Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 maggio 2021, n. 12546

Tributi, IRPEF, Lavoratori marittimi, Indennità di malattia
ex IPSEMA, Ritenute alla fonte, Legittimità

 

Rilevato

 

Che il contribuente T.F. propone ricorso per
cassazione nei confronti di una sentenza CTR Puglia, di rigetto dell’appello
proposto avverso una sentenza CTP Bari, che aveva respinto il suo ricorso
avverso il silenzio rifiuto serbato dall’ufficio in ordine ad una sua istanza
di rimborso somme da lui versate per ritenute alla fonte IRPEF e relative
addizionali, effettuate dall’ex IPSEMA, oggi INAIL, sulle indennità per
malattia corrispostegli per il 2009, 2010, 2011 e 2012;

 

Considerato

 

che il ricorso è affidato a quattro motivi:

che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente
lamenta violazione e falsa applicazione artt. 25
Costituzione, 158 e 276 cod. proc. civ., 35 d.lgs. n. 546 del 1992 e 114 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., nonché
nullità della sentenza e del procedimento ex art.
360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ., in quanto i collegi giudicanti erano
soggetti al principio della immutabilità, nel senso che i giudici della
decisione dovevano essere gli stessi che avevano assistito alla discussione,
secondo i canoni del giusto processo, di cui all’art.
111 della Costituzione; nella specie il principio di immutabilità del
collegio era stato violato, in quanto la decisione della CTR era stata assunta
da un collegio diverso da quello innanzi al quale si era svolta la discussione,
atteso che, alla stregua dell’ordine del giorno della CTR della Puglia, sezione
4^ alle ore 10,30 del 30 maggio 2018, il collegio era composto dal Presidente,
dr. D.B., e dai giudici d.ri G. e D.C., mentre dalla intestazione della
sentenza emessa dalla CTR emergeva una diversa composizione del collegio,
recando il nome di un giudice (dr. D.G.) che non era stato presente al momento
della discussione;

che, con il secondo motivo di ricorso, il
contribuente lamenta violazione e falsa applicazione artt. 10 ed 11 comma 2 del d.lgs. n. 546 del
1992, 17 comma 1 bis
del d.lgs. n. 165 del 2001 e 4 bis comma 2
della legge n. 125 del 2015, in relazione all’art.
360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., in quanto l’atto di costituzione
dell’ufficio e le controdeduzioni sarebbero state sottoscritte da soggetto
privo della rappresentanza legale dell’ufficio periferico, essendo stati tali
atti sottoscritti con le parole “il capo dell’ufficio legale M.S.”,
con la specificazione “su delega del direttore provinciale”; la formula
usata non dava la certezza che il sottoscrittore dell’atto fosse legittimato ad
agire con la delega di firma del direttore provinciale, in carenza del
documenti attestanti l’esistenza della delega di firma conferita al delegato da
parte del capo ufficio nel rispetto dei criteri oggettivi e trasparenti, di cui
all’art. 4 bis comma 2 della
legge n. 125 del 2015 e con i requisiti di cui all’art. 17 comma 1 bis del d.lgs.
n. 165 del 2001, quali: le ragioni della delega di firma; il termine di
validità; l’importo minimo e massimo delle controversie ed il nominativo del
soggetto delegato; nella specie, al contrario, non sussisteva alcuna delega di
firma con riferimento alla sottoscrizione della costituzione in giudizio e
delle relative controdeduzioni; e detta delega scritta doveva sussistere al
momento della redazione delle controdeduzioni, nel termine di cui all’art. 32 comma 1 del d.lgs. n. 546
del 1992, con conseguente inefficacia giuridica esterna degli atti, siccome
inseriti nel fascicolo il 5 agosto 2016;

