L’effettuazione della visita medica preventiva (ex art. 41 D.LGS. n 81/2008) al momento della ripresa dell’attività lavorativa riguarda le mansioni svolte prima dell’assenza per motivi di salute. Il lavoratore non può astenersi dalla presentazione sul posto di lavoro una volta venuto meno il titolo giustificativo della sua assenza.

Nota a Cass.  (ord.) 12 agosto 2021, n. 22819

Fabio Iacobone

La visita medica, attuata dal medico competente e “precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare la idoneità alla mansione” (di cui all’art. 41, co. 2, lett. e ter), D.LGS. 9 aprile 2008, n. 81 – TU in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), va interpretata nel senso che  “la ‘ripresa del lavoro’, rispetto alla quale la visita medica deve essere ‘precedente’, è costituita dalla concreta assegnazione del lavoratore, quando egli faccia ritorno in azienda dopo un’assenza per motivi di salute prolungatasi per oltre sessanta giorni, alle medesime mansioni già svolte in precedenza, essendo queste soltanto le mansioni, per le quali sia necessario compiere una verifica di “idoneità” e cioè accertare se il lavoratore possa sostenerle senza pregiudizio o rischio per la sua integrità psicofisica”.

In particolare, il lavoratore, laddove venga nuovamente destinato alle medesime mansioni assegnategli prima dell’inizio del periodo di assenza, può astenersi, ex art. 1460 c.c., “dall’eseguire la prestazione dovuta, posto che l’effettuazione della visita medica prevista dalla norma si colloca all’interno del fondamentale obbligo imprenditoriale di predisporre e attuare le misure necessarie a tutelare l’incolumità e la salute del prestatore di lavoro, secondo le previsioni della normativa specifica di prevenzione e dell’art. 2087 c. c.; sicché la sua omissione, integrando un inadempimento della parte datoriale di rilevante gravità, risulta tale da determinare una rottura dell’equilibrio sinallagmatico e da conferire, pertanto, al prestatore di lavoro una legittima facoltà di reazione” (v. Cass 27 marzo 2020, n. 7566/2020, in q. sito, con nota di F. BELMONTE).

La legge, tuttavia, non configura il suddetto controllo come condicio iuris della ripresa dell’attività lavorativa, né consente al lavoratore di rifiutare preventivamente di ripresentarsi in azienda.

Peraltro, il controllo in questione deve essere attivato ad iniziativa datoriale e non del lavoratore. Infatti, è ai sensi del co.4 del cit. art. 41 le visite mediche di cui al co. 2 sono a cura e spese del datore di lavoro, “al punto che la loro omissione può anche costituire grave inadempimento del datore di lavoro che, se del caso, legittima l’eccezione di inadempimento del lavoratore ex art. 1460 c.c.” (cfr. Cass. S.U. n. 12568/2018).

Nel caso in cui sia il lavoratore a rifiutare preventivamente di ripresentarsi in azienda, la situazione è diversa. Non si può cioè consentire al prestatore di lavoro di astenersi dalla presentazione sul posto di lavoro, “una volta venuto meno il titolo giustificativo della sua assenza (come nella specie, la ricorrente avendo superato il periodo di aspettativa richiesto)”. Tale presentazione rappresenta un momento distinto dall’assegnazione alle mansioni, in quanto diretta a ridare concreta operatività al rapporto. Inoltre il datore di lavoro, nell’esercizio dei suoi poteri, potrebbe sempre, quanto meno in via provvisoria e in attesa dell’espletamento della visita medica e della connessa verifica di idoneità, stabilire una diversa collocazione del proprio dipendente all’interno della organizzazione di impresa (cfr. Cass. n. 7566/2020, cit.).

Visita medica preventiva e ripresa dell’attività lavorativa
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