Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 ottobre 2021, n. 29907

Rapporto di lavoro, Addetto alla security, Diritto di
astenersi dal lavoro nelle giornate coincidenti con le festività, Accertamento
– Fruizione di riposi compensativi in giornate festive

Fatti di causa

 

1. M.G. adiva il Giudice del lavoro del Tribunale di
Bologna e, premesso di essere addetto alla security della società Aeroporto
G.M. di Bologna, esponeva che tra il 2006 e il 2016 aveva goduto di un numero
limitato di giorni di riposo coincidenti con le festività infrasettimanali di
cui alla legge n. 260 del 1949 e succ. mod. e chiedeva che fosse accertato il suo diritto di
astenersi sempre e comunque dal lavoro nelle giornate coincidenti con dette
festività. In subordine, chiedeva che fosse riconosciuto il suo diritto a
fruire di riposi compensativi in giornate festive.

2. La società convenuta, oltre ad opporre che le
festività effettivamente godute nel periodo di riferimento erano 63 su 102 e
non 30 come rappresentato dal ricorrente, deduceva che la peculiarità della
fattispecie risiede nel fatto che l’attività della società è finalizzata alla
prestazione di un servizio pubblico essenziale, quello del trasporto aereo,
servizio che non può essere interrotto in occasione delle festività. Negava che
la legge n. 260 del 1949 prevedesse un diritto
incondizionato del lavoratore di astenersi dalla prestazione lavorativa sempre
e comunque in occasione della domenica e delle festività infrasettimanali.
Rappresentava che presso l’azienda, come pure in tutte le aziende che operano
nel settore dei trasporti pubblici, durante i giorni festivi si presta la
normale attività lavorativa con la sola differenza che il lavoratore ha diritto
ad una maggiorazione retributiva. Deduceva che il ricorrente, sottoscrivendo il
contratto individuale di lavoro, aveva recepito il CCNL ed aveva così già
prestato il suo consenso a rendere le prestazioni in conformità alla disciplina
negoziale e dunque anche in occasione delle festività infrasettimanali. Per
l’ipotesi di una diversa soluzione interpretativa, articolava un’eccezione di
illegittimità costituzionale.

3. Il Giudice adito, richiamando i principi espressi
dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 16634
del 2005

) con riguardo al diritto del lavoratore di fruire del
riposo nelle festività infrasettimanali, ravvisava la necessità che le modalità
di svolgimento del lavoro nelle giornate festive infrasettimanali dovessero
essere regolate dal datore di lavoro dal punto di vista oggettivo e soggettivo
con l’indicazione dei servizi ritenuti essenziali e degli incarichi
conseguenti. Riteneva che, in presenza di tali adempimenti datoriali, il
lavoratore è tenuto a svolgere il lavoro nella giornata festiva, ma con il
diritto di scegliere in alternativa un riposo compensativo o un ristoro
economico. Osservava come, una volta rispettate tali regole, non vi sono dubbi
di incostituzionalità, in quanto sarà garantito il servizio pubblico. Sulla
base di tali premesse, dichiarava il diritto del ricorrente, in mancanza di
adeguata giustificazione datoriale in termini oggettivi e soggettivi delle
ragioni riferibili al servizio pubblico essenziale da prestare, ad astenersi
dallo svolgimento della prestazione lavorativa nei giorni festivi
infrasettimanali e dichiarava che, viceversa, in presenza di un provvedimento
datoriale che giustifichi in termini oggettivi e soggettivi lo svolgimento
della prestazione lavorativa nei giorni festivi infrasettimanali, il lavoratore
ha diritto ad un riposo compensativo.

