Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2021, n. 28359

Rapporto di lavoro, Apprendista, Omessa partecipazione alla
formazione esterna all’azienda, Verbale ispettivo, Decadenza dalle
agevolazioni contributive

Rilevato che

 

con sentenza numero 860/2014, la Corte d’appello di
Firenze ha accolto l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza di
primo grado di accoglimento del ricorso proposto da L.P. avente ad oggetto
l’accertamento che, contrariamente a quanto contestato con verbale ispettivo,
non si era verificata la decadenza dalle agevolazioni contributive relative ad
una apprendista dipendente del P. che non aveva partecipato alla formazione
esterna all’azienda, benché convocata dal Centro per l’impiego di Lucca;

la Corte d’appello, richiamando propri precedenti
analoghi, ha affermato: a) che il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 53 commi III e
IV, sulla cui scorta il giudice di primo grado aveva accolto la domanda avendo
accertato che la mancata partecipazione ai corsi di formazione professionale
era dipesa da esclusiva scelta dell’apprendista e non dalla condotta datoriale,
coesisteva con la L. n. 196 del 1997, art. 16 non comportandone l’implicita
abrogazione; b) quest’ultima disposizione aveva ad oggetto la sola mancata
partecipazione dell’apprendista ai corsi di formazione esterna, mentre l’art.
53 cit. descriveva la più grave fattispecie della mancanza di formazione e cioè
quella della mera simulazione del rapporto di apprendistato; c) poteva in
concreto accadere che, come nel caso di specie, non fosse contestata la mancata
formazione dell’apprendista ma semplicemente la mancata frequenza ai corsi
esterni di apprendimento; d) né a diversa soluzione induceva il fatto che
l’art. 53 cit., prevedesse un meccanismo sanzionatorio per la sola ipotesi di
mancata formazione dipendente da esclusiva responsabilità del datore di lavoro;
e) la decadenza dalle agevolazioni contributive sarebbe comminata
oggettivamente in base alla previsione della L. n. 196 del 1997, art. 16, comma
2, la quale recita “ai contratti di apprendistato conclusi a decorrere da
un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le relative
agevolazioni contributive non trovano applicazione nel caso di mancata
partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna
l’azienda previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro proposte
formalmente all’azienda da parte dell’amministrazione pubblica competente;

avverso tale sentenza L.P. ha proposto ricorso per
cassazione con quattro motivi di censura;

l’Inps ha resistito con controricorso;

 

Considerato che

 

con il primo motivo, richiamando l’art. 360, primo
comma nn. 3 e 5, c.p.c., viene dedotta la violazione e falsa applicazione
dell’art. 345 c.p.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e
ciò in quanto la sentenza impugnata non ha esaminato l’eccezione di
inammissibilità dell’atto di appello nonostante la puntuale illustrazione
contenuta nella memoria di costituzione, essendo stato rilevato il mutamento
della causa petendi posto in essere dall’INPS che in primo grado aveva fondato
la pretesa contributiva sul disposto dell’art. 53 d.lgv. n. 276 del 2003 ed in
appello su quello dell’art. 16 I. n. 196/1997;

con il secondo motivo, sempre richiamando l’art.
360, primo comma nn. 3 e 5, c.p.c., si deduce la violazione e o falsa
applicazione dell’art. 16 I. n. 196/1997 e l’omesso esame di un fatto decisivo
per il giudizio in ragione del fatto che il citato articolo 16 sanzionava con
la perdita dei benefici contributivi non la mancata partecipazione a qualsiasi
corso di formazione esterna proposto dalla PA, ma solo ed esclusivamente la
mancata partecipazione a quelle iniziative formative extra aziendali previste
dai contratti collettivi nazionali di lavoro ed il contratto collettivo
artigiani e parrucchieri, applicato dall’esponente nel periodo per cui è causa,
non prevedeva alcuna formazione esterna;

con il terzo motivo di ricorso, si deduce la
violazione e o la falsa applicazione della L. n. 196 del 1997, art. 16, in
combinato disposto con l’art. 11 I. n. 25 del 1955, nel presupposto che la
sentenza impugnata riposi sulla ulteriore ratio decidendi del mancato
adempimento dell’obbligo formativo scaturente direttamente dalla legge del 1955
e dalla formale proposta programmata dalla P.A; il ricorrente evidenzia che il
disposto dell’art. 11 della legge n. 25 del 1955, se impone un obbligo di
collaborazione con la pubblica amministrazione preposta ai corsi integrativi,
non sanziona la mancata

