Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 maggio 2021, n. 13204

Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato, Riconoscimento, Indicazione delle fonti di prova

 

Fatti di causa

 

1. Questa Corte con l’ordinanza 5.9.2019 n. 22286 ha
rigettato il ricorso per cassazione proposto da A.M.L. avverso la sentenza
della Corte di Appello di Roma n. 646 del 2016, la quale aveva rigettato la
domanda proposta dalla medesima A. volta al riconoscimento dell’esistenza di un
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la società S. –
Società Generale d’informatica spa.

2. Avverso l’ordinanza di questa Corte A.M.L. ha
proposto ricorso per revocazione, al quale S. – Società Generale d’’Informatica
SPA – ha resistito con tempestivo controricorso, illustrato da successiva
memoria.

 

Motivi della decisione

 

3. La ricorrente domanda la revocazione della
ordinanza di questa Corte n. 22286 del 2019
imputandole:

4. “errore revocatorio sulla presunzione
“juris ed de iure”; assume che la motivazione non “è congrua al
ricorso”, difetta di qualsivoglia riferimento al ricorso o alla sentenza
impugnata, non ha spiegato le ragioni per le quali alcuni motivi de! ricorso
per cassazione erano stati ritenuti inammissibili ed altri, invece, erano stati
ritenuti infondati;

5. “errore revocatorio sull’art. 3 della legge 1369 del 1960”; asserisce
che essa ricorrente, nel ricorso per cassazione, aveva analizzato la sentenza
della Corte territoriale “passo per passo” per evidenziarne la
contraddittorietà, la mancata applicazione della “presunzione juris et de
iure”, la mancata indicazione delle fonti di prova;

6. “errore revocatorio sul primo motivo”;
sostiene che nel primo motivo del ricorso per cassazione le censure non erano
state formulate con riguardo all’art. 360 c. 1 n. 5
cod.proc.civ., ma ai sensi dell’art. 360 c. 1
n. 3 cod.proc.civ. (violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L n. 1369 del 1960 e dell’art. 116 cod.proc.civ.),

7. Il ricorso è inammissibile per la decisiva
ragione che i vizi denunciati sono estranei al perimetro del mezzo impugnatorio
delineato dall’art. 391 bis e dall’art. 395 cod.proc.civ. n. 4.

8. Questa Corte ha più volte affermato, in tema di
revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, che l’errore revocatorio si
individua nell’errore meramente percettivo, risultante in modo
incontrovertibile dagli atti del giudizio di legittimità e tale da aver indotto
il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta
inesistenza (od esistenza) dì un fatto, positivamente acquisito (od escluso)
nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe
determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non nella
pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (tra le molte,
Cass. Sez. Un., 30 ottobre 2008, n. 26022).

9. E’ stato precisato, inoltre, che restano fuori
dall’area del vizio revocatorio: la sindacabilità di errori formatisi sulla
base di un’assunta errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e
risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio
sul piano logico-giuridico, perché siffatto tipo di errore, ove pure in
astratta ipotesi fondato, costituirebbe un errore di giudizio e non un errore
di fatto (Cass. Sez. Un. 24.11.2020 n. 26674, Cass. Sez. Un. Cass. Sez. Un. 10
novembre 2020 n. 25212, Cass. Sez. Un. 27 dicembre 2017, n. 30994, Cass. Sez.
Un. 16 novembre 2016 n. 23306); l’erronea comprensione del contenuto giuridico-
concettuale delle difese (Cass. Sez. Un. 24.11.2020 n. 26674, Cass. 10 novembre
2020 n. 25212, cit,, Cass. 22 marzo 2005, n. 6198) e l’inesatta qualificazione
dei fatti ivi esposti (Cass. Sez. Un. 24.11.2020 n. 26674; Cass. 10 giugno
2009, n. 13367); l’errato apprezzamento dì un motivo di ricorso (Cass. 15
giugno 2017, n. 14937).

10. E’ stato, inoltre, affermato che la pronunzia
del giudice, che si assume erronea., sull’esistenza di uno o più fatti ritenuti
pacifici per difetto di contestazione, costituisce frutto non di un errore
meramente percettivo, ma di un’attività valutativa, nel senso che il giudice
stesso, postasi la questione della mancanza di contestazioni in ordine
all’esistenza di uno o più fatti determinati, l’ha risolta affermativamente
all’esito di un giudizio di per sé incompatibile con l’errore di fatto e non
idoneo, quindi, a costituire motivo di revocazione a norma dell’art. 395 cod.proc.civ., n. 4 (Cass. 31 marzo 2011
n. 7488).

11. Ebbene il ricorso, al di là della sua
titolazione, non denuncia affatto vizi riconducibili all’art. 395, n. 4 cod.proc.civ., ma addebita alla
ordinanza impugnata pretesi vizi motivazionali e l’errato apprezzamento di un
motivo di ricorso, vizi che, per quanto innanzi osservato, sono estranei al
ricorso per revocazione ex art. 395 cod.proc.civ.
n. 4.

12. Conclusivamente, deve essere dichiarata
l’inammissibilita del ricorso.

13. Le spese del giudizio, nella misura liquidata in
dispositivo, seguono la soccombenza.

14. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass.
S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla
legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.

 

P.Q.M.

 

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio, liquidate, Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per
esborsi, oltre 15% per rimborso forfetario spese generali, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

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