4. La Corte di appello di
Bologna, con sentenza n. 932 del 2017, accogliendo in parte il gravame proposto
dalla società:

a) ravvisava la nullità
della sentenza per contrasto irriducibile tra dispositivo e motivazione nella
parte in cui era stato riconosciuto il diritto ad un ristoro economico, in
alternativa al riposo compensativo, nel caso di prestazione lavorativa svolta
in presenza del provvedimento datoriale giustificativo;

b) riformava la
statuizione relativa al riconoscimento del diritto ad un riposo compensativo
nel caso di prestazione lavorativa svolta in presenza del provvedimento
datoriale giustificativo;

c) confermava la pronuncia
di primo grado quanto al diritto del lavoratore di astenersi dal lavoro in
occasione delle festività infrasettimanali nell’ipotesi di mancanza di adeguata
giustificazione datoriale in termini oggettivi e soggettivi delle ragioni
riferibili al servizio pubblico essenziale da prestare.

5. La Corte territoriale
osservava che:

a) il diritto
all’astensione dal lavoro in occasione delle festività civili e

b) la disciplina
legislativa è esaustiva e non è possibile ricorrere all’analogia per ravvisare
altre ipotesi di deroga, oltre a quella espressamente indicata dalla stessa
legge relativa al servizio sanitario;

c) in mancanza di una
deroga espressa, non può essere utilmente richiamata la Regolamentazione delle
prestazioni indispensabili nel settore del trasporto aereo emanate il 19 luglio
2001 dalla Commissione di Garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici
essenziali, trattandosi peraltro di fonte subordinata, inidonea a derogare alla
previsione di cui al citato art. 2 della legge n. 260 del 1949;

d) deve pertanto
riconoscersi il diritto del lavoratore ad astenersi dal lavoro in occasione
delle festività infrasettimanali, seppure nei limiti posti dalla sentenza di
primo grado;

e) nel caso
di prestazione svolta per esigenze datoriali nei giorni coincidenti con le
festività, deve escludersi il diritto del lavoratore al riposo compensativo,
trattandosi di soluzione non contemplata dalle fonti legali o contrattuali
nella specifica materia;

f) nessun
riferimento è contenuto nella lettera di assunzione al lavoro da svolgere nelle
festività infrasettimanali e quindi nessun consenso e nessuna disponibilità
possono dirsi espressi attraverso la sottoscrizione del contratto, che contiene
unicamente la previsione della possibilità di svolgere la prestazione
lavorativa in tutti i giorni della settimana, compresa la domenica, e quindi
del riposo settimanale per turni.

6. Per la
cassazione di tale sentenza la società Aeroporto G.M. di Bologna ha proposto
ricorso affidato a tre motivi. Ha resistito il Guerra con controricorso e
ricorso incidentale affidato ad un motivo, cui ha resistito con controricorso
la società ricorrente principale.

7. Entrambe
le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo del ricorso
principale, la società Aeroporto G. M. di Bologna denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 della legge n. 260 del 1949 e dell’art. 12, comma 2 preleggi (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc.
civ.
) per avere la sentenza erroneamente ritenuto che la legge n. 260 del 1949 contempli un diritto
di astensione dalla prestazione lavorativa sempre e comunque nelle giornate di
cui all’elenco contenuto nell’art. 2 cit., tra le quali rientrano tutte
le domeniche e le festività infrasettimanali, mentre tale norma prevede che
queste “siano considerate giorni festivi, agli effetti dell’osservanza del
completo orario festivo”.

Argomenta
che:

a) presso le
società aeroportuali, come pure presso le aziende che operano nel settore dei
trasporti pubblici e in tutte le aziende che prestano servizi di pubblica
utilità o servizi di vigilanza e tutela del patrimonio, durante i giorni
festivi, tra cui vi sono le domeniche, si presta la normale attività
lavorativa, con l’unica differenza che il lavoratore percepirà, in aggiunta
alla retribuzione globale di fatto, anche un’ulteriore giornata di retribuzione
con le maggiorazioni di legge e di CCNL, come del resto previsto dall’art. 5 della legge n. 260 del 1949;

b) le
sentenze della S.C. richiamate nella pronuncia impugnata non riguardano ipotesi
in cui entrano in gioco servizi pubblici essenziali e di conseguenza i diritti
costituzionali dagli stessi garantiti. Lo stesso giudice di primo grado ha
ritenuto di emettere una “inusitata sentenza creativa”, non riformata
sul punto dalla Corte di appello di Bologna, laddove ha cercato di contemperare
il principio (dallo stesso affermato) della “completezza” della norma
(art. 2 legge n. 260 del 1949) con i
diritti costituzionalmente garantiti;

c) il
riferimento, contenuto nella sentenza di appello, alla legge n. 520 del 1952 riguardante il
personale sanitario, è stato erroneamente interpretato come diretto ad
introdurre un obbligo a prestare servizio in deroga a un diritto
incondizionato, mentre la norma – correttamente intesa nella sua completezza –
è diretta ad estendere al personale sanitario il diritto a godere del riposo in
dette festività, diritto che precedentemente non era riconosciuto.

Nell’ipotesi che si interpreti la legge n. 260 del 1949, artt. 2 e 5, nel settore dei servizi pubblici
essenziali, nel senso di rimettere alla volontà del lavoratore se norma per
violazione dell’art. 16 Cost.
(diritto alla libera circolazione), posto che in quelle giornate sarebbe
impedito a tutte le persone di spostarsi; dell’art. 4 Cost.
(diritto al lavoro), poiché anche coloro che devono recarsi la lavoro
utilizzando il mezzo pubblico sarebbero impossibilitati a farlo; dell’art. 32 Cost.
(diritto alla salute), per essere preclusa la possibilità di spostarsi per
motivi di salute; dell’art. 19 Cost.
(diritto di professare liberamente la fede religiosa), per essere impedito lo
spostamento per raggiungere luoghi di culto.

2. Con il secondo motivo la ricorrente
principale denuncia violazione degli artt. 1362, 1366 e 1369 cod. civ. anche in relazione all’art. 116 cod. proc. civ.
(art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc.
civ.
), poiché il ricorrente, sottoscrivendo il contratto di
lavoro individuale aveva già prestato il suo consenso a rendere le prestazioni
in conformità al CCNL, richiamato espressamente nella lettera di assunzione, e
tale contratto collettivo, al punto G17, contempla tra i giorni festivi, in cui
pure è possibile la prestazione lavorativa, le “festività previste dalle
vigenti norme di legge”.

In particolare, denuncia la
violazione:

a) dell’art. 1362 cod. civ. per non avere la
sentenza debitamente considerato il comportamento delle parti, atteso che il
dipendente per un certo numero di anni non ebbe a contestare alcunché
nell’evidente convinzione che l’assenso prestato allo svolgimento della
prestazione in tutti i giorni della settimana, secondo l’organizzazione per
turni, comprendesse anche le festività e considerato, per altro verso, che gli
aeroporti non si fermano in quelle giornate, molte delle quali sono festive
solo in Italia;

b) dell’art. 1369 cod. civ. per non avere la
sentenza interpretato il contratto individuale nel senso più conveniente alla
sua natura e al suo oggetto: la collocazione dei turni 7 giorni su 7 per tutto
il tempo dell’anno comprende tutte le giornate di quest’ultimo, ivi comprese le
festività infrasettimanali e non solo le domeniche; peraltro, è nell’interesse
dell’attività aeroportuale e della intera collettività che l’aeroporto funzioni
anche nelle giornate di festività infrasettimanale;

c) dell’art. 1362 cod. civ. nella parte in cui la
sentenza ha affermato che solo con le modifiche apportate ai contratti
stipulati in epoca successiva ai fatti di causa era stato espressamente
previsto il consenso del lavoratore allo svolgimento dell’attività nella
festività infrasettimanali di cui alla legge n. 260 del 1949; il diverso
comportamento dell’azienda nei contratti successivi alla sentenza di primo
grado era stata mera conseguenza di quella stessa sentenza che aveva fornito
una lettura interpretativa del testo contrattuale diversa e sfavorevole, ma da
tale comportamento non poteva desumersi alcunché in ordine alla volontà
dell’azienda espressa nella versione precedente.

