La sospensione del procedimento disciplinare a carico di un avvocato per fatti oggetto di un processo penale, in attesa dell’esito di quest’ultimo, non è obbligatoria.

Nota a Cass. S.U. 12 aprile 2021, n. 9547

Giuseppe Catanzaro

A partire dalla legge n. 247/2012, stante l’autonomia del procedimento disciplinare rispetto a quello penale, la sospensione del primo non è più obbligatoria, ma facoltativa quando sia indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale.

Questo il principio espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 12 aprile 2021, n. 9547 in relazione al ricorso di un’avvocatessa incolpata disciplinarmente dal consiglio di disciplina competente per fatti oggetto anche di un processo penale in corso, la quale aveva promosso un giudizio per impugnare la sanzione disciplinare applicatale, sostenendo, fra l’altro, che il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere obbligatoriamente sospeso in attesa dell’esito del processo penale.

Come rileva la Corte, in base alla L. n. 247 del 2012 (art. 54), “il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti”. Inoltre (co. 2), “se, agli effetti della decisione, è indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale, il procedimento disciplinare può essere a tale scopo sospeso a tempo determinato. La durata della sospensione non può superare complessivamente i due anni; durante il suo decorso è sospeso il termine di prescrizione”.

La L. n. 247/2012, rispetto ai rapporti fra procedimento disciplinare e processo penale, adotta, quindi, una piena autonomia fra i due procedimenti tanto dal punto di vista procedimentale, quanto rispetto alle valutazioni sottese all’incolpazione disciplinare ed alle imputazioni oggetto del processo penale.

La stessa Cassazione ha affermato il principio dell’autonomia della valutazione disciplinare rispetto a quella effettuata dall’autorità giudiziaria, posto che i medesimi “fatti irrilevanti in sede penale possono, invece, essere idonei a ledere i principi della deontologia professionale e dar luogo, pertanto, a responsabilità disciplinare” (v. Cass. S.U. n. 28176/2020).

La Corte (S.U.) ha precisato che “in tema di giudizio disciplinare nei confronti dei professionisti, in caso di sanzione penale per i medesimi fatti, non può ipotizzarsi la violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo in relazione al principio del “ne bis in idem” – secondo le statuizioni della sentenza della Corte EDU 4 marzo 2014, Grande Stevens ed altri c/o Italia -, in quanto la sanzione disciplinare ha come destinatari gli appartenenti ad un ordine professionale ed è preordinata all’effettivo adempimento dei doveri inerenti al corretto esercizio dei compiti loro assegnati, sicché ad essa non può attribuirsi natura sostanzialmente penale” (v., tra le altre, Cass. S.U.  n.  29878/2018 e Cass. SU. n. 2927/2017).

In questo quadro, rilevano i giudici, la possibile riapertura del procedimento disciplinare, offre “la possibilità di eliminare gli effetti prodotti dalla sanzione disciplinare in caso di esito favorevole all’incolpato del procedimento penale sopravvenuto, ovvero di applicare una sanzione disciplinare prima non irrogata a carico dell’incolpato condannato per fatti nuovi rispetto a quelli già esaminati nel precedente procedimento disciplinare conclusosi con esito favorevole per l’avvocato”.

Procedimento disciplinare e penale a carico di un avvocato
Tag:                                                 
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: