Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2021, n. 15947

Omissione contributiva, Risarcimento del danno pensionistico
– Maggior retribuzione percepita dal dipendente durante il trasferimento

 

Rilevato che

 

– con sentenza in data 21 luglio 2015, la Corte
d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto da C. A. avverso la decisione
del locale Tribunale che aveva disatteso la sua domanda volta ad ottenere il
risarcimento del danno pensionistico da omissione contributiva e la condanna
della U. S.p.A. al pagamento, in suo favore, della somma di euro 950.693.74;

– in particolare, modificando l’iter argomentativo
di primo grado, che aveva escluso il diritto ritenendo non provata la
circostanza addotta da parte ricorrente secondo cui la maggior retribuzione
percepita dal dipendente durante il suo trasferimento a Londra fosse a titolo
retributivo e non di rimborso spese, la Corte d’appello ha ritenuto invece che
la relativa pretesa fosse stata oggetto dell’intercorsa conciliazione
intervenuta fra le parti in data 27 giugno 2001 e, per tale motivo, aveva
confermato il rigetto della domanda;

– avverso tale pronunzia propone ricorso C. A.,
affidandolo a tre motivi;

– resiste, con controricorso, la U. S.p.A.;

– entrambe le parti hanno presentato memorie;

– il PG ha rassegnato conclusioni scritte.

 

Considerato che

 

– con il primo motivo di ricorso si deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2113, 2115, 2116 e 1418 cod. civ., nonché 38
Cost., ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3
cod. proc. civ.;

– con il secondo motivo si allega la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1418, 1325 e 2113 cod. civ.
in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.;

– con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 1346, 1362, 1418 e 1965 cod. civ.
in relazione all’art. 2113 cod. civ. con
riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.;

– con i tre motivi parte ricorrente censura, nella
sostanza, la decisione impugnata per aver ritenuto legittima, in violazione di
legge, la transazione intercorsa fra le parti, pur avendo la stessa avuto ad
oggetto diritti futuri e, comunque, indisponibili, poiché ancora non entrati
nel patrimonio del titolare: in particolare, secondo la difesa A., non poteva
dirsi ancora realizzato il danno pensionistico al momento dell’intervenuta
transazione, ben potendo i contributi essere ancora versati in assenza di
perfezionamento della prescrizione;

– i tre motivi, da esaminarsi congiuntamente per
l’intima connessione, sono fondati e, pertanto, devono essere accolti nei termini
di cui in motivazione;

– la Corte d’appello di Roma ha ritenuto fondata
l’eccezione di improcedibilità della domanda avanzata dalla U. S.p.A. in virtù
della sottoscrizione di una transazione fra le parti, nell’anno 2001, mediante
la quale il lavoratore aveva rinunziato ad ogni pretesa per qualsivoglia
ragione o titolo derivante dal rapporto di lavoro, verso il corrispettivo di
circa novecentocinquanta milioni di lire;

– tale rinunzia, secondo la Corte territoriale,
doveva reputarsi senza dubbio comprensiva anche del danno derivante dalle
omissioni contributive verificatesi prima del raggiungimento dell’età
pensionabile, pur essendo le stesse compiutamente determinabili nel loro
ammontare soltanto in quel momento;

– la conclusione, a parere del giudice di secondo
grado, si imponeva alla luce della attualità del danno all’integrità
contributiva, sicuramente non configurabile come danno futuro e, per
conseguenza, passibile di disposizione da parte del dipendente;

– intrapresa, infatti, l’azione dinanzi al Tribunale
di Roma da parte della U. azione volta ad ottenere il riconoscimento della
correttezza e congruità dell’inquadramento del ricorrente – il quale, assunto
nel 1988 come funzionario di I livello, era stato assegnato all’Alta Filiale di
Londra nel giugno 1991, conseguendo l’inquadramento dirigenziale – l’A. si era
costituito esclusivamente per consentire la formalizzazione dinanzi al Giudice
dell’accordo transattivo intervenuto fra le parti per dirimere la controversia;

– l’accordo era del seguente tenore per quanto qui
interessa: “…il Dr.A. … dichiara di non aver più nulla a pretendere
nei confronti della Banca di Roma per ogni ragione o titolo che tragga origine
dal rapporto di lavoro con la stessa intercorso. In particolare, il Dr. A.
dichiara di rinunciare a ogni e qualsiasi pretesa nei confronti della Banca di
Roma relativamente all’inquadramento ricevuto e alle conseguenze economiche e
risarcitorie derivanti dall’eventuale difformità dello stesso dalle mansioni
svolte, alle differenze retributive a oggi eventualmente dovute in relazione al
lavoro supplementare, lavoro straordinario, lavoro festivo, ferie non godute,
salvo quanto previsto nelle competenze di fine rapporto, premio di rendimento,
premio di produttività, ulteriori eventuali premi a qualsiasi titolo dovuti
dalla banca, note di qualifica, scatti di anzianità, indennità di contingenza,
indennità estero, intendendosi con ciò ogni trattamento connesso con o
conseguente alla sua permanenza all’estero, permessi retribuiti, mensilità aggiuntive,
superminimo, festività soppresse, indennità di mancato preavviso, ricalcolo
delle voci anzidette sugli istituti indiretti e sul trattamento di fine
rapporto, interessi e rivalutazione sulle somme relative alle voci anzidette,
risarcimento del danno patrimoniale, biologico e morale;