3. Con il terzo motivo la società
Aeroporto G. M. di Bologna denuncia violazione dell’art. 12, secondo comma, delle disposizioni sulla legge in
generale in rapporto alla legge n. 146 del 1990
e alla
relativa Regolamentazione attuativa (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc.
civ.
) per non avere i giudici di merito considerato che tra i
servizi minimi indispensabili già garantiti dalla legge n. 146 del 1990 rientra la security
aeroportuale, in cui il ricorrente è inserito.

Argomenta che il ricorso all’analogia
avrebbe consentito ai giudici di merito di avvedersi che, se nei periodi
dell’anno considerati da tale disciplina limitativa, è sacrificato il diritto
di sciopero, che ha una copertura costituzionale, ben può esserlo anche un
diritto ordinario, come quello di godere delle festività infrasettimanali.

4. Con il ricorso incidentale, il
Guerra censura la sentenza nella parte in cui ha riformato quella di primo
grado escludendo il diritto ad un riposo compensativo in caso di prestazione
lavorativa resa in presenza del provvedimento datoriale giustificativo dello
svolgimento della prestazione lavorativa nei giorni festivi infrasettimanali.

Ritiene che la Corte di appello
avrebbe dovuto fare ricorso all’analogia anche in questo caso, stante la
similitudine rispetto a quanto previsto dalla legge n. 520 del 1952, che per il
personale alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private
contempla un riposo nelle festività infrasettimanale e in caso di prestazione
di attività per ragioni inerenti al servizio il diritto ad un riposo
compensativo.

5. Il ricorso principale è fondato
per le ragioni che seguono.

6. In varie occasioni questa Corte è
stata chiamata a pronunciare in merito al diritto del lavoratore a fruire del
riposo nelle giornate coincidenti con le festività di cui alla legge 27 maggio 1949 n. 260 e successive
modificazioni e integrazioni (v. legge 31 marzo 1954, n. 90; legge 5 marzo 1977, n 54; d.P.R. 28 dicembre 1985, n. 792; legge 30 novembre 2000, n. 336).

Con la sentenza n. 9176 del 1997, questa Corte,
sulla scorta delle precedenti pronunce n. 5712 del 1986, n. 431 del 1983, n.
4039 del 1980 e n. 1557 del 1979, ha affermato che il senso proprio delle
parole “giorni festivi” e la frase “agii effetti della
osservanza del completo orario festivo”, adoperate dall’art. 2 della legge 27 maggio 1949, n. 260,
non poteva che essere quello di attribuire al lavoratore il diritto di
astenersi dal lavoro nei giorni indicati dalla stessa legge, mentre la
previsione del pagamento in misura maggiorata per la prestazione lavorativa in
giornate festive comproverebbe solo la rinunciabilità
del diritto a godere della giornata di riposo supplementare, a differenza del
diritto al riposo settimanale, tutelato, questo, oltre che da norme ordinarie,
anche dal precetto costituzionale di cui all’art. 36 Cost.,
che ne sancisce la irrinunciabilità. La rinunciabilità
al riposo nelle festività infrasettimanali non è rimessa né alla volontà
esclusiva del datore di lavoro, né a quella del lavoratore, ma al loro accordo.

