Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 giugno 2021, n. 16720

Contratti a progetto, Sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato, Assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro, Svolgimento
di mansioni ulteriori

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza n. 110 depositata il 12.4.2017 la
Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, ha accolto
l’appello proposto da A. M. nei confronti di A.I.C.S. Formazione professionale
S. e F. C. e, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, ha
riconosciuto – nonostante stipulazione tra le parti di alcuni contratti a
progetto – la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato da febbraio 2004
a luglio 2005, l’inquadramento della lavoratrice nel V° livello di cui al CCNL
Formazione Professionale, con conseguente condanna al pagamento di differenze
retributive e trattamento di fine rapporto;

2. la Corte territoriale ha ritenuto provato sia lo
svolgimento di attività lavorativa (addetta alle pulizie e alla sorveglianza)
diversa e incompatibile con quella dedotta nel contratto a progetto (educatrice
scolastica con compiti di vigilanza e controllo degli studenti nell’ambito di
corsi di formazione professionale per operatore polivalente Area Meccanica e
operatore su Personal computer indirizzo Segreteria/agenzia turistica) sia
l’osservanza di un orario di lavoro pari a 8.30 – 17.30 (comprensiva di pausa
pranzo) dal lunedì al venerdì e 8.30 – 14 il sabato;

3. avverso la sentenza, l’A.I.C.S. propone ricorso
per Cassazione, affidato a due motivi; la lavoratrice resiste con
controricorso.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 2094 cod.civ., 61, 62, 69 del d.lgs. n. 276 del 2003
(art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.),
avendo la Corte territoriale dato rilievo esclusivo allo svolgimento di
mansioni ulteriori rispetto all’oggetto dei contratti a progetto, trascurando
completamente l’accertamento della caratteristica precipua del lavoro
subordinato ossia l’assoggettamento del lavoratore al datore di lavoro, ed
avendo, inoltre, erroneamente interpretato le deposizioni testimoniali;

2. con il secondo motivo, si deduce vizio di
motivazione (art. 360, primo comma, n. 5
cod.proc.civ.), avendo, la Corte territoriale, provveduto al computo –
tramite consulente tecnico d’ufficio – delle differenze retributive per il
periodo febbraio 2004 – luglio 2005 nonostante fosse stato accertato l’inizio
dello svolgimento delle diverse ed ulteriori attività lavorative solamente
dall’ottobre 2004;

3. preliminarmente, va rammentato che – per costante
giurisprudenza di questa Corte (per tutte: Cass.
n. 8687 del 2018 e giurisprudenza ivi citata) – in sede di legittimità la
decisione che individua la natura del rapporto di lavoro intercorso tra le
parti è censurabile solo limitatamente alla scelta dei parametri normativi di
individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto mentre
l’accertamento degli elementi che rivelano l’effettiva presenza del parametro
stesso nel caso concreto – attraverso la valutazione delle risultanze
processuali – e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli
costituisce apprezzamento di fatto, che resta insindacabile in Cassazione,
salva la ricorrenza del vizio di motivazione;

4. il primo motivo è meritevole di accoglimento;

5. ai fini della distinzione fra lavoro subordinato
e lavoro autonomo, questa Corte ha affermato che la originaria volontà delle
parti, intesa come programma negoziale pattuito (e non come mera utilizzazione
di un nomen iuris), rileva fino a quando non sia comprovato uno scostamento
consensuale da tale programma nella concreta fase di attuazione del rapporto,
manifestandosi in tal caso per fatti concludenti una volontà successiva che
prevale sulla precedente; il principio è stato ribadito, altresì, con specifico
riguardo al contratto a progetto, essendosi sottolineato che deve attribuirsi
maggiore rilevanza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, da cui è
ricavabile l’effettiva volontà delle parti (iniziale o sopravvenuta), rispetto
al “nomen iuris” adottato dalle parti (Cass.
n. 22289 del 2014);

