Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 luglio 2021, n. 28280

Lavoro, Occultamento di scritture contabili, Omesso
pagamento dei contributi INPS ed INAIL, Reato di truffa, Determinazione del
periodo di sospensione del termine di prescrizione

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza in data 05/10/2020 la Corte di
Appello di Firenze rigettava l’appello proposto D.C. (a seguito di
provvedimento di rimessione in termini emesso dalla medesima corte) e
confermava la sentenza del Tribunale di Pistoia in data 24/04/2014 in forza
della quale I’imputato era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per
i reati di cui agli artt. 10 D.Lgs. 74/2000 (capo 1) e 640 comma 2 n. 1 (capo
2).

I giudici territoriali, disattese tutte le eccezioni
e le richieste formulate dall’appellante, ritenevano dimostrato che l’imputato,
quale legale rappresentante della società C., si era reso responsabile
dell’occultamento di scritture contabili nonché del reato di truffa in quanto,
attraverso l’artificio consistito nel ricorso abusivo alla compensazione
tributaria, aveva omesso il pagamento dei contributi INPS ed INAIL per gli anni
2009, 2010 e 2011 e così aveva risparmiato il pagamento di detti contributi
nonché ottenuto illegittimamente il rilascio del c.d. DURC per lo svolgimento
dell’ attività edile.

2. Contro la suindicata sentenza propone ricorso per
cassazione l’imputato a mezzo difensore di fiducia formulando cinque motivi.

2.1. Con il primo motivo deduce erronea applicazione
di norma penale in relazione agli artt. 179, 529 e 585 comma 4 c.p.p.

In particolare la difesa evidenzia che,
contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito i quali avevano
ritenuto tardivo tale profilo in quanto non tempestivamente dedotto, la
questione della nullità degli atti processuali per omessa notifica
all’imputato, a partire dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari
ex art. 415 bis c.p.p., era già stata eccepita nelle premesse dell’istanza di
restituzione in termini, mentre con i motivi aggiunti era stata meglio esplicitata
la deduzione difensiva.

2.2. Con il secondo motivo la difesa lamenta
violazione dell’art. 8 cod.
proc. pen.

Deduce l’incompetenza territoriale del Tribunale di
Pistoia dal momento che, ai sensi del richiamato art. 8 c.p.p., la competenza
territoriale è stabilita in relazione al luogo in cui il reato è stato
consumato e posto che la società non aveva mai avuto sede in Toscana né ivi
aveva mai operato.

Osserva che la corte di appello, nel rilevare la
tardività dell’eccezione, non aveva considerato che il primo atto con il quale
il B. aveva potuto prospettare la sua tesi difensiva era il ricorso ex art. 581
c.p.p.

2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione degli
artt. 157 e 159 c.p., contestando la determinazione del periodo di sospensione
del termine di prescrizione del reato di truffa indicato dalla corte d’appello.

2.4. Con il quarto motivo deduce vizio di
motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva.

La difesa rileva che, erroneamente, la corte di
appello aveva rigettato la richiesta di riapertura dell’istruttoria mediante
acquisizione di un documento (il verbale di consegna dei documenti aziendali
dall’odierno ricorrente al nuovo amministratore al momento della nomina) non
tenendo conto che trattavasi di prova indispensabile in quanto dimostrava che
la documentazione oggetto della verifica da parte della G.D.F. era stata
consegnata all’ amministratore nominato nelle more.

2.5. Con il quinto motivo lamenta violazione di
legge quanto al mancato riconoscimento delle chieste circostanze attenuanti generiche.

Deduce che la motivazione sul punto era gravemente
lacunosa ed in contrasto con il dettato di cui all’ art. 133 c.p.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Va, invero, rilevato che la sentenza impugnata è da
ritenere corretta in diritto nella parte in cui i giudici territoriali hanno
ritenuto che la questione della nullità degli atti processuali per omessa
notifica all’imputato – a partire dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari
ex art. 415 bis cod. proc. pen. – era stata formulata tardivamente.

Risulta, invero, che la relativa eccezione non è
stata proposta con i motivi di appello, a nulla rilevando il fatto che di tale
questione si faceva cenno nell’ istanza di remissione in termini ex art. 175
c.p.p. che è chiaramente un atto distinto e del tutto autonomo rispetto al
proposto gravame.

La tesi secondo cui la deduzione difensiva in
questione, già eccepita nelle premesse dell’istanza di restituzione in termini,
sarebbe stata meglio precisata ed esplicitata con i motivi aggiunti non coglie
in alcun modo nel segno.

Infatti motivi nuovi di impugnazione devono essere
inerenti ai temi specificati nei capi e punti della decisione investiti
dall’impugnazione principale già presentata, essendo necessaria la sussistenza
di una connessione funzionale tra i motivi nuovi e quelli originari. (Sez. 6,
Sentenza n. 45075 del 02/10/2014 Ud. (dep. 30/10/2014 ) Rv. 260666 – 01.