Con la sentenza n. 5712 del 1986,
questa Corte ha affermato che, con la normativa in tema di festività
infrasettimanali (leggi n. 260 del 1949, n. 90 del 1954 e n. 54 del 1977), il legislatore ha inteso
attribuire al lavoratore subordinato il diritto soggettivo di astenersi dal
lavoro in occasione di determinate ricorrenze religiose e civili conservando la
normale retribuzione giornaliera, con la conseguenza che il datore di lavoro
non può pretendere che il lavoratore espleti la sua prestazione lavorativa
nelle giornate suddette. E possibile però che le parti, di comune intesa,
stabiliscano che l’attività produttiva, e quindi la prestazione lavorativa,
abbiano normale corso anche nella giornata di festività infrasettimanale con
obbligo per il datore di lavoro di corrispondere, oltre alla normale
retribuzione giornaliera, anche la paga per le ore di lavoro effettivamente
prestate (con la maggiorazione del lavoro festivo), atteso che il diritto al
riposo in tale giornata è rinunciabile da parte del lavoratore, a differenza
del diritto al riposo settimanale che non può essere oggetto di rinuncia
alcuna. Tale principio trova applicazione anche in ipotesi di festività di
origine meramente contrattuale (come la festa del santo patrono).

7. La successiva giurisprudenza (cfr.
Cass. n. 4435 del 2004, n. 16634 del 2005, n. 16592 del 2015, n.22482 del 2016 e da
ultimo Cass. n. 18887 del 2019) ha ribadito che la legge n. 260 del 1949, come modificata
dalla legge n. 90 del 1954, è completa e
autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto di astenersi dal
prestare la propria attività in determinate festività celebrative di ricorrenze
civili e religiose, il che esclude eventuali sue integrazioni analogiche o
commistioni con altre discipline, mentre il d.lgs. n. 66 del 2003, emesso in
attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE, nulla aggiunge alla
specifica disciplina sulle festività infrasettimanali, in quanto la normativa
comunitaria si riferisce espressamente al riposo settimanale e alla possibilità
che esso possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica.

8. Per quanto qui rileva, va ribadito
che la rinunciabilità al riposo in occasione delle
festività è rimessa all’accordo delle parti individuali (Cass. n. 16592 del
2015
) o ad accordi sindacali stipulati da OO.SS cui il
lavoratore abbia conferito esplicito mandato (Cass. n. 22482 del 2016; Cass. n. 16634 del 2005, nonché Cass. 27948 del 2017 e Cass. n. 18887 del 2019).

9. Tanto premesso, va
rilevato che – come emerge dagli atti del giudizio di legittimità – l’attuale
resistente è dipendente della società Aeroporto G. M. di Bologna dal 2006 a
tempo determinato e dal 2011 a tempo indeterminato con mansioni di addetto alla
sicurezza e alla vigilanza, con rapporto regolato dal CCNL aziende di gestione
aeroportuale. Nel periodo oggetto di causa, il resistente era stato adibito
allo svolgimento delle mansioni di controllo passeggeri in partenza ed in
transito, al controllo radioscopico del bagaglio al seguito e dell’orario di
lavoro in turni ed era stato addetto a rotazione al monitor di controllo, al
portale metal detector, all’apertura bagagli e alla rilevazione tracce di
esplosivo (dal giugno 2009, a seguito di provvedimento di idoneità con
limitazioni emesso dal medico competente, era stato adibito al solo controllo
radioscopico dei bagagli in stiva).

10. I giudici di merito di
primo e secondo grado nella presente controversia, consapevoli della necessità
di contemperare il diritto del lavoratore a fruire del riposo in occasione
delle festività con l’esigenza di garantire un servizio avente carattere di
interesse generale ai sensi della Costituzione, perché diretto a garantire i
diritti della persona di rilievo costituzionale, quali il diritto alla vita,
alla salute, alla sicurezza e alla libertà di circolazione, hanno sottoposto
l’esigibilità della prestazione lavorativa all’adempimento di un obbligo del
datore di lavoro, quello di fornire una “adeguata giustificazione in
termini oggettivi e soggettivi delle ragioni riferibili al servizio pubblico
essenziale da espletare”, di modo che, ove tale prova sia fornita,
sussiste l’obbligo del lavoratore di prestare la propria opera anche nelle
festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, mentre
in caso contrario opera il diritto al riposo.

