Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 aprile 2021, n. 11068

Cartelle esattoriali, Annullamento delle iscrizioni a ruolo,
Maturazione della prescrizione dei crediti dopo la notifica delle cartelle

 

Rilevato che

 

la Corte di appello di Catania, in riforma della
sentenza impugnata che aveva reputato infondata l’eccezione di prescrizione dei
contributi portati da alcune cartelle esattoriali opposte da F.A., annullava le
iscrizioni a ruolo relative alle cartelle n. 2932004001743468 e n. 29320060129233802,
in ragione dell’accertata maturazione della prescrizione dei crediti dopo la
notifica delle cartelle medesime, dichiarava che nessuna somma era dovuta in
relazione alla cartella n. 29320060005084458 e compensava per un terzo le spese
processuali di entrambi i gradi, ponendo a carico degli appellati le spese
residue;

la Corte territoriale riteneva fondata l’eccezione
di giudicato formulata in relazione all’ultima cartella menzionata, già oggetto
di decisione di annullamento passata in giudicato, e accoglieva i rilievi
attinenti alla notifica delle intimazioni relative alle prime due cartelle,
assunte quali atti interruttivi, in ragione della mancata produzione delle
suddette intimazioni e dell’assenza di dati riferibili alle cartelle medesime
negli avvisi di ricevimento prodotti, sicché, in difetto di prova dell’esatto
contenuto dei plichi, il presupposto dell’avvenuta notifica degli atti
interruttivi non poteva considerarsi raggiunto;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione
R.S. s.p.a. sulla base di tre motivi;

F.A. resiste con controricorso, illustrato con
memoria, mentre l’Inps ha prodotto procura in calce al ricorso notificato;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata
alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio non partecipata;

con il primo motivo la ricorrente deduce violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 414 n. 4 e 5
c.p.c. e dell’art. 420 I c. c.p.c. in
relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per
avere la Corte ritenuto ammissibile la produzione della sentenza del Tribunale
di Catania, sulla quale si fonda l’eccezione di giudicato, all’udienza di
comparizione e, quindi, fuori termine, senza che il ricorrente abbia dato prova
dell’esistenza di gravi motivi e senza autorizzazione del giudice;

con il secondo motivo deduce violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 416 III c. c.p.c., per avere la Corte
ritenuto non provata la notificazione delle intimazioni di pagamento
interruttive della prescrizione, in relazione alle prodromiche cartelle di
pagamento;

con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., in ragione della subita condanna
al pagamento dei due terzi delle spese di entrambi i gradi di giudizio;

il primo motivo è manifestamente infondato in base
al principio secondo cui “nel rito del lavoro, il giudice d’appello,
nell’esercizio dei suoi poteri istruttori d’ufficio, in applicazione del
precetto di cui all’art. 437, comma 2, c.p.c.,
deve acquisire e valutare i documenti esibiti nel corso del giudizio
dall’appellato, sia pure non in contestualità con il deposito della memoria di
costituzione, allorquando detti documenti siano indispensabili, perché idonei a
decidere in maniera definitiva la questione controversa tra le parti sulla
ammissibilità del gravame. (Nella specie, la S.C., cassando con rinvio la
sentenza di appello, ha ritenuto ammissibile la produzione dell’originale
integrale della sentenza impugnata da parte del lavoratore appellato, dopo che lo
stesso aveva prodotto solo una copia parziale e ciò al fine della verifica
dell’ammissibilità dell’appello)” (Cass.
11994 del 16/05/2018);

nel caso in disamina l’indispensabilità del
documento ai fini della decisione è intrinseca allo stesso accoglimento
dell’eccezione di giudicato;

il secondo motivo è inammissibile, perché, sub
specie violazione di legge, si viene a sindacare il ragionamento del giudice
del merito riguardo alla non riferibilità delle notificazioni alle allegate
intimazioni (Cass. n. 8758 del 04/04/2017, SU
34476 del 27/12/2019);

il terzo motivo è manifestamente infondato, perché
la statuizione è rispettosa del criterio della soccombenza (si veda Cass. 19613
del 4/8/2017: “In tema di condanna alle spese processuali, il principio
della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente
vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al
pagamento delle stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il
sindacato della Corte di Cassazione è pertanto limitato ad accertare che non
risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste
a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato
e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione
dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto
nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’Ipotesi di concorso con
altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i
limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti”);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va
rigettato e le spese sono liquidate secondo soccombenza nei confronti di F.A.,
con distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario, mentre
nessun provvedimento in ordine alle spese va disposto in favore dell’Inps, in
mancanza di attività difensiva da parte sua;

in considerazione della statuizione, sussistono i
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 1985,00, di cui € 200,00
per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, con distrazione
in favore del procuratore anticipatario di F.A..

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R.
n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

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