Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 agosto 2021, n. 23150

Lavoro, Autoferrotranvieri, Trattamento economico dei
lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, Disciplina, Accordi
nazionali

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 1211 depositata  il 30.5.2014 la Corte di appello di Napoli,
confermando la sentenza di primo grado, ha respinto la domanda proposta nei
confronti della Azienda Napoletana Mobilità ANM da A.B., intesa ad ottenere la
declaratoria del diritto al pagamento della voce retributiva denominato
“nuovo terzo elemento salariale” soppressa e confluita nei c.d.
trattamenti sostitutivi a seguito dell’Accordo nazionale 25.7.1997 per gli
Autoferrotranvieri (art. 4) e mantenuta solamente a favore dei lavoratori in
servizio a tempo indeterminato con esclusione, dei lavoratori in servizio con
contratto di formazione e lavoro alla data della stipulazione dell’accordo.

2. La Corte, ha preliminarmente fatto una
ricognizione della disciplina del trattamento economico prevista negli accordi
nazionali, settore Autoferrotranvieri, rilevando che detta disciplina non ha
mai previsto l’erogazione, ai lavoratori assunti con contratto di formazione e
lavoro, di competenze accessorie unificate, di trattamenti sostitutivi o del
c.d. terzo elemento salariale; ha, poi, rilevato che l’Accordo nazionale
invocato – modificando unicamente la composizione del trattamento economico dei
lavoratori – non ha leso l’anzianità di servizio dei lavoratori in servizio con
contratto di formazione e lavoro né il valore degli scatti di anzianità loro
spettanti in caso di trasformazione del contratto in rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, non avendo, gli stèssi, mai percepito tale voce retributiva e
risultando, detta razionalizzazione degli elementi retributivi, coerente con i
principi normativi, nazionali ed europei, che regolano il contratto di
formazione e lavoro;

3. Avverso detta sentenza il lavoratore ricorre con
un motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c. L’azienda resiste con
controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l’unico motivo di ricorso si denunzia
violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 5 e 12 del d.l. n. 726 del
1984 convertito in legge n. 863 del 1984 e dell’art. 12 delle
disp.prel.cod.civ. nonché omesso esame di un fatto decisivo (in relazione
all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) e si rileva la nullità
dell’art. 4 dell’Accordo nazionale del 25.7.1997 che incide sul trattamento
economico dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro il cui
contratto è stato trasformato, dopo l’anno 1997, in rapporto a tempo
indeterminato, non avendo potuto fruire, detti lavoratori, della voce
retributiva denominata Nuovo terzo elemento salariale.

2. Il ricorso non è fondato.

3. Preliminarmente, va rilevato che esula
dall’oggetto del contendere ogni questione concernente la legittimità del
contratto di formazione e lavoro, trasformato in rapporto a tempo indeterminato
alla sua scadenza; la causa petendi della rivendicazione economica non risiede
nell’assunto dell’esistenza di vizi del contratto di formazione lavoro, tali
giustificarne la conversione giudiziale in rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato. Nella controversia non si fa, invero, questione di diritti
patrimoniali consequenziali all’accertamento della conversione del rapporto con
effetto ex tunc.

4. Questo Collegio ritiene di aderire
all’orientamento giurisprudenziale di legittimità, ormai consolidato, espresso
con le sentenze nn. 34359/2019; 12335/2016; 22256/2015; 21329/2014; 19436/2014;
19435/2014; 18951/2014; 18950/2014; 18949/2014; 18948/2014; 18947/2014 emesse
nei confronti dell’ANM Azienda Napoletana mobilità (nello stesso senso, le
sentenze 34358/2019; 34357/2019 emesse nei confronti di altre aziende), aventi
tutte ad oggetto elementi della retribuzione degli autoferrotranvieri (le
competenze accessorie unificate, c.d. CAU e il c.d. nuovo terzo elemento
salariale), voci che la contrattazione collettiva ha soppresso (in parte,
riducendone il valore), preservando il valore preesistente in favore dei soli
dipendenti che già ne beneficiavano sino al momento della soppressione, per
evitare che i médesimi subissero una improvvisa decurtazione della
retribuzione.

