduttivo del giudizio.
8. Con la seconda censura si deduce – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.- violazione e/o
falsa applicazione:
– degli articoli 1362 e
segg. cod.civ. – anche con riferimento al DPCM
1 luglio 1998, alla L. 797/1981, al CCNL P.
1994/1997, al DPR 285/1988, al DPR nr. 285/1988 al CCNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1998/2001 ed al
CCNI 1999/2001;
– dell’articolo 52 D.Lgs. nr.
165/2001
– dell’articolo 111,
comma 7, Cost. in combinato disposto con l’articolo 6 CEDU.
9. L’INPS ha esposto che l’inquadramento del
personale trasferito dall’ ex- ENTE P. era stato effettuato sulla base della
equiparazione indicata nel DPCM 1 luglio 1998 e
che dalla normativa applicabile risultava il potere del Dipartimento della
Funzione Pubblica di emettere il decreto di trasferimento, con indicazione
dell’inquadramento.
10. Ha in ogni caso assunto che il DPCM esprimeva la
corretta comparazione tra i due inquadramenti di provenienza e di destinazione
e che non rilevavano a tal fine le mansioni svolte di fatto. Alla IV categoria,
rivestita dalla C. presso l’ENTE P. ex lege nr. 797/1981, corrispondeva la IV
qualifica funzionale del DPR 285/1988 (poi AREA A, posizione A2 CNNL ENTI
PUBBLICI NON ECONOMICI) e non con la V qualifica funzionale (poi area B,
posizione B1).
11. Il motivo è fondato.
12. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. civ., SU
12 gennaio 2011 nr. 503; Cass. civ. sez. un., 21 giugno 2012, n.10291) hanno
già chiarito che:
– la L.
n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, prevedendo l’applicabilità delle
disposizioni sulla mobilità volontaria o concordata tra pubbliche
amministrazioni al personale dell’Ente P.I. – ente pubblico economico, in
quanto tale equiparato ai datori di lavoro privati – in posizione di comando o
fuori ruolo presso pubbliche amministrazioni, ha inteso valorizzare la
precedente posizione dei lavoratori postali, già dipendenti di una pubblica
amministrazione, configurando una sorta di ultrattività transitoria di tale
posizione;
– il decreto del Presidente del Consiglio
(subentrato nell’esercizio di una funzione che il D.L. n. 163 del 1995, art. 4,
comma 2 attribuiva per il trasferimento del dipendente pubblico al Ministro
della funzione pubblica) che dava attuazione alla mobilità (cd. volontaria) tra
pubbliche amministrazioni aveva il solo potere di determinare il trasferimento
del lavoratore e non anche quello di determinare la concreta disciplina del rapporto
di lavoro;
– l’amministrazione datrice di lavoro, trattandosi
di un fenomeno di modificazione soggettiva del rapporto di lavoro assimilabile
alle ipotesi di cessione del contratto, era tenuta a procedere
all’inquadramento del lavoratore sulla base della posizione da questi posseduta
nell’ambito della precedente fase del rapporto, individuando quella ad essa
maggiormente corrispondente nel proprio ordinamento;
– risulta, dunque, giuridicamente giustificata la
verifica della correttezza dell’inquadramento riconosciuto dall’INPDAP;
– data la particolarità della vicenda, relativa al
trasferimento di lavoratori ormai formalmente alle dipendenze di un ente
pubblico economico ad una pubblica amministrazione (cioè di un soggetto alle
cui dipendenze si accede normalmente per concorso e che fruisce di una
disciplina dei rapporti di lavoro influenzata da elementi pubblicistici)
occorre fare riferimento all’inquadramento rivestito nell’ambito
dell’ordinamento pubblicistico dai dipendenti postali, basato su otto qualifiche
funzionali, benché soppresso dal CCNL 26 novembre
1994 (il primo dopo la trasformazione dell’Amministrazione postale in ente
pubblico economico).
– tale criterio trova ulteriore giustificazione
nella maggiore omogeneità tra i criteri di inquadramento in vigore nell’ambito
delle due amministrazioni pubbliche e nella minore idoneità specificativa delle
meno numerose aree di inquadramento introdotte dalla contrattazione collettiva
dopo la privatizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti postali.
– ai fini dell’inquadramento, nell’ambito dei
rapporti con le pubbliche amministrazioni, rileva solo, anche dopo la loro
relativa privatizzazione, quanto risulta dai riconoscimenti formali.
13. Sulla base di questi principi, ai quali ha dato
continuità la giurisprudenza successiva ( ex plurimis: Cass. 2 gennaio 2017 numero 1 e numero 3; Cass. 17 febbraio 2016 numero 3064; Cass. 11 giugno 2018 nr. 15091; Cass. 26 luglio
2019 nr. 20361), in definitiva, la questione all’esame deve essere risolta
sulla base della comparazione degli inquadramenti disposti: per i dipendenti
dell’amministrazione postale, dalla L. 22 dicembre 1981, n. 797, art. 3 ; per i
dipendenti degli enti pubblici non economici, dal D.P.R. 1 marzo 1988, n. 285.
14. Nella specie, la C. era inquadrata, per quanto
pacifico tra le parti, nella IV categoria dell’Ente P., così identificata dalla
legge nr. 797/1981, art. 3:
«Categoria IV: Attività amministrative o tecniche
con conoscenze specialistiche e responsabilità personali.
