Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 agosto 2021, n. 22266

Verbale ispettivo, Addebito contributivo, Utilizzo dei
contratti di solidarietà non conforme alle disposizioni di legge, Prestazioni
di lavoro oltre le trenta ore, Omessa comunicazione all’Inps, Disconoscimento

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’appello di Trento , in riforma della
sentenza del Tribunale, ha rigettato l’opposizione proposto dal Gruppo G. spa
avverso il verbale di addebito contributivo per Euro 3.081.945,00 notificato
dall’Inps.

La Corte ha esposto che, a seguito di accesso della
Guardia di Finanza, erano stati trasmessi all’Inps i verbali di informazioni
assunte nel corso dell’ispezione da 173 dipendenti di cui 34 avevano dichiarato
di aver svolto, durante i contratti di solidarietà stipulati con le
organizzazioni sindacali il 25/2/2009 e l’ 8/2/2010 e successiva CIGS, un
numero di ore settimanali. in aggiunta a quelle previste nei contratti di
solidarietà, superiore a 30 ore e per 24 lavoratori fino a 40 ore settimanali retribuendole
o con la retribuzione normale o con l’integrazione e che la società non aveva
contabilizzato separatamente queste ore, computandole invece come ore di cassa
integrazione, senza detrarla dalle somme dovute all’istituto a titolo di
contributi.

La Corte ha affermato, circa l’attendibilità dei
rapporti della GdF o dei funzionari dell’Inps, che, pur non facendo piena
prova, avevano un’attendibilità che poteva essere inficiata solo da prova
contraria, considerato che nella fattispecie erano stati acquisiti anche i
verbali delle dichiarazioni dei lavoratori; che inoltre le dichiarazioni erano
precise e puntuali e che non sussisteva alcuna interesse ex art. 246 cpc dei
lavoratori.

Ha osservato, inoltre che non era ravvisabile alcuna
nullità dell’atto di accertamento dell’Inps, che le circostanze che l’Inps
aveva posto a fondamento della propria pretesa erano tutte provate, e cioè la
prestazioni di lavoro oltre le trenta ore e l’omessa comunicazione all’Inps,
con la conseguenza che l’Istituto aveva disconosciuto totalmente i contratti di
solidarietà per un uso di detti contratti non conforme alle disposizioni di
legge.

La Corte ha, dunque, concluso affermando la
legittimità della pretesa dell’Inps di recuperare l’integrazione salariale.

2. Avverso la sentenza ricorre la soc Gruppo G. con
sette motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art 378 cpc. Resiste
l’Inps. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte.

 

Ragioni della decisione

 

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia
violazione dell’art. 13, 1 e 4 comma, dlgs n 124/2004, come modificato
dall’art. 33, 1 comma, L. n. 183/2010.

Censura il rigetto dell’eccezione di nullità del
verbale Inps per carenza dei requisiti essenziali , quali identificazione dei
lavoratori ,specificazione delle attività compiute, individuazione fonti di
prova; pur potendosi avvalere degli accertamenti della GdF l’Inps avrebbe
dovuto riportare i fatti accertati dall’altro ente, né gli incombenti previsti
dalla legge avrebbero potuto ritenersi assolti dalla mera consegna del verbale
della GdF, ben due mesi dopo la notifica del verbale Inps.

Il motivo è infondato. In particolare, con
riferimento al verbale di accertamento ispettivo della guardia di finanza ,cui
sembra riferirsi la ricorrente, detto verbale non risulta trascritto o allegato
al ricorso in cassazione, né ove rinvenirlo nel fascicolo di cassazione, non
potendosi, pertanto, valutare la dedotta carenza dei requisiti essenziali.

Circa il verbale dell’Inps, va rilevato che
l’Istituto, acquisito il verbale redatto dalla Guardia di Finanza corredato
dagli allegati comprensivi delle dichiarazioni rese dai lavoratori, e ritenendo
non necessario svolgere ulteriori accertamenti, ha quantificato l’omissione
contributiva e le somme dovute.

La ricorrente non ha dedotto alcuna specifica
lesione del diritto di difesa e, del resto, la Corte territoriale ha ritenuto
non contestata l’avvenuta notifica a cura della Guardia di finanza del verbale
di accertamento ed, inoltre, l’avvenuta acquisizione anche dei verbali relativi
alle dichiarazioni rese dai lavoratori esclude qualsiasi incertezza o
incompletezza degli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza.

4. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia
violazione dell’art. 2697 cc per avere la Corte ritenuto prova sufficiente le
dichiarazioni raccolte in sede ispettiva in materia di superamento dell’orario
di lavoro.

Il motivo è infondato. La violazione dell’ad 2697 cc
è censurabile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.,
soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad
una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di
scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi
ed eccezioni e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il
giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013;
Cass. n. 13395 del 2018 ), come nella specie laddove chi ricorre critica
l’apprezzamento operato dai giudici del merito circa l’attendibilità delle
dichiarazioni rese alla GdF sull’orario di lavoro osservato opponendo una
diversa valutazione che non può essere svolta in questa sede di legittimità.

5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia
nullità della sentenza o del procedimento per ultrapetizione (art. 112 cpc).
Rileva che l’Istituto non aveva impugnato il capo della sentenza del Tribunale
che aveva limitato l’ambito temporale della contestazione dell’omissione
contributiva fatta dall’Inps, all’arco temporale individuato dalla Guardia di
Finanza.

6. Con il quarto motivo denuncia nullità della
sentenza in relazione all’art. 329 cpc.per violazione del giudicato interno
rilevando che la Corte d’appello aveva violato la norma non avendo tenuto conto
che il capo della sentenza relativo al periodo successivo non era stato
espressamente impugnato.

I motivi sono infondati in quanto la Corte
territoriale si è limitata a rilevare che, essendo stati disconosciuti i
contratti di solidarietà nella loro interezza, presupposto e condizione per
l’erogazione della cassa integrazione , non aveva rilievo che l’accertamento
della Guardia di Finanza fosse intervenuto in epoca antecedente alla scadenza
del secondo contratto .

7. Con il quinto motivo la società denuncia
violazione dell’art 1, comma1, DL n 726/1984 conv in L. n. 863/1984. Osserva
che la sussistenza di una causa integrabile non poteva essere posta in
discussione in presenza di un contratto di solidarietà legittimamente concluso
e omologata dal Ministero e solo per il dedotto sforamento di alcune ore
,occasionalmente richiesto ad alcuni lavoratori.

8. Il motivo è infondato.

Il contratto di solidarietà di cui è causa è
disciplinato dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 1, convertito in L. 19
dicembre 1984, n. 863 sul quale hanno successivamente inciso molteplici
disposizioni: esso configura, nel suo impianto fondamentale, rimasto
inalterato, un’ipotesi d’ intervento della cassa integrazione guadagni che
consegue alla stipulazione di un contratto collettivo di diminuzione
dell’orario e della retribuzione, finalizzata ad evitare, in tutto o in  parte, la riduzione del personale.

Detto contratto ,quale strumento volto ad evitare
una riduzione di personale in situazioni di eccedenza, si colloca all’interno
di una fattispecie complessa comprensiva del provvedimento ministeriale di
ammissione all’integrazione salariale che, con efficacia costituiva, ne accerta
i presupposti (cfr Cass 9307/2021, n 22255/2015).

9. Nella sentenza n. 24706/2007 di questa Corte si è
affermato, inoltre, che il provvedimento di ammissione alla cassa, come interpretato
dalla dottrina maggioritaria, non rappresenta un atto “dovuto” in
presenza dell’accordo, ma presuppone un controllo di congruità rispetto alle
finalità indicate dalle legge, e cioè che la riduzione dell’orario sia idonea
ad evitare la dichiarazione di esuberanza del personale, di talché l’intervento
dovrebbe essere escluso in tutti quei casi in cui la manovra sull’orario non
sia verosimilmente utile a ridurre, neppure in parte, l’ eccedenza di personale
(cfr Cass n 22255/2015).

