Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 settembre 2021, n. 25597

Infortunio sul lavoro, Risarcimento dei danni patrimoniali e
non patrimoniali, Colpa esclusiva del lavoratore, Accertamento

Considerato che

 

1. E.R.E.M. ha agito in giudizio nei confronti della
datrice di lavoro (appaltatrice), R.M. soc. coop., e della committente M.
s.r.l. (già M. s.p.a.) per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e
non patrimoniali conseguenti all’infortunio sul lavoro occorso il 10.6.2008.
Con successivo ricorso, poi riunito, l’INAIL ha proposto azione di regresso nei
confronti di entrambe le società.

2. Il Tribunale di Ravenna ha respinto le domande,
ritenendo l’infortunio attribuibile a colpa esclusiva del lavoratore.

3. La Corte d’appello di Bologna ha respinto
l’appello del lavoratore e dell’INAIL sul rilievo che non fosse dimostrata una
“omessa vigilanza datoriale e/o della committente, non risultando dalle
prove precostituite e costituende complessivamente valutate, nessuna prassi
contra legem tollerata, ma una unica condotta anomala posta in essere,
inopinatamente, nell’occasione dell’infortunio, dal prestatore”. Secondo i
giudici di appello, non era stata specificamente contestata la documentazione
prodotta dalla società datoriale e comprovante la formazione impartita al
dipendente e la predisposizione delle procedure di sicurezza. Peraltro, sulla
base di tali “elementi di natura documentale e delle deposizioni raccolte
(ivi inclusa la dichiarazione dell’infortunato che…era a precisare che l’evento
si era verificato per una sua disattenzione, in quanto aveva iniziato a
sollevare le lamiere…senza prima porsi a distanza di sicurezza)”, il
pubblico ministero aveva avanzato richiesta di archiviazione, poi accolta dal
giudice per le indagini preliminari.

4. Avverso tale sentenza, E.R.E.M. ha proposto
ricorso per cassazione affidato a due motivi. La M. s.r.l. ha resistito con
controricorso. L’INAIL ha depositato controricorso con ricorso incidentale,
articolato in due motivi. La R.M. soc. coop. ha resistito con distinti
controricorsi, verso il lavoratore e verso l’INAIL.

5. Il pubblico ministero ha depositato conclusioni
scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e di quello
incidentale; le società M. s.r.l. e R.M. soc. coop. hanno depositato memorie.

 

Considerato che

 

Ricorso principale di E.R.E.M.

6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai
sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3 cod. proc.
civ., violazione o falsa applicazione delle norme che disciplinano il
dovere di vigilanza incombente sul datore di lavoro e sul preposto, di cui agli
articoli 2, lett. e), 18, 19 e 299 del d.lgs. n. 81 del 2008.

7. Si assume che la Corte territoriale abbia errato
nell’individuare la causa esclusiva dell’infortunio nel comportamento
imprudente tenuto dal lavoratore che si era trattenuto, per disattenzione,
nella zona di movimentazione delle lamiere, senza considerare che proprio tale
comportamento era idoneo a disvelare la responsabilità datoriale sotto il
profilo della mancata vigilanza e della violazione delle misure di sicurezza.
Le attività di caricamento delle lamiere sugli automezzi erano definite dalla
società datoriale e dalla committente come eseguite in zone “a rischio
residuo”, per la cui esecuzione era adottata, quale unica misura
preventiva, una procedura operativa denominata POS 11 e POS 20.

La movimentazione di lastre del peso di circa 3200
chilogrammi ciascuna faceva sì che un qualsiasi errore nell’esecuzione delle
operazioni potesse comportare un rischio elevato di danno alla salute.

8. Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi
dell’articolo 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.,
violazione o falsa applicazione dell’articolo 2087
cod. civ. e del d.lgs. n. 81 del 2008, per
inidoneità della misura preventiva adottata nell’attività di caricamento delle
lamiere (procedure POS 11 e POS 20), a prevenire il rischio di infortuni
nell’area definita “a rischio residuo”.