11. Ad avviso di questa
Corte, il dictum del giudice di merito, oltre a
presentare connotati di creatività privi di fondamento normativo, omette di
considerare che nella disciplina normativa di cui al contratto collettivo di
settore le parti sociali, senza negare il diritto al riposo nelle festività,
hanno già preventivamente valutato le esigenze sottese al contemperamento del
diritto individuale con la necessità di assicurare l’operatività del servizio
pubblico essenziale. L’esigenza avvertita dai giudici di merito di dettare per
via giudiziaria un criterio di coordinamento non solo ha portato gli stessi
giudici ad emettere una statuizione di incerta applicazione, orientata a doveri
di attivazione di volta in volta preordinati alla dimostrazione (preventiva) della
sussistenza di una situazione di necessità, ma non tiene in debita
considerazione il ruolo che le parti sociali istituzionalmente rivestono nel
regolamentare, in assenza di una previsione legislativa espressa, le modalità
di esercizio del diritto individuale delle peculiarità del settore di
competenza.

12. D’altronde, non è
neppure in contestazione in giudizio che la disciplina collettiva abbia
comunque preso in considerazione, nel regolare la materia della prestazione
lavorativa nei giorni festivi, in cui sono comprese le domeniche e le festività
di cui si discute, un bilanciamento dei rispettivi sacrifici che, senza
evidentemente escludere il diritto al riposo, ne assicuri il godimento in modo
compatibile con l’erogazione delle prestazioni indispensabili e pure con la
necessità di assicurare che il diritto sia garantito in modo equo a tutti i
lavoratori e non soltanto a coloro che ne abbiano rivendicato il godimento
individualmente.

13. Tutto ciò premesso,
ritiene il Collegio che tra le diverse censure svolte dalla ricorrente
principale sia assorbente l’accoglimento del secondo motivo, relativo
all’interpretazione della lettera di assunzione che, come la stessa sentenza
riferisce, prevedeva l’articolazione dell’orario di lavoro su tutti i sette
giorni della settimana, inclusi i festivi, con variabilità del riposo ed
espresso richiamo del CCNL, secondo cui (punto G17) “agli effetti del
presente contratto sono considerati festivi: tutte le domeniche o, in
sostituzione, il giorno del riposo compensativo per i lavoratori turnisti; le
festività previste dalle vigenti disposizioni di legge…

14. Nell’interpretazione
del contratto e nella verifica, in sede di legittimità, della violazione dei
canoni di ermeneutica negoziale, il carattere prioritario dell’elemento
letterale non deve essere inteso in senso assoluto, in quanto assume valore
rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 cod. civ., che impone di
desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle
diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì,
conto del comportamento, anche successivo, delle parti (tra le tante, Cass. n. 10434 del 2006, n. 20294 del 2019 e
n. 13595 del 2020).

15. Il richiamo della disciplina
dettata dal contratto collettivo di settore con specifico riguardo alla
articolazione dell’orario di lavoro su tutto l’arco della settimana, giorni
festivi compresi, costituisce un sicuro indice della volontà comune dei
contraenti di recepire la regolamentazione collettiva sul punto, tanto p1″
avvalorata dal comportamento successivo delle stesse parti, avendo il G. per
alcuni anni accettato il sistema di fruizione dei riposi come regolati dal
contratto collettivo. La Corte territoriale ha dato del contenuto negoziale un
significato diverso da quello risultante dalle parole usate e dall’intento dei
contraenti, tanto più avvalorato dal comportamento successivo delle parti
individuali, stante la loro adesione esplicita (attraverso un richiamo espresso
alla normativa contrattualistica) e pure implicita (attraverso la concreta
attuazione delle clausole contrattuali) al CCNL.