osservanza con la revoca delle agevolazioni
contributive ma solo con una sanzione amministrativa;

con il quarto motivo si denuncia la violazione e o
la falsa applicazione dell’art. 53 del D.Lgs. n. 276 del 2003 (ai sensi
dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione al fatto che la sentenza
impugnata non aveva colto l’efficacia innovativa della disposizione citata,
realizzata attraverso la previsione della decadenza dal diritto alle
agevolazioni contributive in seguito alla mancata partecipazione ad attività
formativa che sia riconducibile alla volontà datoriale, essendo dunque erronea
l’interpretazione data dalla Corte territoriale incentrata sulla inesistente
differenziazione tra formazione interna e formazione esterna;

il primo motivo è inammissibile;

il ricorrente lamenta il mancato accoglimento
dell’eccezione di inammissibilità dell’appello che la stessa parte aveva
sollevato in relazione al fatto che l’Inps aveva invocato, in primo grado, il
disposto dell’art. 53 d.lgv. n. 276 del 2003 e, solo in appello, quello
dell’art. 16 I. n. 196 del 1997;

si sostiene che il richiamo a ciascuna delle due
disposizioni da parte dell’INPS, per le diverse situazioni in fatto che le
stesse presuppongono, implichi necessariamente una modifica sostanziale del
thema decidendum con inevitabile violazione dell’art. 345 c.p.c.;

la formulazione del motivo non tiene in alcuna
considerazione che, per stessa ammissione del ricorrente alla pagina 4 del
ricorso, la questione dell’applicabilità dell’art. 53 d.lvo n. 276 del 2003 ed
in subordine dell’art. 16 I. n. 196/1997 era stata introdotta dallo stesso
opponente sin dal primo grado di giudizio; entrambe le fattispecie integravano
il thema decidendum con la conseguenza che la condotta processuale dell’INPS,
sia in primo grado che in appello, non ha per nulla ampliato o modificato i termini
della questione giuridica oggetto dell’opposizione al verbale di accertamento;

sotto altro profilo, il ricorrente non riporta i
contenuti degli atti processuali dai quali dovrebbe evincersi una diversa
lettura dei contenuti del giudizio di primo grado e la illegittima introduzione
di nuove domande o eccezioni non rilevabili d’ufficio, per cui anche per tali
ragioni il motivo risulta carente di specificità ai sensi dell’art. 366 n. 6
c.p.c. e quindi inammissibile;

i restanti motivi sono connessi e vanno trattati
congiuntamente;

essi sono da accogliere in continuità con quanto già
affermato su fattispecie analoghe da Cass. n. 8564 del 2018 e n. 1510 del 2021
nei termini che seguono;

a seguito della introduzione del D.Lgs. n. 276 del
2003, art. 53 non si è verificata una forma di abrogazione implicita della L.
n. 196 del 1997, art. 16;

il ricorrente propugna tale soluzione posto che la
decadenza dai benefici contributivi previsti per il contratto di apprendistato
potrebbe derivare solo dall’ipotesi (non riferibile al caso di specie) in cui
si sia verificato l’inadempimento del datore di lavoro nel fornire la
formazione dovuta, prevedendo l’art. 53, comma 3, cit. (abrogato dal D.Lgs. n.
14 settembre 2011, n. 167), nella formulazione vigente ratione temporis, che:
“In attesa della riforma del sistema degli incentivi alla occupazione,
restano fermi gli attuali sistemi di incentivazione economica la cui erogazione
sarà tuttavia soggetta alla effettiva verifica della formazione svolta secondo
le modalità definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni. In caso di inadempimento
nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il
datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di
cui all’art. 48, comma 2, art. 49, comma 1 e art. 50, comma 1, il datore di
lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella
dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che
sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato,
maggiorata del 100 per cento. La maggiorazione così stabilita esclude
l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa
contribuzione”;