Attività amministrativo-contabili, tecniche o
tecnico-manuali che presuppongono specifica preparazione professionale nel
ramo, con capacità di utilizzazione di mezzi o strumenti complessi o di dati
nell’ambito di procedure predeterminate. Le prestazioni sono caratterizzate da
margini valutativi nella esecuzione».
15. La superiore categoria V era invece così
definita:
« Categoria V: Attività con conoscenze
specialistiche e responsabilità di gruppo.
Attività amministrative, contabili e tecniche
richiedenti qualificata preparazione tecnico-professionale e conoscenza della
tecnologia del lavoro o perizia nella esecuzione, espletata con autonomia di disimpegno
nei limiti delle norme regolamentari.
Possono comportare responsabilità di guida e di
controllo tecnico-pratico di altri lavoratori a minor contenuto professionale
organizzati in gruppi formali o in piccole unità operative.»
16. In sostanza, entrambe le categorie prevedono
attività amministrative, contabili e tecniche ma soltanto nella V categoria si
rinviene una «qualificata preparazione tecnico professionale» e l’espletamento
della attività con «autonomia di disimpegno». La IV categoria, in cui la C. era
inquadrata, è connotata, invece, da «specifica preparazione professionale nel
ramo» e prestazioni caratterizzate da «margini valutativi nella esecuzione». Vi
è dunque una preparazione più limitata per qualità (specifica invece che
qualificata) e contenuto ( nel ramo) ed una autonomia esecutiva ridotta (entro
margini di valutazione, senza autonomia di disimpegno).
15. L’inquadramento riconosciuto dall’INPDAP – Area
A posizione A2- è quello derivante (secondo la trasposizione effettuata dal CCNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1998/2001 ) dalla
IV qualifica funzionale ex DPR 285/1998, così definita:
«QUALIFICA FUNZIONALE IV
Attività amministrative, contabili, tecniche e
tecnico manuali di carattere esecutivo che per loro natura non comportano
particolari valutazioni di merito e che presuppongono conoscenze specifiche o
qualificazione professionale di mestiere.
Impiego di mezzi, automezzi, strumenti e arnesi di
lavoro anche complessi ma di uso semplice.
Manutenzione ordinaria delle attrezzature in uso e
piccola manutenzione degli impianti».
16. Dalla comparazione emerge la piena
sovrapponibilità con la categoria di provenienza (IV categoria Ente P.) sia per
autonomia, che in entrambi i casi non comporta particolari valutazioni di
merito, che per preparazione (conoscenze specifiche o qualificazione
professionale di mestiere).
17. Invece nella V qualifica funzionale ex DPR
285/1988 ( poi area B, posizione B1), domandata dalla lavoratrice e
riconosciuta dal giudice dell’appello, sono previste attività amministrative,
contabili, tecniche o tecnico-manuali egualmente di carattere esecutivo che,
tuttavia, richiedono «conoscenze specialistiche, preparazione specializzata,
conoscenze tecnologiche, perizia nell’esecuzione, ovvero interpretazione di
disegni o grafici e relative elaborazioni. Utilizzo di arnesi di lavoro ed
apparecchiature di tipo complesso il cui impiego, nei casi concreti, richiede
dirette valutazioni di merito. Manutenzione ordinaria e straordinaria delle
attrezzature in uso nonché manutenzione ordinaria degli impianti».
18. La definizione della V qualifica funzionale
appare dunque sovrapponibile alla V categoria dell’ordinamento delle P.-
richiedente «qualificata preparazione tecnico-professionale e conoscenza della
tecnologia del lavoro o perizia nella esecuzione»- categoria superiore a quella
in cui la C. era inquadrata. Così come sono previste nella V qualifica
funzionale degli enti pubblici «dirette valutazioni di merito» non pertinenti
alla IV categoria dell’amministrazione postale, caratterizzata da «margini
valutativi nella esecuzione».
19. Del resto le Sezioni Unite di questa Corte nella
sentenza nr. 10291/2012 hanno già ritenuto che il superiore inquadramento
richiesto dalla C. spettava a coloro che provenivano dalla 5^ categoria
dell’Ente P.I. (mentre la C. apparteneva alla inferiore categoria 4^),
conclusione successivamente confermata da Cass.
sez. lav. 17 febbraio 2016 nr. 3064 e 26 luglio 2019 nr. 20361.
20. La sentenza impugnata deve essere
conclusivamente cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso,
enunciandosi il seguente principio di diritto: «La categoria IV dell’ex
amministrazione delle P. di cui alla legge 22 dicembre 1981 nr. 797, articolo 3
corrisponde alla IV qualifica funzionale di cui al DPR 1 marzo 1988 nr. 285 per
gli enti pubblici non economici, poi area A, posizione A2».
21. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384,
comma 2, cod.proc.civ., con il rigetto dell’originaria domanda.
22. Le spese dei gradi di merito si compensano tra
le parti, in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di
legittimità sul tema in discussione. Le spese del giudizio di cassazione,
liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria. Compensa le spese dei
gradi di merito. Condanna la parte controricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità, che liquida in € 200 per spese ed € 5.000 per
compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.