9. Premesso che il datore di lavoro è tenuto a
tutelare il lavoratore anche in ordine a incidenti che possano derivare da sua
negligenza, imprudenza o imperizia e premesso che il datore di lavoro potrà
andare esente da responsabilità solo ove sia configurabile un rischio elettivo
in capo al lavoratore, si sostiene che le misure di sicurezza adottate, e in particolare
la segnaletica orizzontale volta a delimitare la zona “a rischio
residuo”, non fossero idonee ad impedire l’accesso del lavoratore nelle
suddette aree, mentre sarebbe stata esigibile l’installazione di una barriera
fisica o di appositi dispositivi elettronici, in grado di ostacolare il
passaggio del lavoratore anche per disattenzione o leggerezza o, in
alternativa, una assidua vigilanza.

Ricorso incidentale dell’INAIL contro la M. s.r.l. e
la R.M. soc. coop.

10. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai
sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3 cod. proc.
civ., la violazione dell’articolo 2087 cod.
civ. per avere la Corte di merito considerato adempiuto l’obbligo di
sicurezza posto a carico del datore di lavoro e della committente, in relazione
al rischio specifico di schiacciamento determinato dalla movimentazione di
lamiere di dimensione e peso ingente, attraverso la predisposizione di una
segnaletica orizzontale, in realtà inidonea ad impedire che gli operatori
addetti al caricamento delle lamiere sugli automezzi potessero azionare il
carroponte con l’apposita pulsantiera mobile rimanendo all’interno dell’area
definita “a rischio residuo”.

11. Si censura, inoltre, la sentenza d’appello là
dove ha ritenuto la condotta negligente, e non abnorme, del lavoratore idonea a
escludere la responsabilità della datrice di lavoro e della committente per
l’infortunio occorso.

12. Con il secondo motivo è dedotta, in relazione
all’articolo 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.,
la violazione degli artt. 2
lett. e), 18, 19 e 299 del d. Igs. n. 81 del 2008,
per non avere la Corte di merito considerato che la posizione di garanzia, di
cui erano titolari la datrice di lavoro e la committente, comportasse, oltre
all’obbligo di predisporre le misure di sicurezza, anche quello di vigilare
adeguatamente sul rispetto di tali misure da parte dei dipendenti.

13. I due motivi di ricorso principale e i due
motivi di ricorso incidentale possono essere trattati congiuntamente, perché
logicamente connessi e in parte sovrapponibili, e devono trovare accoglimento.

14. L’infortunio oggetto di causa si è verificato il
10.6.2008, presso lo stabilimento M., all’interno del capannone B2 adibito a
deposito di lamiere. I pacchi di lamiere, accatastati sul pavimento e disposti
in file verticali, dovevano essere movimentati con l’ausilio di un carroponte
per essere caricati su autoarticolati. Alle 18.30 E.R.E.M., dipendente della
Coop. R.M. (che operava presso lo stabilimento M. in virtù di un contratto di
affidamento lavori di facchinaggio, magazzino e carico camion), dopo aver
imbracato un pacco di lamiere e azionato la pulsantiera del carroponte, era
stato colpito a causa di una oscillazione del carico; egli durante tale
operazione era rimasto nella zona di lavorazione “a rischio residuo”,
anziché spostarsi nell’area sicura delimitata da strisce colorate apposte sul
pavimento (v. ricorso del lavoratore pag. 4; controricorso M. s.r.l. pagg. 7 e
8; controricorso R.M. Soc. coop.; controricorso Inail pagg. 2 e 3).

15. La sentenza d’appello, ai fini della
ricostruzione della dinamica dell’incidente, riporta le deposizioni dei testi
che hanno riferito dell’esistenza nello stabilimento di “cataste di
lamiere… l’una affiancata all’altra e distanziate da 60 cm.” e del fatto
che il lavoratore, al momento dell’infortunio, “si trovava fuori posizione
in quanto si trovava in mezzo alle lamiere (…) l’area sicura è segnalata
mediante segnaletica: c’è una linea verde per terra”.

