Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 giugno 2021, n. 16165

Contratto a termine, Nullità, Sussistenza tra le parti di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, Divieto di assunzione senza concorso

 

Rilevato che

 

1. La Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza
n. 392 del 2015, depositata il 2 ottobre 2015, confermava la sentenza del
Tribunale della stessa sede nella parte in cui aveva dichiarato la nullità del
termine apposto ai due contratti di lavoro stipulati tra G.A. e la società A. spa
– (dal 12 luglio 2008 al 30 novembre 2008 e dall’ 11 marzo 2009 al 30 giugno
2009) – e condannato la società al pagamento della indennità ex articolo 32 legge n. 183/2010;
riformava la sentenza nella parte in cui aveva dichiarato la sussistenza tra le
parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, rigettando la domanda di
conversione.

2. La Corte territoriale in punto di nullità del
termine osserva che l’appello di A. doveva essere respinto perché inconferente.
La nullità era stata dichiarata dal Tribunale non per la insussistenza delle
causali indicate nei contratti né per la loro pluralità ma, prima ancora, per
la genericità delle suddette causali nonché delle allegazioni di A. a sostegno
della necessità del ricorso al lavoro a termine. Tale valutazione era
condivisibile.

3. Andava invece accolto il motivo di appello di A.
relativo alle conseguenze di detta nullità in quanto, pur trattandosi di
s.p.a., soggetta alla applicazione del D.Ig. n.
368/2001, il suo obbligo di reclutare il personale esclusivamente per
concorso determinava l’impossibilità della conversione del rapporto in rapporto
a tempo indeterminato.

4. Detto obbligo non derivava dall’articolo 18 del DL n. 112/2008,
perché esso era entrato in vigore, ai sensi del comma 1, dopo 60 giorni dalla
entrata in vigore della legge di conversione (ovvero il 6 ottobre 2008), epoca
successiva alla prima assunzione dell’A., alla quale occorreva avere riguardo
per individuare la disciplina applicabile.

5. Neppure era applicabile il DL n. 702/1978, convertito in legge 3/1979, in quanto relativo a Comuni, consorzi
e rispettive aziende, province, mentre A. era una società a totale
partecipazione regionale.

6. L’obbligo di assumere per concorso era stabilito
per A. dall’art. 23 della legge regionale n. 16/1974; tale articolo continuava
ad essere vigente anche dopo la trasformazione di A. da ente pubblico economico
a società per azioni, avvenuta il 2 agosto 2007 ai sensi della legge regionale
n. 21/2005. Quest’ultima legge non conteneva una abrogazione espressa della
legge n. 16/1974 né era ravvisabile una abrogazione tacita per incompatibilità.

7. Il Tribunale non negava l’obbligo di A. di
assumere il proprio personale per concorso ma sosteneva che esso non escludesse
la conversione; l’ assunto non era condivisibile, in quanto il divieto di
assunzione senza concorso operava a prescindere dalle modalità con cui la
assunzione si realizzava.

8. Quanto al risarcimento del danno, correttamente
il Tribunale aveva ritenuto che l’indennità ex articolo 32 L. 183/2010 coprisse
il danno subito in tutto il periodo decorrente dalla scadenza del contratto a
termine alla pronuncia della sentenza. Corretta era anche la quantificazione,
in relazione alla brevità del tempo lavorato.

9. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre
il lavoratore prospettando tre motivi di censura; resiste A. con controricorso,
contenente ricorso incidentale articolato in due motivi, illustrato con
memoria.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo del ricorso principale è
dedotta la violazione e falsa applicazione della L. Regionale Sardegna n. 16
del 20 giugno 1974 e della Legge della Regione Sardegna n. 21 del 7 dicembre
2005. Violazione e falsa applicazione dell’art. 117
Cost.. Violazione della L. Cost. n. 3 del 28
febbraio 1948. Illegittimità costituzionale della L. Regionale Sardegna n.
16 del 20 giugno 1974, in relazione agli artt. 3
e 117 Cost. ed alla Legge
costituzionale n. 3 del 28 febbraio 1948.