è evidente che tale disposizione si riferisce alla
ipotesi in cui lo schema dell’apprendistato non si sia realizzato per la
mancata formazione dell’apprendista che sia totalmente da attribuire alla
condotta inadempiente del datore di lavoro;

tale presupposto non coincide con quello posto a
base della fattispecie di cui alla L. n. 197 del 1996, art. 16 applicabile
ratione temporis (abrogato dal D.Lgs. n. 14 settembre 2011, n. 167), là dove è
previsto al comma 2, che “Ai contratti di apprendistato conclusi a
decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le
relative agevolazioni contributive non trovano applicazione nel caso di mancata
partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna
all’azienda prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro proposte
formalmente all’impresa da parte dell’amministrazione pubblica
competente”;

in questo caso la disposizione non presuppone che
non si sia realizzata, integralmente e per causa del datore di lavoro, la
finalità formativa, ma solo che il lavoratore apprendista non abbia partecipato
alle iniziative formative proposte dalla autorità competenti;

la differenza dell’ambito di operatività delle due
fattispecie, l’espressa previsione dell’art. 53, comma 4, cit. di voler
mantenere ferma la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla L.
19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni e integrazioni, dimostrano
che in effetti la disposizione contenuta nell’art. 16 cit., durante la vigenza
dell’art. 53 cit., è rimasta pienamente in vigore, non essendosi verificata
alcuna ipotesi di sostanziale incompatibilità tra le due disposizioni che abbia
determinato l’abrogazione implicita della prima e non potendosi ritenere tale
effetto frutto di una complessiva riformulazione della disciplina previdenziale
dell’apprendistato;

nel presente giudizio non si mette in dubbio, quanto
al fatto storico oggetto di contestazione, che si versi nell’ipotesi regolata
dalla L. n. 196 del 1997, art. 16, comma 2, ma, come questa Corte ha già
affermato nella citata sentenza n. 8564 del 2018, non può condividersi
l’interpretazione che di tale disposizione ha fornito la sentenza impugnata;

in particolare, la logica rigorosamente oggettiva ed
unitaria dell’inottemperanza dell’obbligo formativo c.d. esterno, previsto
dalla norma citata, assunta dalla Corte di merito a fondamento della
interpretazione della normativa sulla decadenza del diritto alle agevolazioni
contributive, non appare coerente con l’impianto normativo, la ratio e la
coerenza argomentativa interna, potendo portare ad assurde conseguenze come nel
caso in cui si desse rilievo ad una mancata minima frequenza – non preclusiva
del raggiungimento dell’obiettivo formativo che costituisce l’elemento
essenziale che vale a caratterizzare il contratto di apprendistato – per
derivarne la decadenza dalle agevolazioni per l’intero rapporto; che per la
stessa L. n. 196 del 1997, può arrivare a durare fino a quattro anni e fino a
sei anni in caso di lavoratore portatore di handicap;

in tal senso muove anche il fatto che la norma non
contempli espressamente la decadenza dalle agevolazioni contributive accordate
per l’intera durata del contratto di apprendistato, né preveda la sanzione
della conversione del rapporto di apprendistato in lavoro subordinato ordinario,
a fronte di una qualsiasi inosservanza dell’obbligo formativo;

allo scopo occorre quindi fare riferimento alle
regole di carattere generale applicate dalla giurisprudenza (cfr. Cass.
sentenza n. 3344/2015 e n. 1324/2015) ai fini della conversione del contratto
di apprendistato o di formazione lavoro; onde la previsione della decadenza
dalle agevolazioni contributive stabilita dall’art. 16 cit., può ritenersi
realizzata, e per tutto il periodo di durata del contratto, solo nel caso in
cui, sulla base della concreta vicenda, l’inadempimento abbia un’obiettiva
rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e
pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli
obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto;
ed in questa seconda ipotesi il giudice deve quindi valutare in base ai
principi la gravità dell’inadempimento, giungendo a dichiarare la decadenza
dalle agevolazioni in discorso in tutti i casi di inosservanza degli obblighi
di formazione di non scarsa importanza;

la sentenza deve essere quindi cassata e la causa
rinviata per un nuovo esame al giudice indicato in dispositivo il quale si
atterrà al principio sopra formulato e provvederà altresì alla liquidazione
delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso,
accoglie i restanti, cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia
alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del
giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2021, n. 28359
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