16. La Corte di merito ha definito
“anomala” la condotta del lavoratore che, al momento di azionare il
carroponte per sollevare le lamiere, era rimasto vicino alle cataste di lamiere
senza spostarsi nella zona sicura, delimitata da linee collocate sul pavimento,
ed ha ritenuto tale condotta sufficiente ad escludere ogni responsabilità datoriale.

17. Le sintetiche statuizioni in cui si esaurisce la
motivazione della sentenza impugnata non sono rispettose dei principi affermati
da questa Corte, con giurisprudenza ormai consolidata, in tema di
responsabilità conseguente a infortunio sul lavoro.

18. L’obbligo di sicurezza posto a carico del datore
di lavoro, e che trova fondamento nell’art. 32
Cost. oltre che nell’art. 31
della c.d. Carta di Nizza, ove si prevede che «ogni lavoratore ha diritto a
condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose», è declinato attraverso
specifiche disposizioni di legge (tra cui il d.lgs.
81 del 2008) e attraverso la norma di chiusura dettata dall’art. 2087 cod. civ., così che è imposto al datore
di lavoro di adottare non solo le particolari misure tassativamente previste
dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata, ma anche
tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per tutelare
l’integrità psicofisica del lavoratore, in base all’esperienza ed alla tecnica
e tenuto conto della concreta realtà aziendale e degli specifici fattori di
rischio, sia pure, come è stato precisato, in relazione ad obblighi di
comportamento concretamente individuati (v. in tal senso, Cass. n. 30679 del 2019; n. 14066 del 2019; n. 12863 del 2004).

19. La mancata attuazione delle misure di prevenzione,
specificamente previste da norme di legge oppure esigibili nel caso concreto in
base alle regole di prudenza, perizia e diligenza, e idonee ad impedire
l’evento lesivo oppure a ridurne le conseguenze, fonda la responsabilità
datoriale per il caso di infortunio occorso al lavoratore.

20. Si è ulteriormente precisato che le norme
dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire
l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore
anche dagli incidenti ascrivibili a sua imperizia, negligenza ed imprudenza.

21. La dimensione dell’obbligo di sicurezza che
grava sul datore di lavoro comporta che questi sia tenuto a proteggere
l’incolumità dei lavoratori e a prevenire anche i rischi insiti nella possibile
negligenza, imprudenza o imperizia dei medesimi nell’esecuzione della
prestazione, dimostrando di aver posto in essere ogni precauzione a tal fine
idonea (v. Cass. n. 16026 del 2018; n. 798 del 2017; n.
27127 del 2013; n. 4075 del 2004).

22. Con la conseguenza che il datore di lavoro è
sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di
adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al
rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore, sia quando, pur avendo
adottate le necessarie misure, non accerti e vigili affinché queste siano di
fatto rispettate da parte del dipendente (v. Cass.
n. 2209 del 2016).

23. In tale cornice, l’eventuale condotta colposa
del lavoratore non può avere alcun effetto esimente per l’imprenditore che
abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative
prescrizioni o per la mancata adozione delle misure necessarie a tutela della
salute psicofisica dei lavoratori.

24. L’eventuale imprudenza o negligenza del
lavoratore non rileva neanche ai fini del concorso di colpa quando vi sia
inadempimento datoriale rispetto all’adozione di cautele, tipiche o atipiche,
concretamente individuabili, nonché esigibili ex ante ed idonee ad impedire,
nonostante l’imprudenza del lavoratore, il verificarsi dell’evento dannoso (v. Cass. n. 30679 del 2019).

