Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 settembre 2021, n. 26510

Tributi, IRPEF, Reddito da lavoro dipendente, Somme che
concorrono alla determinazione, Mance, Imponibilità

 

Rilevato che

 

Con sentenza n. 65/8/14 pubblicata il 20 febbraio
2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Sardegna –
sezione staccata di Sassari – ha accolto l’appello proposto dal sig. T. S.
avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Sassari n.
157/1/12 con la quale era stato rigettato il ricorso del S. avverso l’avviso di
accertamento n. TW901DF00109/2010 emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle
Entrate e con il quale venivano recuperati a tassazione per l’anno 2005 redditi
da lavoro dipendente non dichiarati per € 77.321,00 corrispondenti a mance
percepite nello svolgimento delle proprie mansioni di capo ricevimento alle
dipendenze della S.R. s.r.l. presso l’hotel R..

La Commissione tributaria regionale ha considerato
non tassabili le somme percepite a titolo di mance, ritenendo non comprese
nella previsione di reddito da lavoro dipendente di cui all’art. 51 del TUIR nel testo in
vigore dal primo gennaio 2004 al 2008, stante la loro natura aleatoria ed in
quanto percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore
di lavoro.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per
cassazione avverso tale sentenza, affidato ad un unico motivo.

Il contribuente è rimasto intimato.

 

Considerato che

 

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta
violazione e falsa applicazione dell’art.
51, primo e secondo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.; in
particolare si deduce che le somme oggetto della tassazione in questione sono
state comunque percepite dal contribuente in relazione al rapporto di lavoro,
per cui rientrano pienamente nella nozione di lavoro dipendente introdotta con
la riforma del d.lgs. n. 314 del 1997, in
sostituzione del precedente art. 48
del TUIR, che sottolinea la natura onnicomprensiva del reddito da lavoro
dipendente non più limitato al salario percepito dal datore di lavoro.

1.1. Il motivo di ricorso è fondato.

L’attuale art.
51, primo comma, del TUIR, nel testo post – riforma del 2004, applicabile,
ratione temporis, nella presente controversia, del medesimo tenore letterale
dell’art. 48 dello stesso testo
unico delle imposte sui redditi, così come già a suo tempo modificato dal d.lgs. 2 settembre 1997 n. 314, espressamente
prevede che «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i
valori in genere» (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni
e dei servizi) «a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto
forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».

A sua volta l’art. 49, comma 1, del TUIR nella
formulazione applicabile ratione temporis, reca la medesima definizione di
redditi da lavoro dipendente, di cui al previgente art. 46 nel testo ante riforma del
2004, quale a sua volta sostituito, con decorrenza dal primo gennaio 1998,
dall’art. 1, comma 1, del citato
d. Igs. n. 314/1997, secondo cui «sono redditi di lavoro dipendente quelli
che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con
qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il
lavoro a domicilio quando è considerato dipendente secondo le norme della
legislazione sul lavoro».

Risulta, pertanto, marcata, la differenza rispetto
all’originaria previsione di cui all’art. 48 del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 597, che definiva il reddito da lavoro dipendente come «costituito
da tutti i componenti in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta
anche sotto forma di partecipazione agli utili in dipendenza del rapporto di
lavoro» poi sostanzialmente trasfuso nell’art. 48 TUIR nel suo testo
originario, secondo cui «[i]l reddito da lavoro dipendente è «costituito da
tutti i compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta anche
sotto forma di partecipazione agli utili in dipendenza del rapporto di lavoro,
comprese le somme percepite a titolo di rimborso di spese inerenti alla
produzione del reddito e le erogazioni liberali». Per quanto è ancora di
rilievo in questa sede, l’attuale art.
51, secondo comma, lett. i) del TUIR, così come l’analoga disposizione del
previgente art. 48, secondo
comma, lett. i), stabilisce che non concorrono a formare il reddito le mance
percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco (croupiers) direttamente
o per effetto del riparto a cura di appositi organismi costituiti all’interno
dell’impresa nella misura del 25 per cento dell’ammontare percepito nel periodo
d’imposta.

L’art.
12 della I. 30 aprile 1969, n. 153, nel testo sostituito dall’art. 6, comma 1, del d. Igs. n.
314/1997, rinvia, infine, per la determinazione dei redditi da lavoro
dipendente ai fini contributivi, all’art.
46 comma 1 TUIR, di modo che costituiscono a tal fine i redditi di cui al
citato art. 46 (ora, dunque, 49),
comma 1, TUIR, maturati nel periodo di riferimento.

Così ricostruito il quadro normativo, che, a seguito
dell’emanazione del citato d. Igs. n. 314/1997,
ha evidenziato un’unica nozione di reddito da lavoro dipendente tanto ai fini
fiscali che contributivi, va rilevato come debba essere condiviso l’assunto
dell’Amministrazione finanziaria ricorrente, consonante con il proprio
documento di prassi seguito all’emanazione del citato decreto legislativo (cfr.
Circolare ministeriale n. 326 del 23 dicembre 1997,
par. 2.1.), secondo cui l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro
dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente
riceve, anche, quindi, come nel caso in esame, non direttamente dal datore di
lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare, per sua comune
esperienza, ragionevole, se non certo affidamento.

