Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 ottobre 2021, n. 27253

Infortunio sul lavoro, Omessa informazione delle misure
precauzionali, Responsabilità, Estinzione del reato per prescrizione

Rilevato che

 

1. Con sentenza n. 213 depositata il 17.7.2019 la
Corte di appello di Brescia, in conformità alla pronuncia del Tribunale della
medesima sede, ha accolto la domanda di regresso proposta dall’INAIL con
riferimento alle somme erogate al dipendente A.M. a seguito di infortunio sul
lavoro del 14.10.2004, condannando S.B. e la società C. s.c.a.r.l., in solido
tra loro, al pagamento della somma complessiva di euro 1.222.177,14, oltre
accessori.

2. La Corte territoriale ha rilevato che il B. –
ritenuto colpevole, nonché condannato al risarcimento dei danni in favore
dell’INAIL (costituito parte civile nel processo penale), in sede di appello
per il reato di cui all’art. 590 c.p. in quanto, quale assistente di cantiere
preposto ai lavori edili della ditta appaltatrice C. s.c.a.r.l. di Firenze,
aveva omesso di informare il dipendente M. sulle misure precauzionali da tenere
nel corso dell’operazione di posizionamento di lastre (che avevano colpito al
volto il dipendente) . era stato prosciolto per intervenuta prescrizione del
reato dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 27586 del 2013), la quale aveva
peraltro respinto il ricorso (del B.) agli effetti civili, confermando le
statuizioni di condanna della Corte di appello e condannandolo a rimborsare
all’INAIL, parte civile costituita, le spese del giudizio; riteneva, dunque,
che la responsabilità civile del B. nei confronti dell’INAIL era stata ormai
accertata con sentenza passata in giudicato, e, aggiungeva, in ogni caso, che
il ruolo di sovrintendente e coordinatore del cantiere rivestito dal B.
imponeva di informare il lavoratore M. delle regole da rispettare per svolgere
in sicurezza le relative mansioni di operaio; infine, per quel che interessa,
la Corte territoriale rilevava che ricorreva una responsabilità solidale tra B.
e la C. s.c.a.r.l., essendo, il primo, responsabile direttamente per
l’infortunio accaduto al M. e, la seconda, responsabile indirettamente, ex art.
2049 cod.civ., per il fatto illecito commesso dal preposto.

3. Avverso tale decisione S.B. ha proposto ricorso
affidato a tre motivi, illustrati da memoria, e l’INAIL resiste con
controricorso. La società C. S.c.a.r.l. (nelle persone giuridiche di C. s.r.l.
in liquidazione e Associazione cooperativa M. & A.R.-soc. coop.a. quali
successori della società C. estinta) è rimasta intimata.

4. La proposta del relatore è stata comunicata alle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo
380 bis cod.proc.civ.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 578, 651 e 654 c.p.p., in relazione
all’art. 360 cod.proc.civ., n. 3. avendo, la Corte territoriale, trascurato che
non vi è nessuna sentenza passata in giudicato atteso che, all’esito del
procedimento penale in relazione alla responsabilità ex art. 590 c.p. del B.,
la Corte di Cassazione penale (con sentenza n. 27586 del 2013) ha annullato
senza rinvio la condanna del medesimo per intervenuta estinzione del reato per
prescrizione. Conseguentemente, il giudice civile non era vincolato alla
sentenza penale.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 cod.civ., in relazione all’art.
360 cod.proc.civ., n. 3. avendo, la Corte territoriale, trascurato che il B.
non era il datore di lavoro del lavoratore infortunato né un soggetto delegato
dotato di particolare posizione di garanzia, bensì un mero dipendente con
qualifica di impiegato di VII livello, ed in cantiere svolgeva il ruolo di
assistente.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 2049 cod.civ. , in relazione all’art.
360 cod.proc.civ., n. 3. avendo, la Corte territoriale, ove ha condannato in
solido il B. con la C. s.c.a.r.l, trascurato la domanda riconvenzionale
proposta dal B. nei confronti della C. (quale società consortile costituita tra
le imprese C. s.p.a. e A. soc.coop. a r.l., componenti dell’ATI affìdataria
dell’appalto A. s.p.a. per la realizzazione del tratto autostradale), dovendo
essere . il B., mero dipendente della C. s.p.a. – manlevato e tenuto indenne dalle
pretese risarcitorie in ragione del ritenuto rapporto di occasionalità
necessaria intercorso con la C. s.c.a.r.l.., la quale ultima – quale datore di
lavoro del lavoratore infortunato – doveva in esclusiva rispondere
integralmente per i danni arrecati da fatto illecito.

4. I motivi di ricorso, che possono essere trattati
congiuntamente in considerazione della stretta connessione e concernente il
profilo di responsabilità civile del B. per l’infortunio occorso al dipendente
della C. s.c.a.r.l. M., sono manifestamente infondati.