25. Questa Corte ha escluso la sussistenza di un
concorso di colpa della vittima, ai sensi dell’art.
1227, comma 1, cod. civ., (al di fuori dei casi cd. di rischio elettivo),
quando risulti che il datore di lavoro abbia omesso di adottare le prescritte
misure di sicurezza, oppure abbia egli stesso impartito l’ordine,
nell’esecuzione puntuale del quale si è verificato l’infortunio, o ancora abbia
trascurato di fornire al lavoratore infortunato una adeguata formazione ed
informazione sui rischi lavorativi; ricorrendo tali ipotesi, l’eventuale
condotta imprudente della vittima degrada a mera occasione dell’infortunio ed
è, pertanto, giuridicamente irrilevante (Cass. n.
8988 del 2020). Si è, in particolare, escluso il concorso di colpa del
lavoratore ove l’infortunio sia avvenuto a causa della organizzazione stessa
del ciclo lavorativo, impostata con modalità contrarie alle norme finalizzate
alla prevenzione degli infortuni, o comunque contraria ad elementari regole di
prudenza (v. Cass. n. 8988 del 2020 cit.; n. 12538 del 2019).

26. Nella giurisprudenza di questa Corte è costante
l’affermazione secondo cui la condotta del dipendente può comportare l’esonero
totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando presenti i caratteri
dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento
lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed
eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (v. Cass. 4075
del 2004), cioè quando la condotta del lavoratore, del tutto imprevedibile
rispetto al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive
ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell’evento (v. Cass. n. 3786 del 2009).

27. Si è parlato, in proposito, di “rischio
elettivo”, intendendosi una condotta personalissima del lavoratore,
esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del
tutto personali, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa e tale da
creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità di lavoro e da
porsi come causa esclusiva dell’evento, interrompendo il nesso eziologico tra
prestazione ed attività assicurata (v. Cass. n.
3763 del 2021; n. 7649 del 2019; n. 16026 del 2018; n.
798 del 2017; n. 7313 del 2016; n. 28786
del 2014; n. 12779 del 2012; n. 21694 del 2011).

28. In relazione al precetto stabilito dall’art. 2087 cod. civ., la responsabilità del datore
di lavoro, nel caso di danno alla salute subito dal lavoratore, è quindi
esclusa se il danno è provocato da una condotta di quest’ultimo del tutto
atipica ed eccezionale rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive
ricevute in modo da porsi come causa esclusiva dell’evento dannoso (Cass. n. 7127 del 2007).

29. Sul tema della distribuzione dell’onere
probatorio, si è costantemente affermato che, ai fini dell’accertamento della
responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087
cod. civ. – la quale non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva –
al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa
svolta, un danno alla salute, incombe l’onere di provare l’esistenza di tale
danno, la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due
elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore
abbia provato le suddette circostanze, l’onere di dimostrare di avere adottato
tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste,
di aver vigilato circa l’effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al
dipendente (Cass. n. 3786 del 2009).

30. Più esattamente, il lavoratore che agisca nei
confronti del datore di lavoro per il risarcimento integrale del danno patito a
seguito di infortunio sul lavoro ha l’onere di provare il fatto costituente
l’inadempimento ed il nesso di causalità materiale tra questo ed il danno, ma
non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la presunzione di
cui all’art. 1218 cod. civ.. In particolare,
nel caso di omissione di misure di sicurezza espressamente previste dalla
legge, o da altra fonte vincolante, cd. nominate, la prova liberatoria
incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti
provati dal lavoratore; viceversa, ove le misure di sicurezza debbano essere
ricavate dall’art. 2087 cod. civ., cd.
innominate, la prova liberatoria è generalmente correlata alla quantificazione
della misura di diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle
indicate misure di sicurezza, imponendosi l’onere di provare l’adozione di
comportamenti specifici che siano suggeriti da conoscenze sperimentali e
tecniche, quali anche l’assolvimento di puntuali obblighi di comunicazione (Cass. n. 10319 del 2017; n. 14467 del 2017; n. 34 del 2016; n.
16003 del 2007).