che, con il terzo motivo di ricorso, il contribuente
lamenta violazione e falsa applicazione art. 24 comma 2 del r.d.l. n. 1918 del
1937, convertito con modificazioni nella legge
n. 831 del 1938, in relazione all’art. 360
comma primo n. 3 cod. proc. civ., in quanto la norma da ultimo citata
riconosceva ai lavoratori marittimi, al cui novero egli apparteneva, in caso di
malattia, oltre all’assistenza medico-chirurgica gratuita, anche un’indennità
giornaliera pari al 75% del salario effettivamente goduto dall’assicurato alla
data dell’annotazione di sbarco sul ruolo fino alla guarigione clinica; e l’art. 24 comma 2 del medesimo testo
di legge esentava dette indennità dall’imposta di ricchezza mobile; secondo la
CTR detta esenzione era da ritenere abrogata fin dal 1 gennaio 1974, per
effetto dell’abrogazione dell’imposta di ricchezza mobile disposta dall’art. 82 del d.P.R. n. 597 del 1973;
e la successiva esclusione, dal novero dei provvedimenti soppressi, di quelli
contenuti nel citato r.d.l. n. 1918 del 1937,
era da ritenere riferita solo alle norme del citato r.d.l. vigenti al dicembre
2008, e non certo alla norma di cui all’art. 24 comma 2, essendo stata
quest’ultima norma già espressamente abrogata fin dal gennaio 1974; al
contrario la ricchezza mobile e l’imposta IRPEF erano imposte identiche e la legge delega n. 246 del 2005 si era limitata a
delegare il governo ad individuare le disposizioni legislative pubblicate prima
del 1 gennaio 1970 da ritenere ancora in vigore ed ad abrogare quelle ritenute
implicitamente o tacitamente tali; inoltre la circostanza che la disciplina
dell’assicurazione contro le malattie della gente di mare, di cui alla legge n. 831 del 1938, inclusa dal d.l. n. 200 del 2008 nell’elenco di quelle
oggetto di abrogazione e successivamente espunta da tale elenco con la legge di conversione n. 9 del 2009, significava
che la disposizione agevolativa fosse stata reintrodotta nel nostro
ordinamento; inoltre l’indennità di malattia in esame non poteva essere
considerata come reddito da lavoro dipendente, assoggettabile all’IRPEF, avendo
essa natura risarcitoria, siccome corrisposta in via eventuale od occasionale,
in presenza di un’invalidità temporanea assoluta, tale da impedire la
prestazione lavorativa; pertanto la sua liquidazione non era collegabile al
rapporto di lavoro dipendente; che, con il quarto motivo di ricorso, il
contribuente lamenta violazione art. 112 cod. proc.
civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4
cod. proc. civ., per non avere la CTR preso in esame un fatto decisivo, che
aveva formato oggetto di discussione fra le parti; invero una legge di
abrogazione generale non poteva abrogare una legge speciale anteriore, a meno
che non fosse chiara la volontà del legislatore di abrogare quest’ultima; e la
norma di cui all’art. 24 comma 2 del r.d.l. n. 1918
del 1937 era una norma speciale, destinata a sopravvivere anche
all’abolizione dell’imposta di ricchezza mobile ed alla contemporanea entrata
in vigore dell’IRPEF; e la CTR non aveva preso in esame tale sua doglianza,
concernente la mancata applicazione di detto principio di diritto; che
l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso; che il primo motivo
di ricorso è manifestamente infondato: invero questa Corte ha acquisito il
fascicolo di merito ed ha esaminato il processo verbale della pubblica udienza
tenutasi innanzi alla CTR Puglia il 30 maggio 2018 per discutere l’appello proposto
da T.F. avverso la sentenza della CTP DI Bari n. 2849/11/2015; e da tale
processo verbale emerge che il collegio era composto dal dr. D.B. G., quale
presidente e dai d.ri D.C. C. e D.L. quali componenti; ed è la medesima
compagine che risulta dall’intestazione dell’impugnata sentenza della CTR della
Puglia; non sussiste pertanto la lamentata differenza fra i nominativi dei
giudici che hanno partecipato alla discussione del ricorso ed i nominativi dei
giudici, che hanno emesso la sentenza impugnata;