10. Tale controllo di congruità non si esaurisce al
momento iniziale dell’omologazione del contratto di solidarietà (cfr Cass
22255/2015), ma deve ritenersi che permanga ,nelle successive fasi di sviluppo,
il potere – dovere di verificare la permanenza in capo al datore di lavoro di
quei requisiti legittimanti la fruizione dei benefici economici a carico della
collettività. Nella fattispecie in esame la Corte territoriale ha accertato che
il datore di lavoro, con inadempimento di quanto stabilito nei contratti di
solidarietà, non aveva comunicato all’Inps la modifica delle condizioni per le
quali era stato concesso lo sgravio contributivo ,e cioè il superamento
dell’orario di lavoro prefissato, né aveva rinunciato a godere degli sgravi
contributivi relativi, e che, a fronte di tale situazione, l’Inps aveva
correttamente rilevato il venir meno dei requisiti per fruire dei benefici
economici previsti dalla legge, mancando la prova dell’effettiva esistenza
della causa integrabile

Le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale
sono fondate. A riguardo la Corte ha rilevato che l’omessa comunicazione delle
ore lavorate con continuità dai dipendenti, oltre le 30 ore previste e
addirittura oltre le 40 ore settimanali, con conseguente incameramento delle
ore fittiziamente dichiarate nelle buste paga come ore di sospensione ,era
sintomatica di un uso del contratto di solidarietà non conforme alle
disposizioni di legge e quindi difforme dal presupposto che costituisce la
causa integrabile per la quale era concessa la cassa integrazione – La Corte
ha, altresì, aggiunto che non si trattava di 
violazione di poco conto considerato che la GdF aveva svolto un
accertamento  su un campione pari alla
metà circa dei dipendenti e che ,su questo campione, circa il 20% aveva svolto
continuativamente un maggior numero di ore e il 13% aveva svolto anche lavoro
straordinario.

L’accertata inesistenza della causa integrabile,
come dichiarata nei contratti di solidarietà, giustifica la richiesta dell’Inps
volta a recuperare l’integrazione salariale illegittimamente erogata.

11. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia
omesso esame di fatto decisivo e cioè della documentazione dalla quale si
poteva evincere che la situazione della soc. ricorrente era già nota e
monitorata dalle DPL e da Inps, ai quali erano stati comunicati gli orari dei
lavoratori.

12. Con il settimo motivo denuncia nullità della
sentenza in relazione all’art. 115 cpc per mancata valutazione della
documentazione relativa al precedente motivo.

I due motivi, congiuntamente esaminati, sono
inammissibili in quanto non conformi al dettato dell’art 360 n 5 cpc nella sua
nuova formulazione secondo cui la ricostruzione del fatto operata dai giudici
del merito è ormai sindacabile in sede di legittimità soltanto ove la
motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici, oppure se manchi del
tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro
manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure
obiettivamente incomprensibili; è evidente che, nella fattispecie, una
ricostruzione del fatto pienamente sussiste e che la decisione della Corte non
è affatto incompleta o perplessa.

I motivi sono, inoltre, privi di specificità con
riferimento al contenuto di detta documentazione ed alla decisività della
stessa avuto riguardo alla necessità che in detta documentazione fosse
dichiarato espressamente e nominativamente il superamento dell’orario di lavoro
fissato nei contratti di solidarietà.

13. Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 116, comma 8, L. n. 388/2000 per l’erronea applicazione
delle sanzioni per evasione e non quelle meno gravi previste per l’omissione.

Il motivo è infondato. La Corte ha evidenziato che
le ore di lavoro aggiuntive non erano mai state comunicate all’Inps e dunque la
fattispecie era riconducibile all’evasione.

Tale affermazione rende evidente che la vicenda
debba essere inquadrata nell’ambito dell’evasione contributiva, essendo
consolidato il principio di diritto secondo cui, giusta il disposto dell’art.
116, comma 8, I. n. 388/2000, tale ipotesi ricorre allorché il datore di lavoro
ometta di denunciare all’INPS rapporti di lavoro in essere e relative
retribuzioni corrisposte, dovendo ravvisarsi la più lieve ipotesi
dell’omissione solo qualora l’ammontare dei contributi di cui sia stato omesso
o ritardato il pagamento sia rilevabile dalle denunce e/o registrazioni
obbligatorie (cfr. da ult. in termini Cass. n. 17119 del 2015, n 5281 del
2017).

14. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese del
presente giudizio di legittimità.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data
di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13 , comma
1 quater, dpr n 115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la soc. ricorrente a
pagare le spese di lite liquidate in Euro 22.000,00 oltre 15% per spese
generali ed accessori di legge nonché Euro 200,00 per esborsi

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte de ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis,
dello stesso art. 13

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