Nel caso in esame è di tutta evidenza che si è
trattato di profilo relativo a questione non proposta con l’atto di appello.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Correttamente la corte di appello ha rilevato la
tardività dell’ eccezione ex art. 8 cod. proc. pen. in applicazione del
principio secondo cui per effetto dell’art. 491, comma primo cod. proc. pen.,
la questione di incompetenza territoriale è definitivamente preclusa, se non
venga eccepita o sollevata di ufficio subito dopo compiuto per la prima volta
l’accertamento della costituzione delle parti e non è possibile riproporla,
quali che siano le successive risultanze dibattimentali riguardo
all’individuazione del giudice territorialmente competente. (Fattispecie nella
quale la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice di appello aveva
respinto la relativa eccezione, in quanto proposta in sede di conclusione nel
dibattimento di primo grado e collegata alla richiesta di mutamento della
qualifica giuridica del fatto). (Sez. 5, Sentenza n. 9931 del 20/10/1993 Ud.
(dep. 02/11/1993 ) Rv. 196437 – 01.

Nel caso in esame dal momento che l’eccezione di
incompetenza territoriale non è stata tempestivamente dedotta dal difensore in
primo grado e l’imputato non ha eccepito la nullità del processo di primo grado
ma si è limitato a formulare istanza di remissione in termini ai fini
dell’appello, non può dolersi di alcunché sul punto, dovendosi, pertanto,
ritenere l’eccezione de qua tardiva come correttamente ritenuto dalla corte
territoriale.

4. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato.

Osserva la corte che come condivisibilmente rilevato
dalla Procura Generale nella requisitoria in atti, il motivo, che contesta
genericamente le valutazioni del giudice sul periodo di sospensione, così
determinato con riguardo al giudizio di appello senza dedurre né allegare alcunché
appare manifestamente infondato, in quanto generico e non autosufficiente.

Nel caso in esame il ricorrente non si confronta in
modo specifico con le argomentazioni dei giudici di merito i quali hanno
indicato i periodi di sospensione della prescrizione né deduce alcunché in
ordine alla sospensione del termine prevista dall’art. 83, comma 4, del d.l. 17
marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n.
27.

Va, inoltre, considerato che nell’ipotesi di
restituzione nel termine concessa ai sensi dell’art. 175, comma secondo, cod.
proc. pen., (quale quella in esame) non si tiene conto, ai fini prescrizionali,
del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale e la
notificazione alla parte dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la
restituzione. (Sez. 2, Sentenza n. 5981 del 18/10/2007 Ud. (dep. 06/02/2008)
Rv. 239429 – 01.

Dal momento che nel caso in esame l’imputato, il
quale ha formulato istanza ai sensi dell’art. 175, comma secondo, cod. proc.
pen., non ha dedotto nulla sul punto, operando la sospensione della
prescrizione nel termine fra la notifica dell’estratto contumaciale
(30/05/2014, non oggetto di contestazione) e la remissione in termini del 2
Marzo 2017, alla data della decisione non appare maturata l’eccepita
prescrizione.

5. Il quarto motivo è manifestamente infondato.

La sentenza si appalesa immune da censure nella
parte in cui i giudici di appello hanno disatteso la richiesta di rinnovazione
dell’istruttoria in ragione della genericità delle allegazioni di parte
ricorrente, provvedimento che si pone in linea con l’orientamento circa la
presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado e il
carattere eccezionale dell’istituto della rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio
di appello (per tutte: Cass., sez. un.,25 marzo 2016, n. 12602, rv. 266820).

6. Il quinto motivo è generico e, comunque,
manifestamente infondato.

6.1. Deve rilevarsi che la sussistenza di
circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis c.p. è oggetto di un
giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata
sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa
motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in
cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno
dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass.
28535/2014, rv. 259899; Cass. 34364/2010, rv. 248244; Cass. 42688/2008, rv
242419).

Il giudice, nell’esercizio del suo potere
discrezionale, deve quindi motivare nei soli limiti atti a far emergere in
misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta
alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.

Pertanto il diniego delle circostanze attenuanti
generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo
dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad
altri, disattesi o superati da tale valutazione. E’ pertanto sufficiente il
diniego anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in
tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di
disvalore sulla sua personalità (Cass. 3896/2016, rv. 265826; Cass. 3609/2011,
rv. 249163; Cass. 41365/2010, rv. 248737).

Occorre, poi, ricordare che le circostanze
attenuanti generiche hanno, invero, lo scopo di estendere le possibilità di
adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato, in considerazione di
situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento
dell’entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicché il
riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo.
(Sez. 2 -, Sentenza n. 9299 del 07/11/2018 Ud. (dep. 04/03/2019 ) Rv. 275640 –
01 e che in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, nel caso in
cui la richiesta dell’imputato di riconoscimento delle attenuanti generiche non
specifica le circostanze di fatto che fondano l’istanza, l’onere di motivazione
del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il mero richiamo da parte del
giudice alla assenza di elementi positivi che possono giustificare la
concessione del beneficio. (Sez. 3, Sentenza n. 54179 del 17/07/2018 Ud. (dep.
04/12/2018 ) Rv. 275440 – 01.

Nel caso in esame la motivazione è da ritenere
adeguata e corretta in diritto, avendo i giudici di appello, nell’esercizio dei
poteri di loro competenza, valutato la gravità dei fatti ed il precedente per
bancarotta, ragionamento che resiste alle censure totalmente generiche ed in
fatto del ricorrente.

7. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso
deve essere dichiarato inammissibile. Alla declaratoria d’inammissibilità
consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento in favore
della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
in favore della Cassa delle Ammende.

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