5. Orbene, in questi i casi, sono stati esclusi –
dalla garanzia di mantenimento del livello retributivo goduto – coloro che,
alla data della stipula dei relativi accordi collettivi, erano in servizio con
contratto di formazione lavoro e che non avevano mai percepito quel
trattamento. E ciò, non perché dopo la trasformazione del contratto sia stata
disconosciuta l’anzianità di servizio maturata durante il periodo di
formazione, ma perché quegli elementi retributivi non avevano mai fatto parte
della retribuzione agli stessi erogata; per la qual cosa, nel momento in cui
sono stati totalmente (nel caso del c.d. terzo elemento) o parzialmente (nel
caso delle c.d. CAU) soppressi, non si profilava, nei confronti dei medesimi,
alcun diritto quesito né alcun livello retributivo da mantenere o da
conservare.

6. Le considerazioni che precedono sono del tutto in
linea con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n.
20074/2010). (Ed infatti, essa ha espresso alcuni principi, da mantenere fermi,
secondo cui:

a) la previsione dell’art. 3 d.l. 726/1984, conv. in
I. 863/1984, per la quale, in caso di trasformazione del rapporto di formazione
e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a
tempo indeterminato con chiamata nominativa entro dodici mesi dalla cessazione
del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve
essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità sia
presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di
emolumenti che abbiano fondamento nella sola contrattazione collettiva, come
nel caso degli aumenti periodici di anzianità;

b) l’equiparazione tra periodo di formazione ed
anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo
carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì
disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla
sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre
un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che
abbiano avuto un pregresso periodo di formazione: sicché, con riguardo agli
istituti contrattuali l’anzianità di servizio può valere tanto o poco, ma non è
possibile, (per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione
legale suddetta, “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro
prevedendo che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non
valga.

7. Giova a questo punto ribadire l’appartenenza del
contratto di formazione lavoro (quale sua specie) al genere del contratto a
termine, pur nella sua eterogenea specificità di contratto a causa mista, per
la combinazione di formazione e lavoro (Cass. 4935/1995; Cass. 2822/1997).

Il fatto che, una volta trasformato in rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, l’anzianità maturata nel periodo di formazione
sia utile anche ai fini economici, consentendo l’acquisizione di scatti di
anzianità od altri benefici connessi all’anzianità di servizio, siano essi di
origine legale o contrattuale, non comporta tuttavia che là natura del rapporto
divenga a tempo indeterminato fin dalla sua stipulazione. La trasformazione fa
sì che gli istituti legati all’anzianità retroagiscano alla stipula del
contratto di formazione, ma “per il resto, il lavoratore deve considerarsi
come neo-assunto” (Cass. n. 6018/2009; Cass. n. 25256/2015).

8. Questa Corte, inoltre, ha già affermato (sentenze
nn. 12321/2008 e 11206/2009) che l’autonomia contrattuale può escludere, per i
lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, specifici elementi
retributivi (a meno che non vi sia l’espletamento, con pienezza di funzioni ed
attribuzioni, delle mansioni proprie della qualifica di destinazione) e che
possa essere corrisposta una retribuzione inferiore rispetto à quella degli
altri dipendenti anche al fine di incentivare la stabilizzazione del rapporto
(Cass. n. 4475/12; Cass. n. 19028/15; Cass. n. 13617/20).

9. Ribadito allora il principio per il quale, in
caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo
indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato con chiamata
nominativa entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e
lavoro, il periodo di formazione e lavoro debba essere computato nell’anzianità
di servizio, che in sé considerata costituisce la dimensione diacronica di un
fatto (qual è l’espletamento del servizio da parte del lavoratore, riguardando
quindi la norma una situazione di fatto, ossia il periodo di formazione e
lavoro seguito da periodo di lavoro ordinario), rilevante ai fini di vari
istituti di fonte legale o contrattuale (Cass. S.U. 20074/2010), deve parimenti
essere riaffermata la negazione del riconoscimento del “terzo elemento
salariale” a chi, al momento della sua soppressione (per effetto dell’art.
4 dell’accordo nazionale 25 luglio 1997), già non lo percepisse, come appunto i
lavoratori in formazione lavoro, con contratto poi trasformato.

E ciò per essere tale istituto non collegato, così
come le competenze accessorie unificate (cd. CAU), alla maturazione
dell’anzianità di servizio.

Esso è stato, infatti, istituito con l’accordo
nazionale 29 giugno 1988, al fine di finanziare i passaggi di uno o due livelli
nonché la nuova scala parametrale e costituito per aggregazione dell’indennità
giornaliera prevista dall’accordo nazionale 21 maggio 1981, come riparametrata
ad opera dell’accordo nazionale 17 giugno 1982 e di importi retributivi
reperiti dalle CAU e da altre indennità e compensi (art. 2). E l’accordo 21
maggio 1981 riconosceva appunto, a ciascun agente e con decorrenza 1 giugno
1981, un’indennità giornaliera di lire 570 per ogni effettiva giornata di
prestazione, senza entrare a far parte della retribuzione normale e pertanto
non utile agli effetti di alcun altro istituto o materia previsti dal contratto
nazionale o da accordo o da contratti aziendali e neanche quindi ai fini dei
trattamenti di buonuscita e di tredicesima e quattordicesima mensilità (art.
4).

