Con due risposte ad interpello sul regime forfetario, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che:

i) un contribuente che ha percepito redditi di pensione superiori a 30.000 euro non può avvalersi del regime forfetario;

ii) il contributo a fondo perduto COVID-19, previsto dal Decreto Sostegni, non rileva ai fini della soglia di accesso al regime forfetario. 

Nota a AdE Risposte 23 giugno 2021, n. 427 e 24 giugno 2021, n. 443

Francesco Palladino

L’Agenzia delle entrate, con le Risposte in oggetto, da un lato, è tornata ad occuparsi della causa ostativa al regime forfetario di cui alla lett. d-ter) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014, e, dall’altro, ha fornito alcuni chiarimenti sulla rilevanza, ai fini del calcolo della soglia di accesso al regime forfetario, dei contributi a fondo perduto COVID-19 previsti dal c.d. Decreto Sostegni (D.L. n. 41/2021).

Come noto, il regime forfetario si connota per essere un regime fiscale vantaggioso e semplificato a favore delle persone fisiche, il cui beneficio principale consiste in una tassazione particolarmente contenuta (il 15% di norma, ovvero il 5% in taluni casi specifici). Esso viene riconosciuto a soggetti che soddisfano specifiche condizioni. In particolare, non possono avvalersi del regime forfetario (oltre a coloro che hanno conseguito ricavi o compensi nel periodo di imposta precedente in misura superiore alla soglia di 65.000 euro):

  • i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto [lett. b) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014];
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all’ art.5 del TUIR, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni [lett. d) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014];
  • i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli artt. 49 e 50 del TUIR, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica  di  tale  soglia  è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato [lett. d-ter) del co. 57, dell’art. 1, della L. n. 190/2014].

Il dubbio alla base della Risposta n. 427/2021 riguardava la causa ostativa di cui alla lett. d-ter). Nel caso di specie, il contribuente istante, facendo affidamento su precedenti documenti di prassi dell’Agenzia delle entrate (Circ. n. 9/E/2019 e Risposta n. 161/2019) che si erano espressi su previgenti versioni della norma, riteneva che la causa ostativa di cui alla lett. d-ter non operasse ogniqualvolta il pensionamento fosse obbligatorio per legge. L’Agenzia delle entrate replica che i chiarimenti resi con i suddetti documenti di prassi, alla luce dei quali la causa ostativa di cui alla previgente lett. d-bis) non operava “ogniqualvolta il pensionamento [fosse] obbligatorio ai termini di legge”, erano stati resi con specifico riferimento ad un diverso testo normativo, sicché “non sono applicabili alla diversa causa di esclusione di cui alla lettera d-ter), (re)introdotta … ad opera della legge di bilancio 2020” (così testualmente Risposta n. 427/2021). Di conseguenza, il contribuente istante, per effetto dell’applicazione della vigente lett. d-ter), avendo percepito nel 2019 redditi di pensione superiori a 30.000 euro, non può applicare il regime forfetario a partire dall’anno 2020.

L’istante della Risposta n. 443/2021 chiedeva, invece, chiarimenti all’Agenzia delle entrate in merito alla rilevanza, ai fini del calcolo della soglia di ricavi prevista per l’accesso al regime forfetario (ad oggi stabilita in euro 65.000), dei contribuiti a fondo perduto previsti dal Decreto Sostegni. L’istante riteneva che, ai fini della determinazione della suddetta soglia, assumessero rilevanza solo i ricavi di cui agli artt. 57 e 85 del TUIR, derivanti dallo svolgimento di attività d’impresa, ed i compensi di cui all’art. 54 del TUIR, derivanti dall’attività professionale o artistica. L’istante riteneva che, pertanto, non assumesse alcuna rilevanza il potenziale contributo a fondo perduto ad egli spettante sul presupposto che l’art. 54 del TUIR non ricomprende, nella nozione di “compensi”, i contributi eventualmente percepiti dai contribuenti.

Sul punto, l’Agenzia delle entrate, muovendo dai chiarimenti da essa forniti con la Circolare n. 5/E del 2021, ha precisato che tali contributi, pur essendo “agevolazioni destinate a ristorare i soggetti fruitori della riduzione del fatturato subita nei periodi di riferimento” stante il loro carattere di “eccezionalitànon rilev[a]no ai fini della soglia di cui al menzionato comma 54 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014”.

Alla luce di quanto sopra, ne consegue che l’istante non deve considerare il contributo a fondo perduto ai fini del calcolo del limite dei ricavi previsto dal menzionato art. 1, co. 54 per la fruizione del regime forfetario.

Regime forfetario: l’Agenzia delle entrate continua a fornire chiarimenti
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