6. in particolare, nell’ipotesi di accertamento
della natura subordinata o autonoma di un rapporto di lavoro, la qualificazione
data dalle parti al rapporto, pur non vincolante ed esaustiva ai fini della
decisione, rappresenta pur sempre il punto di partenza dell’indagine del
giudice e richiede adeguata motivazione per essere svalutata nel suo
significato; pertanto, in ipotesi di lavoro che può essere svolto sia in regime
di autonomia che di subordinazione, ben può il lavoratore – su cui grava il relativo
onere – fornire, nonostante la diversa qualificazione data al rapporto, la
prova della subordinazione, ma deve in tal caso provare, eventualmente anche in
via indiziaria, la sussistenza degli estremi del rapporto subordinato (cfr.,
con particolare riguardo all’attività di insegnamento, Cass. 3023 del 1989);

7. ebbene, la Corte territoriale ha accertato lo
svolgimento di ulteriori mansioni rispetto a quelle oggetto del contratto a
progetto nonché la presenza, sul posto di lavoro, in un ampio arco della
settimana (8.30 – 17.30, comprensivo di pausa pranzo, dal lunedì e venerdì,
8.30 – 14 sabato) con riguardo sia all’attività di educatrice scolastica sia di
addetta alle pulizie e alla sorveglianza;

8. la sentenza impugnata – a fronte della domanda di
accertamento della natura subordinata dell’attività prestata dalla M. – non ha,
peraltro, indicato in base a quali criteri (una eterodirezione dell’attività,
cioè l’acquisita prova di un assoggettamento tecnico-funzionale
all’organizzazione dell’impresa tradottosi in “specifiche direttive e
controlli sulle modalità di esecuzione della prestazione” ovvero la
concorrente sussistenza di più indici sussidiari della subordinazione) ha
rinvenuto di qualificare il rapporto di lavoro come di natura subordinata, limitandosi
esclusivamente   ritenere provato un solo
elemento (l’orario continuativo settimanale) e a sottolineare lo svolgimento
(anche) di attività ulteriore rispetto a quella oggetto del contratto a
progetto; inoltre, senza accennare se l’attività di educatrice scolastica si
svolgeva secondo le modalità tipiche di un lavoro subordinato, ha condannato il
datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive per la complessiva
attività svolta (ossia per le mansioni di educatrice e per le mansioni di pulizia);

9. questa Corte ha sottolineato (Cass. nn. 6224 e 20669
del 2004) che il problema della qualificazione del rapporto può risultare
complesso con riferimento agli insegnanti di istituti privati, ed ha ritenuto
che, nelle situazioni incerte al confine tra lavoro subordinato e lavoro
autonomo, può risultare difficilmente applicabile al lavoro dell’insegnante il
criterio dell’eterodirezione dell’attività, potendo più agevolmente propendersi
per una valutazione complessiva degli indici sussidiari (indici che devono
concorrere tra loro: inserimento nell’organizzazione, vincolo di orario,
esclusività del rapporto, intensità della prestazione, inerenza al ciclo
scolastico, alienità dei mezzi di produzione, retribuzione fissa a tempo senza
rischio di risultato); con riguardo alla peculiarità di talune fattispecie,
questa Corte ha, altresì, affermato (Cass. n. 4889 del 2002) che deve ritenersi
decisiva la sottoposizione alle direttive generali e non specifiche; ed ha,
inoltre, rilevato (Cass. n. 8028 del 2003) che
è decisivo il mancato inserimento in un quadro organizzativo complessivo,
nonostante il vincolo di presenza, di orario e di rispetto dei programmi;

10. invero, il problema posto dalla controversia non
era solamente quello di accertare quale fosse stato il lavoro svolto dalla
lavoratrice in difformità rispetto a quello indicato nel contratto a progetto
ma, più a monte (sulla base dell’impostazione assunta dal ricorso originario
della lavoratrice), di valutare se l’attività specificata nel contratto di
lavoro a progetto e le ulteriori prestazioni lavorative richieste dall’ente
fossero inquadrabili nello schema legislativo del lavoro subordinato,
accertamento che non è stato adeguatamente compiuto dal giudice di merito;

11. il secondo motivo di ricorso, concernente il
computo delle differenze retributive maturate in considerazione
dell’accertamento della natura subordinata di tutta l’attività lavorativa
svolta dalla lavoratrice, è profilo conseguente e, dunque, assorbito;

12. in sintesi, va accolto il primo motivo di
ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla
Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà altresì
alle spese del presente giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il
secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rinvia alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, che
provvederà altresì alle spese del presente giudizio di legittimità;

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