4.1. Le disposizioni di cui agli artt. 651, 651-bis,
652, 653 e 654 c.p.p. prevedono rispettivamente l’efficacia, nel giudizio
civile o amministrativo di danno promosso nei confronti del condannato o del
responsabile civile citato o intervenuto nel processo penale, della sentenza
penale irrevocabile di condanna e della sentenza di proscioglimento per
particolare tenuità del fatto, quanto all’accertamento della sussistenza del
fatto, della sua illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha
commesso; l’efficacia, nello stesso giudizio civile o amministrativo, della
sentenza penale irrevocabile di assoluzione quanto all’accertamento che il
fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, o che il fatto è stato
compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà
legittima; l’efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare ed in
giudizi civili o amministrativi in cui si controverta intorno ad un diritto o
ad un interesse legittimo il cui riconoscimento dipenda dall’accertamento dei
fatti materiali oggetto del procedimento penale.

Si tratta di disposizioni che costituiscono
eccezioni al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e
civile e non sono, pertanto, applicabili in via analogica oltre i casi
espressamente previsti.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. n.
1768 del 2011), cui si sono uniformate le successive sentenze n. 21299 del 2014
e n. 14570 del 2017 hanno chiarito che nel caso di sentenza meramente dichiarativa
della intervenuta prescrizione – dovendosi escludere l’applicazione analogica
delle predette disposizioni, atteso il carattere eccezionale delle stesse e
tenuto conto del fatto che non sempre la prescrizione importa l’accertamento
della sussistenza del fatto materiale costituente reato – il giudice civile
deve procedere autonomamente all’accertamento ed alla valutazione dei fatti,
anche se non può escludersi la facoltà del giudice civile di utilizzare come
fonte del proprio convincimento le prove raccolte nel giudizio penale, ponendo
a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le
garanzie di legge in quella sede e sottoponendoli al proprio vaglio critico,
mediante il confronto con gli elementi probatori emersi nel giudizio civile.

4.2. Deve, peraltro, richiamarsi l’orientamento
della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la sentenza del giudice
penale che, nel dichiarare estinto per amnistia il reato, abbia altresì
pronunciato condanna definitiva dell’imputato al risarcimento dei danni in
favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e
separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine
all’affermata responsabilità dell’imputato che, pur prosciolto dal reato, non può
più contestare in sede civile i presupposti per l’affermazione della sua
responsabilità, quali, in particolare, l’accertamento della sussistenza del
fatto reato e l’insussistenza di esimenti ad esso riferibili, nonché la
declaratoria iuris di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni,
ma può contestare soltanto l’esistenza e l’entità in concreto di un pregiudizio
risarcibile (Cass. n. 15557 del 2002, Cass. n. 2083 del 2013, Cass. n. 5660 del
2018, Cass. n. 11467 del 2020).

4.3. Aderente alle pronunce da ultimo citate è il
caso che ne occupa, ove il giudice civile è stato chiamato a pronunciarsi, a
seguito della pronuncia di estinzione del reato, sulla domanda di risarcimento
dei danni derivanti dal fatto reato.

Invero, nel caso di specie, nel giudizio penale
concluso con una pronuncia estintiva del reato per prescrizione, si è formato
il giudicato sulla statuizione resa dal giudice penale, a norma dell’art. 578
c.p.p., sulla domanda civile portata nella sede penale. Ciò in quanto, come
riportato in narrativa, questa Corte, con la sentenza n. 27586 del 2013,
nell’annullare senza rinvio la pronuncia della Corte di merito di condanna del
B., per essere il reato estinto per prescrizione, ha “rigettato il ricorso del
B. agli effetti civili, confermando le relative statuizioni di condanna
contenute nella sentenza di appello, e condannando il B. a rimborsare
all’INAIL, parte civile costituita, le spese del giudizio di Cassazione”.

La Corte di merito si è, dunque, attenuta agli
enunciati principi di diritto, richiamando, dapprima, il generale principio di
autonomia tra il giudizio penale e quello civile ma ponendo, poi, specifico
rilievo alle distinte statuizioni civili di condanna adottate nel giudizio
penale di appello – e non annullate, ma anzi espressamente fatte salve dalla
pronuncia della Cassazione – alla stregua della considerazione che le stesse si
riferivano alle conseguenze risarcitorie del fatto reato nei confronti della
parte civile.

Correttamente, poi, la Corte territoriale ha
ritenuto che la colpa specifica del B. quale preposto della società C.,
accertata in sede penale, seppur concorrente con la responsabilità indiretta
della società, ex art. 2049 cod.civ., non esime lo stesso B. dalla
responsabilità diretta per l’infortunio, atteso che l’obbligazione
risarcitoria, derivando da un fatto dannoso unico imputabile a più persone, è
solidale (cfr. Cass. n. 11039 del 2006, Cass. n. 8372 del 2014, Cass. n. 24935
del 2015).

5. In conclusione, il ricorso va rigettato e le
spese di lite seguono il (“criterio della soccombenza dettato dall’art. 91
cod.proc.civ.

6. Sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma
1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge
di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento,
nei confronti dell’INAIL, delle spese del presente giudizio di legittimità che
liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 10.000,00 per compensi
professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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