Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 ottobre 2021, n. 27966

Tributi, IRPEF, Ex dipendenti della N.A.T.O., Trattamento
pensionistico, Esenzione ex art. 8, co. 1, lett. c), del DPR n. 2083 del 1962
– Esclusione

 

Rilevato che

 

1. E. M. ricorreva avverso l’avviso di accertamento
con cui l’Amministrazione finanziaria aveva recuperato a tassazione, per l’anno
2012, maggiore reddito imponibile a titolo di Irpef sul trattamento
pensionistico percepito in quegli anni quale ex dipendente dello staff internazionale
dell’organizzazione N.A.T.O.

A sostegno della domanda deduceva che, avendo
prestato servizio, in qualità di funzionario civile, trovava applicazione la
disposizione di cui all’art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 2083 del
1962, che prevedeva la totale esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi
derivanti dagli stipendi e dagli emolumenti corrisposti dai Quartieri Generali
Interalleati.

2. L’adita Commissione tributaria provinciale di
Napoli accoglieva il ricorso, ritenendo, in linea con la tesi difensiva del
contribuente, che il trattamento pensionistico dovesse essere trattato alla
stregua di una «retribuzione differita».

3. Avverso tale decisione proponeva appello
l’Ufficio finanziario dinanzi alla Commissione tributaria regionale della
Campania che, confermando la sentenza di primo grado, lo respingeva,
osservando: «nell’interpretazione dell’art. 8, comma 1, lett. c), del d.P.R. n.
2083 del 1962, assume decisivo rilievo quanto affermato dalla Corte di
Cassazione con la sentenza n. 3995/2004 laddove precisa che i trattamenti di
pensione corrisposti dal datore di lavoro e non da un centro autonomo di
imputazione “hanno natura di retribuzione differita costituendo l’oggetto
di obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro”. Ciò consente quindi di
far rientrare il trattamento economico corrisposto al contribuente nell’ambito
oggettivo di applicazione del citato art. 8, comma 1, lett. c), del DPR n. 2083
del 1962, con conseguente esenzione dal pagamento delle imposte».

4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per
cassazione, affidato ad un unico motivo.

Il contribuente, ritualmente intimato, non ha svolto
attività difensiva in questa sede.

 

Considerato che

 

1. Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale
deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. c), del
d.P.R. n. 2083 del 1962, nonché degli artt. 1, 3, 6 e 46 del d.P.R. n. 917 del
1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», per avere
i giudici di appello ritenuto che il trattamento di quiescenza corrisposto
direttamente dalla Nato all’ex dipendente fosse qualificabile come
«retribuzione differita» e godesse, pertanto, degli stessi benefici fiscali
previsti per la «ordinaria» retribuzione. Espone, in particolare, la ricorrente
che la norma richiamata prevede l’esenzione dal pagamento delle imposte sui
redditi derivanti dagli stipendi ed emolumenti corrisposti esclusivamente al
personale dei Quartieri generali Interalleati e non al personale civile a
statuto locale, ma non sui redditi derivanti da trattamento pensionistico, dal
momento che il legislatore ha stabilito che, ai fini della spettanza del
beneficio fiscale, devono sussistere le due condizioni tassative di «redditi
derivanti dagli stipendi ed emolumenti» corrisposti al personale civile «dai
quartieri generali interalleati nella loro qualità di  impiegati di detti quartieri generali».
L’esenzione d’imposta, dunque, in assenza di una espressa disposizione
legislativa in tal senso, non può estendersi anche ai redditi di pensione,
considerato che le norme fiscali che prevedono agevolazioni o esenzioni sono di
stretta interpretazione e non possono trovare applicazione al di fuori delle
ipotesi espressamente contemplate dalla legge.

Ad ulteriore sostegno di tale tesi interpretativa,
ad avviso della ricorrente, soccorre l’art. 42 del Regolamento pensionistico
delle «organizzazioni coordinate», applicabile «al personale permanente che
ricopra un incarico a tempo indeterminato o a tempo determinato presso
…l’organizzazione del Trattato Nord Atlantico» (Nato) (art. 1), che prevede
la tassazione delle pensioni nello Stato in cui risiede il beneficiario,
secondo le norme fiscali vigenti nello Stato stesso.

Avendo il contribuente nazionalità italiana, la
pensione, benché corrisposta da un organismo internazionale, rimane soggetta
a  tassazione in Italia secondo le norme
vigenti nello Stato italiano che prevedono l’esenzione fiscale delle sole
retribuzioni percepite in costanza di rapporto lavorativo. Infatti, l’art. 8,
lett. c), dell’Accordo internazionale 26 luglio 1961 tra l’Italia ed il
Comandante supremo alleato in Europa stabilisce che «a norma del paragrafo 2
dell’art. VII del Protocollo, il personale civile di cui al paragrafo a 1) del
presente articolo è esente dal pagamento delle imposte erariali e locali sui
redditi derivanti dagli stipendi ed emolumenti ad esso corrisposti dai
Quartieri Generali Interalleati nella loro qualità di impiegati di detti
Quartieri Generali», in tal modo esentando da imposta soltanto le somme corrisposte
in costanza del rapporto di lavoro dipendente.

