Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2021, n. 15948

Lavoro, Riduzione del rapporto da full time a part time,
Orario invariato, Espletamento di lavoro notturno, Mancato godimento dei
permessi retribuiti, Prova

 

Rilevato che

 

– con sentenza in data 9 maggio 2017, la Corte
d’Appello di Palermo, confermando la decisione del giudice di primo grado, ha
respinto l’appello proposto avverso tale pronunzia che aveva disatteso la
domanda avanzata da U.M. nei confronti della T. s.r.I., volta ad ottenere
differenze retributive per la formale riduzione del rapporto di lavoro da full
time a part time nonostante l’orario fosse rimasto invariato, per
l’espletamento di lavoro notturno, per i permessi annui non retribuiti, la
tredicesima mensilità e l’indennità sostitutiva delle ferie, riconoscendo
esclusivamente la invocata indennità sostitutiva del preavviso;

– in particolare, dalla lettura della pronunzia di
secondo grado, si evince che la stessa ha ritenuto corretto il governo delle
prove assunte dal Tribunale, nonché adeguata la, valutazione delle stesse, sia
in ordine all’effettivo orario di lavoro, che al difetto di prova relativamente
alla mancata fruizione delle ferie, ai permessi non retribuiti e alla
genericità e infondatezza della richiesta di corresponsione della tredicesima
mensilità, alla luce di quanto riportato in busta paga;

– per la cassazione della sentenza propone ricorso
U.M., affidandolo a sei motivi;

– la T. Servizi s.r.l. è rimasta intimata.

 

Considerato che

 

– con il primo motivo di ricorso si deduce la
nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc.
civ., in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per non aver la Corte
ritenuto adempiuto l’onere di allegazione e prova gravante sulla parte;

– con il secondo motivo si allega la violazione
degli artt. 2077 e 2702, cod. civ.;

– con il terzo motivo si denunzia la violazione
dell’art. 7 cap. 2 e 3 CCNL Metalmeccanica, 215 e 434 cod. proc. civ., per aver
la sentenza condiviso la decisione del Tribunale in merito alle domande
concernenti l’indennità sostitutiva in ordine ai permessi annuali, pur avendo
ritenuto sussistente sul punto l’omessa pronuncia del giudice di primo grado;

– con il quarto motivo si allega la violazione
dell’art. 215 cod. proc. civ. per mancata applicazione del riconoscimento di
scrittura privata;

– con il quinto motivo si deduce la violazione
dell’art. 434 cod. proc. civ. per non aver la decisione tenuto conto
dell’esposizione dei fatti e delle norme di diritto allegate al ricorso nonché
delle risultanze probatorie;

– con il sesto motivo si allega la violazione
dell’art. 360 n. 5, in relazione all’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 116,
246, 247, 253 e 257 cod. proc. civ. in termini di omessa motivazione su punti
decisivi della controversia per erronea valutazione delle risultanze
testimoniali;

– i motivi, da esaminarsi congiuntamente per
l’intima connessione, sono inammissibili;

– giova premettere, con riguardo alle censure
confluenti nella violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che, in seguito
alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., disposto
dall’art. 54 co1, lett. b), del DL 22 giugno 2012 n. 83, convertito con
modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n. 134 che ha limitato la impugnazione
delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione
alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione tra le parti”, ne consegue che, al di
fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane
circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel
suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma
6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata
giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario
–  in relazione alle note ipotesi
(mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento
giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile
contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono
nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4) c.p.c. e che determinano la
nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di
validità (fra le tante, Cass. n. 23940 del 2017);

– va, d’altra parte, rilevato che, in base all’art.
348 ter, ultimo comma, c.p.c., non sono impugnabili per omesso esame di fatti
storici le sentenze di secondo grado in ipotesi di c.d. doppia conforme, ogni
qualvolta, come nel caso di specie, nei due gradi di merito le “questioni
di fatto” siano state decise in base alle “stesse ragioni”(cfr.,
ex plurimis, Cass. n. 29222 del 12 novembre 2019);

– quanto alle allegate violazioni di legge, giova
evidenziare che, sebbene parte ricorrente lamenti violazioni di norme di legge,
in realtà, le argomentazioni da essa sostenute si limitano a criticare sotto
vari profili la valutazione compiuta dalla Corte d’Appello, con doglianze
intrise di circostanze fattuali mediante un pervasivo rinvio ad attività
asseritamente compiute nelle fasi precedenti ed attinenti ad aspetti di mero
fatto tentandosi di portare di nuovo all’attenzione del giudice di legittimità
la determinazione della Corte in ordine, segnatamente, alle prove concernenti
l’espletamento di attività lavorativa full time anziché part time, il mancato
godimento dei permessi retribuiti, la mancata fruizione di ferie e tredicesima
mensilità;

– va evidenziato, al riguardo, che, in tema di
ricorso per cassazione, una questione di violazione e falsa applicazione degli
artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del
materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo
allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove
non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti
legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento,
delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova,
recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a
valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960).

– relativamente, poi, alla denunziata violazione
dell’art. 2697 cod. civ., va rilevato che, per consolidata giurisprudenza di
legittimità, (ex plurimis, Sez. III, n. 15107/2013) la doglianza relativa alla
violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. è configurabile soltanto
nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una
parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da
quella norma e che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, perdurando,
infatti, in capo all’attore l’onere della prova circa l’espletamento di
attività lavorativa full time nonché circa la mancata corresponsione delle
somme oggetto di rivendicazione;

– nella specie, la Corte d’appello, con motivazione
sottratta al sindacato di legittimità, ha ripercorso gli elementi probatori
raccolti in primo grado escludendo la credibilità di alcuni testi (V. teste S.)
e riconoscendo invece la credibilità di altri;

– per quanto concerne la lamentata omessa pronuncia
in primo grado circa le domande concernenti l’indennità sostitutiva dei
permessi, delle ferie e la tredicesima mensilità, va rilevato che è vero che la
Corte d’appello ha dato atto dell’omessa pronuncia, ma ha altresì motivato
circa l’infondatezza di ciascuna voce reputando l’assoluto difetto di
allegazione e prova riguardo i permessi annui e la genericità della richiesta
di corresponsione della somma di euro 143,73 a titolo di tredicesima, peraltro
contemplata in busta paga;

– appare, quindi, evidente che parte ricorrente, pur
veicolando le proprie censure in termini di violazione di legge, in realtà,
mira ad ottenere una rivisitazione nel merito della vicenda in quanto attiene
alla violazione di legge la deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del
provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di
legge, implicando necessariamente una attività interpretativa della stessa, ma,
nel caso di specie, si sollecita una rivalutazione di fatto dell’intera vicenda
processuale, inammissibile in sede di legittimità;

-alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi,
il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

– nulla per le spese essendo la parte rimasta
intimata;

– sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.
1-bis dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.
1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

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