Il terzo elemento è quindi divenuto “nuovo
terzo elemento”, per effetto del CCNL 2 ottobre 1989, che, dopo averlo
utilizzato per il conglobamento nelle nuove retribuzioni (art. 2), ha fatto
affluire i valori residui in un nuovo elemento retributivo denominato
“nuovo terzo elemento salariale”, parte integrante della retribuzione
normale prevista dall’art. 1 (Struttura della retribuzione) del CCNL 12 marzo
1980 (art. 3), in corrispondenza dell’importo al livello e alla qualifica di
ciascun lavoratore (come da tabelle allegate al CCNL 2 ottobre 1989, pgg. 147
ss.).

Infine, con l’art. 4 del CCNL del 25 luglio 1997, il
nuovo terzo elemento salariale è stato soppresso con decorrenza dalla sua data
di stipulazione; e dalla stessa data, i, valori stabiliti dalla tabella
retributiva allegati numeri da 2/A a 2/E e da 3/A a 3/E sono confluiti, ferma
restando in via transitoria la disciplina di cui al punto 3 dell’accordo
nazionale 2 ottobre 1989, nei trattamenti sostitutivi di cui all’art. 4 bis del
CCNL 12 marzo 1980, così come integrato dal punto 4 dell’accordo nazionale 2
ottobre 1989, venendo mantenuti ai soli lavoratori già in forza a tempo
indeterminato alla medesima data di stipulazione del (presente) contratto.

Sicché, alla luce del quadro contrattuale collettivo
illustrato, appare chiaro che il “terzo elemento salariale”,
mantenuto nel settore terziario, alla stregua di quota fissa della retribuzione
concordata con le controparti locali, a livello di accordi territoriali
(provinciali o regionali), è (stato) elemento retributivo autonomo da ogni
computo nell’anzianità di servizio.

10. L’orientamento ora ribadito dal Collegio è
altresì conforme alla disciplina comunitaria dettata in materia di contratti a
tempo determinato, di cui, come detto, il contratto di formazione e lavoro
rappresenta una species, in quanto – come ben evidenzialo da Cass. n. 18947/14
e qui confermato – la fattispecie in esame non riguarda un’indennità il cui
riconoscimento trovi titolo nell’anzianità di servizio e, inoltre, la clausola
2, punto 2, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il
18.3.1999 é inserito nell’ambito della direttiva 1999/70/Ce del Consiglio del
28.6.1999) conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità in ordine
all’applicazione dell’Accordo quadro ai rapporti di formazione professionale
iniziale e di apprendistato” nonché ai “contratti e rapporti di
lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento
e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi
pubblici” (sentenza Adeneler, p. 57; Sibilio, pp. 52 e 53; Della Rocca, p.
35).

11. Infine, va rilevato che già Cass. nn. 18946 e
18947/2014 hanno espressamente rilevato che la presente statuizione non si pone
in contrasto con la pronuncia dì illegittimità adottata da Cass. n. 13496/14
perché in quel caso i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro
percepivano – sin dall’assunzione – tale emolumento (e con l’Accordo del 1997
si erano visti sopprimere la voce retributiva), mentre nel caso di specie il
giudice di merito ha accertato che i lavoratori assunti con contratto di
formazione e lavoro non hanno mai percepito il c.d. nuovo terzo elemento
salariale.

12. Alla stregua, pertanto, delle considerazioni che
precedono, deve affermarsi che non violano il D.L. n. 726 del 1984, art. 3,
comma 5, convertito in L. n. 863 del 1984 e neppure introducono un trattamento
discriminatorio, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel
contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione,
distinguono i lavoratori con contratto di formazione lavoro dal personale già
in servizio con rapporto a tempo indeterminato, equiparando i primi al
personale di nuova assunzione ai limitati fini dell’attribuzione di nuove voci
salariali, senza incidere sulla conservazione dell’anzianità di servizio.

13. In conclusione, il ricorso va respinto e le
spese di lite del presente giudizio di legittimità sono interamente compensate
fra le parti considerata la complessità, della fattispecie da raffrontare con
l’evoluzione dell’orientamento giurisprudenziale.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese
del presente giudizio dì legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 agosto 2021, n. 23150
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