Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 ottobre 2021, n. 29800

Tributi, IRAP, Medico, Utilizzo di più ambulatori in locali
presi in affitto, Esigenza di assicurare la fruizione del servizio ad un vastp
bacino di utenza, Esclusione del presupposto di autonoma organizzazione,
Legittimità

 

Fatto e diritto

 

A.G. esercente l’attività di medico, impugnava
davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Macerata, la cartella di
pagamento riguardante I’Irap relativo all’anno 2004.

La CTP accoglieva il ricorso sul presupposto che la
contribuente aveva dato prova della mancanza del requisito dell’attività
autonomamente organizzata. Sull’impugnazione proposta dall’Agenzia delle
Entrate la Commissione Tributaria Regionale delle Marche confermava la decisione
impugnata sul rilievo che alla stregua delle risultanze di causa l’esercizio
della professione medica era avvenuta in modo personale avvalendosi di 4
ambulatori in locali presi in affitto considerato il vasto bacino di utenza.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle
Entrate ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un unico motivo, il
contribuente si è costituito depositando controricorso.

 

Considerato che

 

Con l’unico motivo viene dedotta violazione e falsa
applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1 e 3 lett C) in
relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR ritenuto
sussistente alla luce del pacifico dato fattuale lo svolgimento dell’attività
in ben 4 studi medici il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.

Il motivo è inammissibile.

Va osservato, in primo luogo, che i parametri
ermeneutici alla stregua dei quali va orientata la ricostruzione degli elementi
rilevanti della fattispecie impositiva in tema di Irap e va, parimenti,
commisurato il giudizio di adeguatezza dell’apparato motivazionale della
decisione in materia, sono stati puntualmente individuati dall’opera
nomofilattica delle Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Un., 26/05/2009, n. 12111,
Rv. 608231 – 01), che hanno fissato il principio secondo cui “il requisito
dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito
ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre
quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione,
e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui
responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo
l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio
dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non
occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il
rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza
delle predette condizioni”.

Nel precisare ulteriormente tali fondamentali
indicazioni, l’opera esegetica di questa Corte ha ulteriormente precisato che
“in tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto
della “autonoma organizzazione” richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997,
art. 2, non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione
impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio
dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un
dipendente con mansioni esecutive. (In applicazione del principio, la S.C. ha
respinto il ricorso contro la decisione di merito che aveva escluso l’autonomia
organizzativa di uno studio legale dotato soltanto di un segretario e di beni
strumentali minimi)”. (Cass. Sez. U, 10/05/2016, n. 9451, Rv. 639529 – 01;
nello stesso senso, cfr. Cass. Sez. 6 – 5, 19/04/2018, n. 9786, Rv. 647737 – 01
con riferimento all’insussistenza del presupposto impositivo in un caso in cui
il contribuente si era avvalso, nell’espletamento della propria attività professionale
di medico convenzionato, di una segretaria; Cass. Sez. 6 – 5, 17/05/2018, n.
12084, Rv. 648384 – 01, secondo cui “non ricorre il necessario presupposto
della autonoma organizzazione ove il contribuente si avvalga di un cd.
assistente di sedia, ossia di un infermiere generico assunto “part
time”, il quale si limita a svolgere mansioni di carattere esecutivo,
senza pertanto accrescere le potenzialità professionali del medico”).

In tale quadro ricostruttivo, con specifico
riferimento all’ipotesi, sulla quale si incentra il motivo di ricorso, in cui
il professionista disponga di più studi, è stato ritenuto da questa Corte che
“in tema di IRAP, la circostanza che il professionista operi presso due o
più strutture materiali non è sufficiente a configurare un’autonoma
organizzazione, se tali strutture siano semplicemente strumentali ad un
migliore e più comodo esercizio dell’attività professionale” (Cass.
22/12/2016, n. 26651), commisurando il parametro della maggior comodità
all’interesse del pubblico, ovvero dei pazienti (Cass. 26/03/2018, n. 74295); o
se l’utilizzo di un secondo studio sia funzionale a specifiche esigenze
territoriali inerenti l’attività prestata in convenzione con il S.S.N.
(Cass.07/12/2016, n. 25238; Cass., 25/01/2017, n. 1860).

In tale prospettiva, assodata l’inidoneità
dell’elemento costituito dalla disponibilità di due o più strutture operative
ove strumentali rispetto alle finalità sopra indicate, rileva il Collegio che
il ricorso non specifica né allega in alcun modo se – e per quale ragione – le
condizioni di esercizio dell’attività del medico convenzionato non fossero,
nella specie, riconducibili all’esigenza di assicurare all’utenza una migliore
fruizione del servizio, con la conseguenza di nell’ottica della configurabilità
della violazione di legge, della medesima Disp., ex n. 3, da valutarsi alla
stregua dell’illustrato orientamento interpretativo di questa Corte.

Analogamente, anche con riferimento alle spese
erogate dal contribuente per compensi a terzi, è stato escluso che
costituiscano dato sintomatico dell’autonoma organizzazione, ai fini dell’IRAP,
ove si tratti di compensi corrisposti a colleghi medici, in caso di
obbligatoria sostituzione per malattia o ferie, circostanza frequente nei
medici di base che debbono assicurare un servizio continuativo (Cass. n. 17344
del 25/08/2016; Sez. 6 – 5, n. 20088 del 06/10/2016, Rv. 641300 – 01). Anche
sotto tale profilo, il ricorso risulta carente in punto di autosufficienza, in
quanto non allega se e per quali ragioni nel caso in esame le spese sostenute
dalla contribuente non potessero rientrare nell’ipotesi di cui sopra: il che si
traduce nella mancata indicazione delle ragioni della pretesa decisività della
circostanza e, congiuntamente, dei presupposti stessi per la configurabilità
della violazione di legge dedotta.

Il motivo di ricorso, per tali motivi, si palesa nel
suo complesso inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo secondo i criteri di legge.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di
legittimità che si liquidano in complessive € 3000,00 oltre al 15% per spese
generali e agli accessori di legge.

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