2. La censura afferisce alla statuizione di
impossibilità di convertire II contratto a termine in contratto di lavoro a
tempo indeterminato, che la Corte d’Appello fa derivare dalla Legge della
Regione Sardegna n. 16 del 1974. Il ricorrente deduce che detta legge regionale
non era vigente al momento della stipula dei contratti a termine e che,
comunque, la stessa non prevedeva alcuna nullità per i contratti stipulati in
violazione dell’obbligo del concorso.

3. Assume che qualora si ritenesse che i contratti
stipulati senza l’espletamento di concorso siano nulli, la normativa regionale
dovrebbe essere rimessa alla Corte costituzionale per verificarne la
legittimità, in relazione a diversi parametri (art. 3 dello Statuto di
autonomia approvato con L. Cost. nr 3/1948; articolo 117 Cost.; articoli
11 e 117 Cost.; art.
3 Cost.).

4. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la
violazione e falsa applicazione della Legge della Regione autonoma Sardegna n.
16 del 1974 e della Legge Regionale Sardegna n. 21 del 2005 (per la ritenuta
mancata abrogazione delle prime due norme ad opera del D.Lgs. n. 368 del 2001), nonché conseguente
violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368
del 2001, per essere stata negata la conversione del contratto in contratto
a tempo indeterminato; omessa e comunque contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia, costituito dalla esistenza o meno di un
obbligo di assunzione per concorso.

5. Il ricorrente assume che la disciplina dettata
dalla legge regionale n. 16/1974 sarebbe stata sostituita negli aspetti
sanzionatori: dal D.Lgs
165/2001, articolo 36 (disciplina inapplicabile ad A., sia nella veste di
ente pubblico economico che come spa) e dal D.Lgs
n. 368/2001 (nella specie applicabile).

6. Deduce, altresì, che la Legge della Regione
Sardegna n. 16 del 1974, nella parte in cui prevede l’obbligo del concorso
pubblico, sarebbe stata abrogata dal D.Lgs. n. 368
del 2001 nonché dalla legge regionale n. 21 del 2005.

7. I primi due motivi di ricorso, che devono essere
trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, sono fondati.

8. La fattispecie di causa ha ad oggetto due
contratti a termine, il primo dei quali stipulato dal 12 luglio al 30 novembre
2008.

9. In relazione ai contratti a termine rispetto ai
quali trovava applicazione ratione temporis la L.R. n. 16 del 1974, questa
Corte (sentenze n. 5229 del 2017 e n. 6413 del
2017 e giurisprudenza successiva) ha affermato che l’art. 23 della suddetta
legge regionale, che prevede l’assunzione esclusivamente mediante concorso
pubblico del personale dell’azienda di trasporto locale A., impedisce la
conversione dei contratti a termine illegittimamente stipulati con la stessa in
contratti a tempo indeterminato. Si è aggiunto che tale disposizione non viola
l’art. 3 Cost. – in quanto applicazione della
generale forma di reclutamento per le figure soggettive pubbliche, posta a
presidio delle esigenze d’imparzialità ed efficienza dell’azione
amministrativa- né confligge con la direttiva n.
1999/70/CE, poiché le misure nazionali atte a fronteggiare l’abusiva
reiterazione dei contratti a termine possono essere anche diverse dalla
suddetta conversione, purché effettive e dissuasive.

10. L’A., con la L.R. Sardegna 7 dicembre 2005, n.
21 è stata trasformata in società per azioni, a partecipazione azionaria
pubblica e privata, con il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria e con
la denominazione di A. S.p.A (art. 30, comma 1).

11. L’art. 47 della medesima legge regionale ha
abrogato la L.R. n. 16 del 1974.

12. Come affermato da questa Corte- a partire da Cass. n. 3621 del 2018- tale disposizione era
chiara nell’estendere l’effetto abrogativo all’intera disciplina riguardante
l’Azienda Regionale, con il solo limite della «garanzia di conservazione dei
trattamenti economici e previdenziali goduti all’entrata in vigore della
presente legge» (art. 46).

13. Erroneamente, pertanto, la Corte territoriale ha
affermato che l’obbligo di assunzione per concorso posto a carico di A.
dall’articolo 23 della legge regionale n. 16/1974 sarebbe ancora vigente dopo
la trasformazione di A. in spa, avvenuta il 2 agosto 2007.

14. Il quadro di riferimento normativo si modificava
ulteriormente per effetto del D.L. 25/06/2008 n.
112 convertito, con modificazioni, dalla L. n.
133 del 2008, che al comma 1, stabiliva che

«A decorrere dal sessantesimo giorno successivo
all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le
societa che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica
adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del
personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di
cui al comma 3 dell’articolo
35 del decreto legislativo n. 165 del 2001».

In sede di conversione sono state apportate al
suddetto comma 1 soltanto correzioni formali.

15. Questa Corte, con la citata sentenza n. 3621 del 2018, cui ha dato seguito la
giurisprudenza successiva ( ex aliís: Cass. n. 6772 del 2018, n. 6818 del 2018)
ha affermato che l’omesso esperimento delle procedure concorsuali previste dal
comma 1- nonché di quelle selettive richiamate nel successivo comma 2 per le
altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo – determina la
nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418 c.c.

Una volta affermato che per le società a partecipazione
pubblica, quale è l’A. spa, con riguardo alle fattispecie cui è applicabile il D.L. n. 112 del 2008, art. 18,
commi 1 e 2, il previo esperimento delle procedure concorsuali e selettive
condiziona la validità del contratto di lavoro, non può che operare il
principio secondo cui anche per i soggetti esclusi dall’ambito di applicazione
del D.Lgs. n. 165 del 2001,
art. 36, la regola della concorsualità imposta dal legislatore, nazionale o
regionale, impedisce la conversione del contratto a termine affetto da nullità
in rapporto a tempo indeterminato.

16. Tanto ribadito, è, tuttavia, dirimente nella
fattispecie di causa il rilievo che l’articolo 18, comma 1, del DL n.
112/2008 non era ancora entrato in vigore alla data di stipula del primo
contratto a termine (luglio 2008). La sua decorrenza era fissata «dal
sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di
conversione»; poiché la legge di conversione è stata pubblicata in Gazzetta
Uff. 21/08/2008 n. 195 ed è entrata in vigore il 22/08/2008, giorno successivo
alla pubblicazione (articolo 1), la data di entrata in vigore del suddetto articolo 18, comma 1, va fissata
nel 21 ottobre 2008.

17. La sentenza impugnata, pertanto, ha erroneamente
fatto applicazione di principi non riferibili ratione temporis al contratto a
termine del luglio 2008, primo sottoscritto tra le parti di causa.

18. Resta assorbito il terzo motivo del ricorso
principale, con il quale si censura la statuizione di liquidazione del danno,
che ha quale suo presupposto il rigetto dei precedenti motivi (pagina 24 del
ricorso, ultimo periodo del punto 1: «qualora, infatti, le statuizioni
censurate con i precedenti motivi dovessero essere ritenute conformi a diritto
e, quindi, il principio di non convertibilità, rimarrebbe il ricorrente privo
della giusta tutela risarcitoria…»).