31. La Corte di merito non ha fatto corretta
applicazione dei principi appena richiamati là dove ha escluso ogni
responsabilità datoriale sul presupposto di una condotta “anomala” del
lavoratore, e sebbene avesse accertato in fatto che questi si era infortunato,
non per aver posto in essere una condotta arbitraria, dettata da finalità e
motivi personali ed estranea allo svolgimento delle mansioni e alla direttive
ricevute (secondo i canoni del “rischio elettivo”), bensì mentre
eseguiva come di consueto la prestazione lavorativa, consistente nello
spostamento delle lamiere, e stava azionando il carroponte tramite l’apposita
pulsantiera; in tale frangente, era stato colpito dalla oscillazione delle
lamiere sollevate col carroponte, in quanto si trovava nella zona di
movimentazione del carico, da cui non si era tempestivamente allontanato.

32. Partendo dall’assunto erroneo di configurabilità
di un rischio elettivo, capace di recidere il nesso causale tra l’obbligo di
sicurezza a carico del datore e/o committente e l’infortunio occorso, la
sentenza impugnata è incorsa nel denunciato errore di diritto, per violazione
dell’art. 2087 cod. civ., in quanto ha del
tutto omesso di indagare sulla idoneità delle misure di prevenzione adottate
dalla datrice di lavoro e/o dalla committente (apposizione di segnaletica
orizzontale costituita da una linea verde e procedure operative POS 11 e 20) a
scongiurare il rischio connesso alla movimentazione delle lamiere, di notevole
peso e dimensioni; rischio che era necessario valutare anche in relazione ad
una possibile condotta negligente e imprudente del lavoratore.

33. Con la conseguenza che l’indagine sul corretto
adempimento dell’obbligo di sicurezza da parte del datore di lavoro e/o della
committente (sull’obbligo di sicurezza che grava sul committente v. Cass. n. 798 del 2017; n. 11311 del 2017; n.
17092 del 2012) avrebbe dovuto comprendere la utilizzabilità di ulteriori o
diversi sistemi protettivi in grado di tutelare l’integrità psicofisica dei
lavoratori anche rispetto a condotte negligenti o imprudenti dei medesimi, nel
caso di specie ad esempio, secondo quanto prospettato dalle parti ricorrenti,
attraverso l’impiego di barriere tecnologicamente avanzate, atte ad impedire
l’accesso all’area di movimentazione dei carichi (definita “a rischio
residuo”) una volta azionato il carroponte oppure di strumenti atti a
impedire che il carroponte potesse essere azionato da chi si trovava nella zona
non sicura.

34. Difatti, l’obbligo di tutela delle condizioni di
lavoro posto dall’art. 2087 cod. civ. non può
dirsi adempiuto se le misure di prevenzione adottate nella organizzazione delle
modalità operative della prestazione, da parte del datore di lavoro e dal
committente, non siano idonee ad eliminare del tutto o, comunque, nella misura
massima possibile secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la
tecnica, anche i rischi derivanti da imprudenza, negligenza o imperizia del
lavoratore, sicché ove l’infortunio costituisca realizzazione di tali rischi,
deve anche escludersi il concorso di colpa del lavoratore.

35. I giudici di merito, avendo qualificato abnorme
la condotta abnorme del lavoratore, non hanno correttamente applicato le
disposizioni denunciate neanche rispetto al puntuale adempimento, durante le
operazioni di sollevamento e di carico delle lamiere, dell’obbligo di vigilanza
da parte del datore di lavoro e/o del committente, anche per il tramite dei
loro preposti (v. art. 18, comma
3 bis, e 19, comma 1, lett. a del d.lgs. n. 81 del 2008).

36. Per le ragioni esposte, in accoglimento del
ricorso principale e di quello incidentale, deve cassarsi la sentenza
impugnata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione,
che procederà ad un nuovo esame della fattispecie attenendosi ai principi di
diritto sopra richiamati, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio
di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale e il ricorso
incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di
Bologna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 settembre 2021, n. 25597
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