che il secondo motivo di ricorso è infondato, atteso
che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 11013
del 2019; Cass. n. 8814 del 2019), nel caso di
delega di firma, conferita, nella specie, dal titolare dell’ufficio al
dipendente che ha sottoscritto l’atto di costituzione in giudizio e le
controdeduzioni, quest’ultimo non esercita alcun potere o competenza riservata
al delegante, in quanto la delega rientra nell’ambito dei poteri di ordine,
direzione, coordinamento e controllo che competono al dirigente preposto
all’ufficio, si che, in caso di contestazione della sottoscrizione dell’atto di
costituzione in giudizio, non è richiesta alcuna indicazione nominativa della
delega, ovvero la relativa determinazione temporale, apparendo conforme alle
esigenze di buon andamento e di legalità della pubblica amministrazione
ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna di un ufficio,
l’attuazione della delega di firma può ben avvenire attraverso la mera
emanazione di ordini di servizio, che hanno essi stessi valore di delega e con
i quali il soggetto delegato ben può essere individuato attraverso
l’indicazione della qualifica rivestita, che consente la successiva agevole
verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore ed il soggetto destinatario
della delega medesima;

che anche il terzo motivo di ricorso è infondato,
atteso che la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass.
n. 18022 del 2016; Cass. n. 22781 del 2017)
è ferma nel ritenere che, in materia d’imposta sui redditi, con l’abrogazione
dell’imposta di ricchezza mobile, disposta dall’art. 82 del d.P.R. n. 597 del
1973, è venuta meno l’esenzione dall’imposta di ricchezza mobile
dell’indennità per inabilità temporanea assoluta al lavoro corrisposta alla
“gente di mare”, esenzione prevista dall’art. 24 comma 2 del r.d.l. n. 1918 del
1937 sopra citato; e detta indennità è soggetta a tassazione IRPEF, in
quanto strettamente ed indissolubilmente collegata al rapporto di lavoro, si da
essere necessariamente ricompresa nella fattispecie di cui all’art. 6 comma 2 del d.P.R. n. 917 del
1986;

che il quarto motivo di ricorso, da ritenere più
esattamente formulato come violazione art. 360
comma 1 n. 5 cod. proc. civ.. è inammissibile, atteso che, secondo la
giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. SS.UU.
n. 8053 del 2014), l’art. 54
del d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, che ha aggiunto l’art. 348 ter al cod. proc. civ., si applica anche
ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pronunciate dalle CTR; a
tali ultimi ricorsi è, in particolare, applicabile l’ultimo comma del citato art. 348 ter cod. proc. civ., secondo il quale la
proponibilità del ricorso per cassazione è ammessa esclusivamente per i motivi
di cui ai n.ri 1), 2), 3) e 4) dell’art. 360 comma
1 cod. proc. civ., qualora l’impugnazione sia proposta avverso una sentenza
di appello che confermi la decisione di primo grado per le medesime ragioni e
per le medesime questioni di fatto poste a base della decisione appellata;

che, nella specie in esame, sia la CTP di Bari, sia
la CTR della Puglia hanno concordemente ritenuto che la norma agevolativa
contenuta nell’art. 24 comma 2 del
r.d.l. n. 1918 del 1937, secondo cui era esente dall’imposta di ricchezza
mobile l’indennità per inabilità temporanea assoluta al lavoro corrisposta alla
“gente di mare”, fosse da ritenere abrogata per effetto
dell’abrogazione dell’imposta di ricchezza mobile, disposta dall’art. 82 del d.P.R. n. 597 del
1973;

che, pertanto, il ricorso in esame va respinto, con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate come
in dispositivo;

che, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte del contribuente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma
del comma 1-bis dello stesso
articolo 13, se dovuto;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali, quantificate in complessivi € 5.000,00, oltre
agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte del contribuente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma
del comma 1-bis dello stesso
articolo 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 maggio 2021, n. 12546
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