16. Nessun significato concludente
può essere attribuito alla circostanza, evidenziata nella sentenza impugnata,
per cui nel successivo contratto di lavoro stipulato tra le parti sarebbe stato
contemplato espressamente il consenso del lavoratore allo svolgimento del
lavoro nelle festività infrasettimanali di cui alla legge n. 260 del 1949. La mancanza di una
analoga espressa previsione nel contratto oggetto del presente giudizio non
esclude che il consenso fosse implicito nella adesione, espressa, a rendere la
prestazione lavorativa in tutti i giorni della settimana e al riposo
settimanale per turni. Nella formulazione onnicomprensiva dei riposi da fruire
secondo la previsione del CCNL non potevano non essere inclusi anche quelli
infrasettimanali ex I. n. 260 del 1949, secondo una coerente
logica interpretativa letterale e sistematica ex artt. 1362 e 1363 cod. civ.

17. Va rigettato il ricorso
incidentale, poiché non è neppure contestata l’affermazione della Corte di appello
secondo cui il riposo compensativo non è previsto, per la particolare
fattispecie di cui si discute in giudizio, né dalla legge n. 260 del 1949, né dalle norme del
contratto collettivo per il caso di prestazione svolta per esigenze di pubblico
servizio.

18. La parte invoca il ricorso alla
interpretazione analogica per colmare la “lacuna normativa” di cui
alla legge n. 260 del 1949 e richiama la
soluzione accolta dal primo Giudice, secondo cui va riconosciuto il diritto del
lavoratore ad un riposo compensativo in caso di legittimo sacrificio del
diritto di astensione dal lavoro, in mancanza di consenso in tale senso.
Tuttavia, la sussistenza del consenso, nei termini sopra riferiti, comporta
l’applicazione della disciplina contrattuale di settore, una volta ricondotta
la fattispecie nell’ambito della relativa disciplina negoziale.

19. Resta così assorbito ¡I rilievo
di extrapetizione, sollevato dalla società in appello per essere la richiesta
originaria del ricorrente relativa al riposo compensativo da fruire in giorno
festivo, mentre l’accoglimento emesso dal primo giudice riguardava il riposo
compensativo da fruire indifferentemente anche in giorno feriale.

20.In conclusione, in accoglimento
del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata. Non
essendovi altri accertamenti di fatto da eseguire, deve essere emessa pronuncia
nel merito, ex art. 384, secondo comma, cod. proc.
civ.
, con rigetto della domanda originaria.

21.Quanto alle spese processuali, il
Collegio ravvisa i presupposti per disporne la compensazione integrale tra le
parti per l’intero processo, a norma dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ..
Tale norma è stata da ultimo modificata dal testo dall’art. 13, primo comma, d.l. 12
settembre 2014 n.132
, conv. con
modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162; tuttavia
tale modifica non è applicabile ratione temporis alla fattispecie, poiché a norma dell’art. 13 comma 2, dello stesso
provvedimento tale disposizione si applica ai procedimenti introdotti a
decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di
conversione del decreto e nel caso di specie il ricorso introduttivo venne
depositato (20 novembre 2014), anteriormente a tale data.

Trova così
applicazione il regime processuale anteriore, ai sensi dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ.,
come riformulato dalla I. n. 69 del 2009 per cui la compensazione
delle spese legali può essere disposta, in difetto di soccombenza reciproca,
per “gravi ed eccezionali ragioni”, tra le quali, trattandosi di nozione
elastica, rientra la novità o dell’oggettiva incertezza delle questioni di
fatto o di diritto rilevanti nel caso specifico.

22. In particolare, la
vicenda processuale ha presentato profili di incertezza e di novità, come è
reso palese dal tentativo dei giudici di merito, espresso nel comando
giudiziale, di contemperare l’esercizio del diritto individuale con le esigenze
sottese all’espletamento del servizio pubblico essenziale, muovendo tuttavia
dal presupposto – erroneo – del difetto di consenso prestato dalle parti del
rapporto alla disciplina collettiva come trasfusa nel contratto di lavoro.

Va dato atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R.
30 maggio 2002 n. 115
, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228,
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 -bis dello
stesso art. 13 (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019 e
n. 4315 del 2020).

 

P.Q.M.

 

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 ottobre 2021, n. 29907
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