2. Il ricorso è fondato e va accolto.

2.1. I giudici di appello, all’esito di una disamina
della documentazione depositata dalle parti, ha riconosciuto che gli emolumenti
corrisposti al controricorrente direttamente dalla N.A.T.O. successivamente
alla sua collocazione a riposo conservano natura retributiva e sono, per tale
motivo, esenti da imposizione.

2.2. La decisione resa dalla Commissione regionale,
che depone per il riconoscimento dei benefici fiscali ai redditi da pensione,
qualora questi siano previsti per i redditi da lavoro dipendente, prende le
mosse dai principi di diritto espressi dalla pronuncia della Sezione lavoro di
questa Corte (Cass., sez. L, 27/04/1994, n. 3995), secondo cui «la funzione
previdenziale di una prestazione pecuniaria non è sufficiente per qualificare
di natura previdenziale il credito, occorrendo invece che sussista l’elemento
strutturale della sua inerenza ad un rapporto giuridico distinto da quello di
lavoro, ancorché connesso; di conseguenza, i trattamenti di pensione
corrisposti dallo stesso datore di lavoro, e non da un centro autonomo
d’imputazione di un distinto rapporto previdenziale, hanno natura di
“retribuzione differita”, costituendo l’oggetto di obbligazioni inerenti
al rapporto di lavoro», cosicché l’emolumento aggiuntivo, sulla base di tale
orientamento, sfugge alla normativa che regola le pensioni e viene sottoposto
alle norme tipiche del rapporto di lavoro in corso di svolgimento.

2.3. Come già affermato da questa Corte (Cass., sez.
5, 15/01/2019, n. 705; Cass., sez 5, 14/02/2019, n. 4422; Cass., sez. 5,
16/09/2020, n. 19287), l’art. 8, primo comma, lett. c), del citato d.P.R. n.
2083 del 1962, ai fini della esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi,
presuppone per l’applicabilità del beneficio due condizioni tassative, ossia
che si tratti di «redditi derivanti da stipendi ed emolumenti» e che essi siano
corrisposti al personale civile «dai quartieri generali interalleati nella loro
qualità di impiegati di detti quartieri generali».

La disposizione normativa fa, quindi, esclusivo
riferimento agli stipendi ed agli «emolumenti» percepiti in costanza del
rapporto lavorativo, senza menzionare le pensioni corrisposte dopo la
cessazione del medesimo.

2.4. Tale limitazione, come è stato evidenziato
nella Risoluzione dell’Agenzia delle entrate del 16/12/2009, n. 285/E, trova la
sua ratio nella funzione stessa della norma che ha lo scopo di prevedere un
trattamento speciale in relazione alle finalità istituzionali perseguite dalle
organizzazioni internazionali attraverso la loro struttura, della quale fa
parte il personale in servizio, per cui tale regime agevolativo non trova
applicazione per coloro che non vi prestano più la loro opera.

2.5. A supporto della diversa interpretazione
fornita dall’Amministrazione finanziaria soccorre il Regolamento pensionistico
delle “Organizzazioni Coordinate”, tra le quali rientra la N.A.T.O.,
ed in particolare la disciplina dettata dall’art. 42 di detto Regolamento
(«Pensioni soggette alla legislazione fiscale nazionale»), laddove si prevede,
al comma 1, che «la pensione e l’adeguamento sono tassabili quali redditi ai
sensi della legislazione fiscale in vigore in tale paese» (comma 1), ossia sono
assoggettate ad imposizione nello Stato di appartenenza in cui risiede il
beneficiario e secondo le disposizioni contenute nella legislazione fiscale
dello Stato stesso.

2.6. Il regolamento sopra richiamato, per quello che
attiene il trattamento tributario delle pensioni erogate ai dipendenti della
N.A.T.O., non introduce una disciplina difforme rispetto a quanto già previsto
dalle fonti internazionali N.A.T.O., le quali, con riguardo alle esenzioni
fiscali, escludono dalla tassazione i soli salari e gli emolumenti, e dunque
quelle attribuzioni che sono erogate in costanza del rapporto di lavoro, senza
fare mai riferimento al trattamento pensionistico.

2.7. Ciò si evince, in particolare, dalla lettura
dell’Accordo di Ottawa del 20 settembre 1951 (ratificato con legge n. 1126 del
10 novembre 1954), il cui art. 19 utilizza i termini «salaries and  emoluments», come pure dall’art. X della
Convenzione di Londra del 1951 (ratificata con legge n. 1335/1955) e dall’art.
7 del Protocollo di Parigi del 28.8.1952 (ratificato con legge del 30/11/1955,
n. 1338), nei quali è assente qualsiasi riferimento al termine «pensione».