19. Può passarsi all’esame del ricorso incidentale
dell’A.

20. Con il primo motivo è dedotta la violazione e
falsa applicazione del D.Lgs. n.
368 del 2001, artt. 1 e 2. Assume l’A. che il criterio della specificità
delle causali deve essere valutato tenendo conto delle concrete realtà
aziendali, con congruità e ragionevolezza. Inoltre, possono coesistere una
pluralità di esigenze per l’apposizione del termine e la sussistenza anche di
una sola di esse renderebbe legittimo il termine. Nella fattispecie di causa
era pacifico che fosse stato bandito un concorso e che l’assunzione del
ricorrente avveniva nelle more della procedura concorsuale. Inoltre, negli anni
2008 e nel 2009 vi erano numerose circostanze ( illustrate in ricorso) dedotte
in entrambi i giudizi di merito, che imponevano all’Azienda il ricorso al
contratto a termine.

21. Il motivo è inammissibile. La censura si
incentra sul contenuto delle clausole appositive del termine, che non sono
riprodotte nel ricorso, né è indicato il luogo di produzione del relativo
contratto, non risultando assolti gli oneri di specificazione e di allegazione
di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4. Và, altresì, osservato che
la ricorrente incidentale neppure censura la statuizione della Corte
territoriale, autonomamente decisiva, secondo cui erano generiche le
allegazioni di A. spa dirette a dimostrare la ricorrenza delle esigenze temporanee.

22. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è
dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di contratto collettivo,
art. 7 dell’Accordo nazionale del 27 novembre 2000 (Ipotesi di accordo di
rinnovo del contratto di lavoro degli autoferrotranvieri per il periodo
2000-2003). Espone A. che tale fonte collettiva dispone che i contratti a
termine possono essere attivati ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23,
quando l’assunzione abbia luogo per il periodo necessario all’espletamento
delle procedure di assunzione, situazione ricorrente nella fattispecie di
causa.

23. Il motivo è inammissibile.

24. Come già affermato da questa Corte nel trattare
motivi di ricorso proposti da A. e sovrapponibili, (ex aliis Cass., n. 4636 del 2018; Cass. nr. 27342/2020) le censure che addebitano
alla sentenza erronea interpretazione e falsa applicazione delle disposizioni
contenute nell’Accordo nazionale del 27.11.2000 sono inammissibili se tale
Accordo, incontestatamente riferito a rapporti di diritto privato, non risulta
allegato al ricorso nella sua integralità e nemmeno ne risulta indicata la
specifica sede di produzione processuale, come nel caso di specie.

25. La parificazione sul piano processuale della
denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi
collettivi nazionali di lavoro, ai sensi dell’art.
360 c.p.c., comma 1, n. 3 ( come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2) a
quella delle norme di diritto, comporta che non è necessario indicare, a pena
di inammissibilità, il criterio ermeneutico violato ma non esonera, nell’ambito
dei rapporti di lavoro di diritto privato, la parte ricorrente dall’onere di
allegare il contratto collettivo nazionale di lavoro di cui lamenta la erronea
interpretazione, in quanto sono conoscibili di ufficio dalla Corte di
legittimità soltanto i contratti collettivi del pubblico impiego, in ragione
del peculiare procedimento formativo disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt.
40 e ss. (Cass. SS.UU., n. 23329 del 2009;
Cass., n. 24036 del 2017).

26. La mera riproduzione in ricorso del solo art. 7
dell’Accordo del 27.11.2000 non può ritenersi sufficiente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Al riguardo, va
ribadito il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui la
riproduzione parziale della clausola contrattuale che si assume violata è
incompatibile con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2,
intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, e
contrasta anche con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362 e segg., ed, in particolare, con la
regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che
la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di
escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente
rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa (Cass., SS.UU., n. 20075 del 2010; Cass., n. 28892
del 2017).

27. Conclusivamente la sentenza impugnata deve
essere cassata in accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso
principale, assorbito il terzo e dichiarato inammissibile il ricorso
incidentale.

28. La causa va rinviata alla Corte d’Appello di
Cagliari in diversa composizione affinché riesamini la statuizione sulla
conversione del contratto a termine alle luce dei principi esposti in
motivazione.

29. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, sulle
spese del presente grado.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso
principale, assorbito il terzo. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia- anche per
le spese- alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione.

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