Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 ottobre 2021, n. 27934

Rapporto di lavoro, Dimissioni, Rinunzia al periodo di
preavviso, Pagamento della indennità sostitutiva

 

Rilevato che

 

1. la Corte di appello di Torino ha confermato la
sentenza di primo grado di rigetto della opposizione di G.T. s.p.a. al decreto
ingiuntivo ottenuto da R.R. per il pagamento della somma di € 54.470,91 a
titolo di indennità sostitutiva del preavviso e integrazioni conseguenti sul
rateo di tredicesima mensilità e di tfr, oltre accessori;

1.1. la statuizione di conferma è stata fondata
sulle seguenti considerazioni: a) la documentazione presentata dal R. integrava
il requisito della prova scritta ex art. 633 cod.
proc. civ.; b) la rinunzia al periodo di preavviso da parte di G.T. s.p.a.
a fronte delle dimissioni del lavoratore non esonerava la suddetta dal
pagamento della indennità sostitutiva; c) il lavoratore, nel sottoscrivere
“per ricevuta e accettazione” la missiva con la quale la società gli
aveva comunicato di esonerarlo dal preavviso, non aveva espresso alcuna volontà
di rinunzia alla relativa indennità; d) la immediata rioccupazione del
lavoratore non pregiudicava il diritto dello stesso alla somma oggetto di
ingiunzione;

2. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso G.T. s.p.a. sulla base di sette motivi; R.R. ha resistito con
tempestivo controricorso;

3. entrambe le parti hanno depositato memoria ai
sensi dell’art. 380-bis .1. cod. proc. civ.;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce nullità della sentenza per violazione degli artt.
132, comma 2, n. 4, 156 e 633 cod. proc. civ., denunziando apparenza di
motivazione circa la esistenza di prova scritta del credito oggetto di
ingiunzione; sostiene in particolare che i documenti prodotti a sostegno della
pretesa monitoria (contratto di lavoro, nomina a dirigente, lettera società di
esonero del lavoratore, ecc.) non erano rappresentativi del diritto
all’emolumento in contestazione;

2. con il secondo motivo di ricorso, deduce
violazione dell’art. 2118 cod. civ. censurando
la sentenza impugnata per avere attribuito al R. il diritto all’indennità
sostitutiva del preavviso pur essendo pacifico che era stato il detto
lavoratore a recedere dal contratto di lavoro;

3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione delle disposizioni del c.c.n.I. dirigenti Industria
applicato al rapporto di lavoro: premessa la necessità di specifico atto di
autonomia negoziale, individuale o collettiva, per il conferimento al
lavoratore dimissionario, in senso acquisitivo rispetto all’art. 2018 cod. civ., del diritto all’indennità
sostitutiva in caso di rinunzia al preavviso della parte datoriale, deduce
l’errore del giudice di appello per avere omesso di rilevare l’assenza nel
contratto collettivo di una previsione destinata a disciplinare gli effetti
della rinunzia al preavviso del soggetto datore di lavoro in deroga alla
disciplina codicistica;

4. con il quarto motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione dell’art. 2118 cod. civ.
per avere la sentenza impugnata escluso, in contrasto con la disciplina
codicistica, la libera rinunziabilità al periodo di preavviso, ponendo a carico
della parte non recedente l’obbligo all’erogazione della relativa indennità
sostitutiva;

5. con il quinto motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione degli artt. 2118 e 1173 cod. civ. censurando la sentenza impugnata
per avere ritenuto, in contrasto con il disposto dell’art. 1173 cod. civ. in tema di atti e fatti idonei
a costituire fonte dell’obbligazione, che la rinunzia ad un diritto
determinasse il sorgere di un’obbligazione a carico della parte rinunziante;

6. con il sesto motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione dell’art. 2118 cod. civ.,
censurando la sentenza impugnata per avere travisato i principi
giurisprudenziali sugli effetti delle clausole contrattuali collettive relative
alla eventuale rinunzia al preavviso da parte del soggetto destinatario
dell’atto di recesso;

7. con il settimo motivo di ricorso deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 2118 cod.
civ., censurando la sentenza impugnata per avere erroneamente applicato i
principi giurisprudenziali relativi alla funzione dell’indennità sostitutiva
del preavviso in caso di licenziamento benché la questione in controversia
attenesse alla diversa ipotesi di recesso del lavoratore; evidenzia che nello
specifico la corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso ben lungi
dall’assolvere alla funzione di ristoro alla quale essa è deputata aveva avuto
l’effetto di duplicare ingiustificatamente le entrate economiche del R. il
quale, grazie alla rinunzia al preavviso della società, aveva potuto
immediatamente iniziare a prestare la propria attività in favore della
concorrente società P.;