– orbene, ritiene il Collegio di dover
preliminarmente rilevare come del tutto condivisibili appaiano le
considerazioni del giudice d’appello circa la sussistenza dell’interesse del
lavoratore ad agire per la tutela della propria posizione contributiva ancor
prima del maturare del diritto alle prestazioni previdenziali, mediante la
proposizione di una domanda di condanna generica volta ad accertare la
eventualità dell’omissione, salva poi la facoltà di esperire, al momento del
prodursi dell’evento dannoso, coincidente con il raggiungimento dell’età
pensionabile, l’azione risarcitoria ex art. 2116,
comma 2 cod. civ., ovvero quella in forma specifica ex art. 13 I. n. 1338 del 1962
(cfr., fra le altre, Cass. n. 2630 del 05/02/2014; negli stessi termini, Cass.
n. 22751 del 3/12/2004);

– orbene, se la possibilità di agire a garanzia
dell’ingresso del futuro credito nel patrimonio del creditore collima con una
fase prodromica rispetto a quella della materiale erogazione della prestazione
previdenziale in coincidenza con il verificarsi dell’evento condizionante,
nondimeno, il presupposto dell’azione risarcitoria attribuita al lavoratore
dall’art. 2116 c.c. è costituito
dall’intervenuta maturazione del diritto alla prestazione e postula
l’intervenuta prescrizione del credito contributivo;

– invero, soltanto una volta che si siano realizzati
i requisiti per l’accesso alla prestazione previdenziale, tale situazione
determina l’attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile,
consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella
percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante (cfr., in
questi termini, Cass. n. 27660 del 30/10/2018);

– non v’è dubbio, infatti, che siano previste
diverse forme di tutela per il lavoratore a fronte dell’omissione contributiva,
essendogli consentito chiedere la condanna del datore di lavoro al pagamento
dei contributi in favore dell’INPS ovvero una pronunzia di mero accertamento
dell’omissione contributiva; – nondimeno, solo con la maturazione della
prescrizione dei contributi omessi il lavoratore matura una ragione di danno
risarcibile alla luce del secondo comma dell’art.
2116 cod. civ., che riconosce al lavoratore un’azione risarcitoria del
danno subito consistente nella perdita del trattamento pensionistico ovvero
nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti dovuto;

– secondo la nostra Corte, potendo l’azione
risarcitoria stricto sensu essere esercitata soltanto nel momento in cui la
definitiva perdita della prestazione previdenziale si determina, prima di quel
momento il lavoratore soffre esclusivamente un danno potenziale in quanto
titolare di una posizione assicurativa carente (in caso di parziale omissione
contributiva) ovvero del tutto mancante (in caso di totale omissione);

– la circostanza che al lavoratore sia consentito, a
scongiurare il potenziale danno, di richiedere misure cautelari, conservative
della garanzia patrimoniale del datore di lavoro nonché, come anzidetto, di
domandare una pronunzia di condanna generica al risarcimento del danno non
esclude che l’attualità di quest’ultimo si realizzi esclusivamente al
perfezionarsi della età pensionabile (cfr. Cass.
n. 27660/2018 cit);

– consegue a tali considerazioni l’impossibilità di
disporre in via transattiva della posizione giuridica soggettiva inerente al
diritto al risarcimento del danno pensionistico, che non si perfeziona se non
con il maturare dei requisiti per l’accesso ai trattamenti previdenziali,
vertendosi, precedentemente, nell’ambito di diritti non ancora entrati nel
patrimonio del creditore;

– in questo caso, il danno subito dal lavoratore,
dato dalla necessità di costituire la provvista per il beneficio sostitutivo
della pensione, si verifica nel momento in cui il datore di lavoro, che avrebbe
potuto versare i contributi in ogni momento successivo alla loro scadenza sino
al compimento del termine di prescrizione, non può più versarli in quanto
prescritti: è solo in questo momento che sorge per il lavoratore l’esigenza di
costituire la provvista per il beneficio sostitutivo della pensione;

– ne consegue che, nel caso di specie, al momento
della intervenuta transazione il danno non si era ancora verificato, in quanto
alla data della stessa i contributi potevano ancora essere versati, non essendo
coperti da prescrizione, nè il ricorrente aveva ancora maturato il diritto al
godimento della pensione: talchè, non essendovi un danno da risarcire, non
sussisteva un diritto al risarcimento dello stesso cui poter rinunciare (cfr.,
in terminis, Cass. n. 20686 del 25/10/2004);

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il
ricorso deve essere accolto;

– la sentenza va cassata e la causa rimessa alla
Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese
relative al giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in
ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

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