Il nesso di derivazione delle somme che comunque
promanino dal rapporto di lavoro ne giustifica, nel citato contesto normativo
di riferimento, la totale imponibilità, salvo le esclusioni (e/o deroghe)
espressamente previste.

1.2. Può, pertanto, sotto il profilo propriamente
tributario, ed in termini generali, prestarsi condivisione a quanto già a suo
tempo affermato dalla sezione lavoro di questa Corte (cfr. Cass. sez. lav., 21 marzo 2006, n. 6238), resa in
fattispecie riguardante mance dei croupíers, dove, peraltro, l’inclusione,
parziale, delle mance, secondo la specifica disciplina sopra ricordata, nella
base del reddito rilevante sembra piuttosto affermata in considerazione della
disposizione contrattuale che attribuisce 
ad apposito organismo della casa da gioco il compito di ripartire le
mance stesse.

1.2.1. Si ebbe, allora, ad osservare che «[m]entre
la retribuzione è strettamente connessa, in virtù del vincolo sinallagmatico
che qualifica il rapporto di lavoro subordinato, con la prestazione lavorativa,
il concetto di derivazione dal rapporto di lavoro, contenuto nella norma in
esame» (ora art. 49 TUIR)
«prescinde dal suddetto sinallagma ed individua pertanto non solo tutto quanto
può essere concellualmente inquadrato nella nozione di retribuzione, ma anche
tutti quegli altri introiti del lavoratore subordinato, in denaro o natura, che
si legano casualmente con il rapporto di lavoro (e cioè derivano da esso), nel
senso che l’esistenza del rapporto di lavoro costituisce il necessario
presupposto per la loro percezione da parte del lavoratore subordinato.
Costituisce logica conseguenza di quanto fin qui detto che l’ampiezza del
concetto di derivazione adottato dal legislatore impone di inserire nella
nozione di redditi di lavoro anche gli introiti corrisposti al lavoratore
subordinato da soggetti terzi rispetto al rapporto di lavoro sempre che
ricorrano i suddetti requisiti».

Dalla tecnica seguita dal legislatore di definire in
termini generali la nozione di reddito di lavoro dipendente e di prevedere poi
specifiche ipotesi di esclusione deve logicamente desumersi che i redditi
indicati come esclusi rientrino nella nozione generale, atteso che,
diversamente opinando, non vi sarebbe alcuna necessità di prevedere
l’esclusione.

1.2.2. Non giova, pertanto, a sostegno della tesi
esposta dal contribuente nel doppio grado di merito, contestare la natura
retributiva delle mance per sostenere che le stesse non sono ricomprese nella
nozione di reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51 del d.P.R. n. 917/1986,
atteso che, per le ragioni fin qui esposte, tale nozione è diversa e più ampia
di quella di retribuzione (cfr., riguardo al profilo fiscale, sul rilievo del
nesso di derivazione di somme percepite in relazione a rapporto di lavoro,
piuttosto che del concetto di corrispettività, Cass. sez. 5, 4 giugno 2014, n.
12485 in tema di trattamento fiscale di cd. Incentivo all’esodo).

1.3. Il fatto poi che per le mance spettanti ai
croupiers sia stata prevista una deduzione forfettaria del 25%, ciò integrando
una disciplina agevolativa per una specifica categoria di lavoratori, comporta
che detta disciplina non possa essere oggetto di interpretazione analogica o
estensiva, avendo più volte questa Corte affermato la natura di stretta
interpretazione delle norme in materia di agevolazione tributaria (cfr., ex
multis, tra le altre, Cass. sez. 5, 28 ottobre 2020, n. 23686; Cass. sez. 5, 6 dicembre 2016, n. 24894; Cass. SU 2 maggio 2014, n. 9560).

1.4. Va infine osservato come, al riguardo, proprio
in ragione della sostanziale convergenza, alla luce delle sopra richiamate
disposizioni normative, tra disciplina fiscale e previdenziale, con
l’accoglimento di una nozione di reddito di lavoro utilizzabile sia ai fini
contributivi che a quelli tributari, le considerazioni già esposte, in ambito
previdenziale, da Corte cost. 7 novembre 2001, n.
354, inducano a non ipotizzare dubbi di legittimità costituzionale riguardo
all’art. 51 TUIR nella sua
interpretazione in questa sede accolta.

2. Il ricorso dell’Agenzia delle entrate merita
pertanto accoglimento, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e
rinvio della causa per nuovo esame alla Commissione tributaria della Sardegna –
sezione staccata di Sassari – in diversa composizione, che si uniformerà al
principio di diritto di seguito formulato: «In tema di reddito da lavoro dipendente,
le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla
propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito
della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’art. 51, primo comma, del d.P.R. n.
917/1986, e sono pertanto soggette a tassazione».

Il giudice di rinvio provvederà inoltre al
regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sardegna – sezione staccata
di Sassari – in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle
spese del giudizio di legittimità.

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