2.8. La disciplina dettata dalla legge del 1962 non
può, ovviamente, discostarsi da quella sovranazionale emergente dal richiamato
art. 42 del Regolamento pensionistico, in virtù del quale l’importo della
pensione concorre alla formazione del reddito imponibile del percettore
residente, considerato che l’art. 8, primo comma, lett. c) del d.P.R. n.
2083/1962 si configura come norma speciale di stretta interpretazione, il cui
tenore letterale depone per l’applicabilità del beneficio solamente a coloro
che rivestono la qualità di «impiegati» e con riguardo esclusivamente agli
«stipendi ed emolumenti» percepiti.

2.9. Tale conclusione è, d’altro canto,
ulteriormente avvalorata dalla considerazione che lo schema pensionistico
applicato alle cd. «organizzazioni coordinate» prevede anche il meccanismo del
tax adjustment, ovvero del rimborso ai pensionati delle organizzazioni di circa
il 50 per cento delle imposte sul reddito pagate sulla pensione, con ciò
riconoscendo implicitamente la legittimità della tassazione delle pensioni
stesse.

Lo stesso art. 42 del Regolamento parla, inoltre,
del calcolo e «dell’importo delle imposte sul reddito per tutti i beneficiari
di pensioni che sono contribuenti nel paese interessato» (comma 3) e di
«detrazioni e sgravi fiscali» per carichi familiari (comma 4), elementi tutti
che evidenziano la esistenza di un regime diverso tra il trattamento economico
esente in corso di rapporto, espressamente previsto dal citato art. 8, e quello
non esente dopo la cessazione del rapporto, spiegabile solo con l’intento di
limitare al massimo ogni forma di soggezione o pressione, diretta o indiretta,
degli Stati membri sul singolo dipendente N.A.T.O.

2.10. La interpretazione letterale dell’art. 8,
primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 2083/1962, che impone di attribuire la
esenzione unicamente agli emolumenti derivanti dai rapporti di lavoro in corso
di svolgimento, trova, peraltro, conferma nei principi enunciati da questa Corte
nella sentenza n. 16098 del 18/8/2004 (che ha deciso in ipotesi analoga in cui
era prevista l’esenzione per i redditi da lavoro prestato all’estero), secondo
cui «i redditi da pensione sono equiparati ai redditi da lavoro dipendente solo
ai fini della loro inclusione nella base imponibile, ma non anche ai fini della
loro esclusione, per cui l’esenzione disposta per gli uni (quali, appunto, i
redditi da lavoro dipendente prestato all’estero) non si estende, in mancanza
di una espressa disposizione di legge, ai redditi da pensione derivanti dal
medesimo lavoro», e ciò in quanto «le norme fiscali che prevedono esclusioni o
esenzioni sono regole di stretta interpretazione, che non trovano applicazione
se non nelle ipotesi da esse espressamente contemplate».

L’equiparazione dei redditi da pensione a quelli da
lavoro dipendente è, infatti, dettata dalla finalità di «omogeneizzare il
relativo trattamento tributario» e non anche per estendere ai primi una
disposizione speciale prevista solo per una categoria ben precisa di lavoro
dipendente.

Peraltro, occorre rammentare che le Sezioni Unite,
sempre nell’ambito di controversie di lavoro, hanno precisato che gli
emolumenti pensionistici, anche qualora siano erogati dallo stesso datore di
lavoro ed abbiano natura di «retribuzione differita», conservano la loro
funzione previdenziale e non sono esattamente equiparabili ai redditi da lavoro
dipendente, perché «sono ascrivibili alla categoria delle erogazioni solo in
senso lato in relazione di corrispettività con la prestazione lavorativa»
(Cass., sez. U., 1/02/1997, n. 974) e sono conseguentemente sottratti al
criterio inderogabile di proporzionalità alla quantità e qualità del lavoro che
caratterizza gli emolumenti da lavoro.

3. Nel caso de quo, la C.T.R. della Campania,
affermando che il trattamento pensionistico percepito dal contribuente, avendo
natura di «retribuzione differita», è assoggettato alla medesima esenzione
prevista per gli stipendi erogati in vigenza del rapporto di lavoro, ha
introdotto, in via interpretativa, una eccezione al principio generale che
prevede l’assoggettabilità delle pensioni ad imposizione fiscale, non
espressamente prevista da una specifica disposizione di legge, violando in tal
modo la regola della stretta interpretazione delle norme eccezionali sancita
dall’art. 14 sulla legge in generale.

4. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la
sentenza impugnata deve essere cassata e la causa, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art.
384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto dell’originario ricorso del
contribuente.

Le spese dei gradi del giudizio di merito e le spese
relative al presente giudizio di legittimità, essendosi l’orientamento di
questa Corte di legittimità consolidato in data successiva a quella di
proposizione del ricorso, vanno integralmente compensate.

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e,
decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dal
contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese
dell’intero giudizio.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 ottobre 2021, n. 27966
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