7. il primo motivo di ricorso è inammissibile,

7.1. premesso che non sussiste la denunziata
apparenza di motivazione in quanto il giudice di appello ha motivato sia in
ordine alla sussistenza del diritto sia in relazione al quantum oggetto della
pretesa monitoria, la eventuale mancanza di prova scritta per l’emissione del
decreto ingiuntivo è questione priva di rilievo atteso che con l’opposizione a
decreto ingiuntivo si instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale
la pretesa creditoria fatta valere col procedimento sommario è assoggettata ad
un nuovo accertamento ai fini della conferma o meno dell’ingiunzione emessa,
sicché sono irrilevanti eventuali vizi del procedimento monitorio che (come la
mancanza di prova scritta) non importino insussistenza del diritto fatto valere
in quella sede (Cass. 475/1985, 5244/1981), dovendo rilevarsi ulteriormente che
la valutazione relativa all’idoneità dei documenti a configurare prova scritta
è riservata al giudice di merito (Cass. 573/2003);

8. gli ulteriori motivi di ricorso, trattati
congiuntamente per connessione, sono meritevoli di accoglimento nei termini di
cui in prosieguo;

8.1. come è noto l’istituto del preavviso, comune
alla maggior parte dei contratti di durata a tempo indeterminato (si veda, ad
es., l’art. 1569 cod. civ. per il contratto di
somministrazione, l’art. 1750 cod. civ. per il
contratto di agenzia, l’art. 1833 cod. civ. per
il contratto di conto corrente etc.)., adempie alla funzione economica di
attenuare per la parte che subisce il recesso – che è atto unilaterale
recettizio di esercizio di un diritto potestativo – le conseguenze pregiudizievoli
della cessazione del contratto;

8.1. costituisce comune affermazione che in tema di
rapporto di lavoro a tempo indeterminato l’istituto del recesso – disciplinato
dall’art. 2118 cod. civ.- adempie ad una
funzione destinata a variare in funzione della considerazione della parte non
recedente; in caso di licenziamento si ritiene che il preavviso abbia la
funzione di garantire al lavoratore la continuità della percezione della
retribuzione in un certo lasso di tempo al fine di consentirgli il reperimento
di una nuova occupazione; in caso di dimissioni del lavoratore il preavviso ha
la finalità di assicurare al datore di lavoro il tempo necessario ad operare la
sostituzione del lavoratore recedente;

8.2. il tema della rinunziabilità del periodo di
preavviso da parte del soggetto non recedente e delle conseguenze giuridiche di
tale rinunzia è strettamente connesso e condizionato dalla soluzione che si
intende dare alla questione circa la efficacia reale o obbligatoria del preavviso;

8.3. come è intuibile, infatti, ove dovesse optarsi
per la natura reale del preavviso, con diritto quindi della parte recedente
alla prosecuzione del rapporto fino alla scadenza del relativo periodo, non
potrebbe ipotizzarsi una rinunzia della parte non recedente idonea a
determinare la immediata estinzione del rapporto di lavoro; a soluzione opposta
si perviene, invece, nel caso si aderisca alla tesi dell’efficacia obbligatoria
la quale configura il preavviso quale mero obbligo (accessorio e alternativo)
dell’esercizio del recesso; la parte recedente è libera di optare tra la
prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso e la corresponsione a
controparte dell’indennità (con immediato effetto risolutivo del recesso); in
base a tale costruzione in capo alla parte non recedente si configura un
diritto di credito dalla stessa liberamente rinunziabile;

8.4. a tale ultima opzione si ritiene di dare
continuità in coerenza con i condivisibili approdi della giurisprudenza di
legittimità, che si richiamano anche ai fini dell’art.
118 disp. att. cod. proc. civ., giurisprudenza la quale a partire da Cass. n. 11740/2007 è pervenuta al superamento
della tesi della natura reale del preavviso ritenendo che alla stregua di una
interpretazione letterale e logicosistematica dell’art.
2118 cod. civ., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso
non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di accordo tra le parti circa
la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto
stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine), ma
ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che nel caso in cui una delle
parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si
risolve altrettanto immediatamente, con l’unico obbligo della parte recedente
di corrispondere l’indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano
avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte
recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone
interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia
sino al termine del periodo di preavviso (nel senso della efficacia
obbligatoria del preavviso si vedano Cass. n.
21216/2009, n. 13959/2009, n. 22443/2010, n.
27294/2018);

8.5. dalla natura obbligatoria dell’istituto in
esame discende che la parte non recedente, che abbia -come nel caso di specie –
rinunziato al preavviso, nulla deve alla controparte, la quale non può vantare
alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino a termine del
preavviso; alcun interesse giuridicamente qualificato è, infatti, configurabile
in favore della parte recedente; la libera rinunziabilità del preavviso esclude
che ad essa possano connettersi a carico della parte rinunziante effetti
obbligatori in contrasto con le fonti dell’obbligazioni indicate nell’art. 1173 cod. civ.;

9. in base alle considerazioni che precedono,
assorbita ogni ulteriore censura, il ricorso deve essere accolto e la sentenza
cassata con decisione nel merito di revoca del decreto ingiuntivo opposto e
diritto della odierna ricorrente alla restituzione delle somme eventualmente
corrisposte sulla base del decreto ingiuntivo revocato;

10. la assoluta novità della questione giustifica la
compensazione delle spese dell’intero giudizio;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione,
cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito revoca il decreto
ingiuntivo. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 ottobre 2021, n. 27934
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: