Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30852

Contratto di agenzia, Caratteri distintivi, Incarico di
vendita diretta a domicilio, Requisitio dell’abitualità, Verbale ispettivo

 

Rilevato che

 

1. con sentenza n. 499 del 2015, la Corte di Appello
di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non dovuti i
contributi, e relative sanzioni, pretesi dall’ENASARCO in riferimento ai
rapporti intercorsi, nel periodo 2005-2007, tra la s.n.c. D.B.L. e F. e quattro
venditrici a domicilio, qualificati di agenzia dall’ENASARCO;

2. per la Corte di merito non sussistevano, nella
specie, i requisiti propri del contratto di agenzia, e i rapporti intercorsi
con le venditrici di cui al verbale ispettivo andavano ricompresi nell’incarico
di vendita diretta a domicilio, senza necessità di stipulare contratto di
agenzia, svolta in maniera abituale, ai sensi del comma 3 dell’art. 3 legge
n.173 del 2005, e tanto si desumeva dal tenore delle lettere d’incarico,
sottoscritte dalle venditrici, alla stregua del quale non vi era obbligo di
prestare stabilmente l’attività, potendo omettere di promuovere prodotti della
concessionaria (U.I. s.p.a.) e interrompere senza preavviso il rapporto,
godendo della libertà di operare senza vincolo di esclusiva, territoriale e
senza indicazioni, da parte della società, della possibile clientela; né l’ente
aveva introdotto, in giudizio, elementi, con l’allegazione di diverse modalità
fattuali, per smentire l’assetto contrattuale concordato dalle parti;

3. avverso tale sentenza la Fondazione ENASARCO ha
proposto ricorso, affidato a quattro motivi, al quale ha opposto difese la snc
D.B.L. e F., con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;

 

Considerato che

 

4. con i motivi di ricorso si deduce violazione
degli artt. 3, co. 2, 3 legge n.173 del 2005, degli artt. 1372, 1363, 1325,
1343, 1346,1742 cod.civ., per avere la Corte di merito ritenuto sussistente la
figura intermedia dell’incarico di vendita diretta a domicilio, con carattere
di abitualità, interpretando la clausola contrattuale della stabilità, nella
lettera di incarico, senza indagare, alla luce delle risultanze acquisite,
sulla riconducibilità dei predetti rapporti, per oggetto della prestazione e
natura dell’attività prestata, nel paradigma legale del contratto di agenzia,
in considerazione dell’attività promozionale svolta, peculiare del contratto di
agenzia e dichiarato dalla stessa società agli ispettori verbalizzanti, con
missiva trascritta nel verbale ispettivo, così trascurando il concreto
contenuto della prestazione di “attività di promozione mirata alla
conclusione di affari” (primo motivo); anche con il secondo mezzo si
deduce violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale nell’interpretazione
delle lettere d’incarico, per avere la Corte di merito, con motivazione
meramente apparente, valorizzato clausola, riportata in termini diversi, senza
indagare sulla sopraggiunta inefficacia delle clausole contrattuali a fronte
dell’instaurazione, di fatto, di un rapporto del tutto diverso (secondo);
violazione degli artt. 1742 e 1743 cod.civ. per avere argomentato, in ordine
all’esclusione del contratto di agenzia, dall’assenza sia della zona specifica
sia del vincolo di esclusiva, requisiti, entrambi, non essenziali del rapporto
di agenzia (terzo); omesso esame di un fatto decisivo, per avere omesso l’esame
della missiva della società agli ispettori verbalizzanti sullo svolgimento di
attività promozionale, risultando viziata la correttezza logica della decisione
(quarto);

5. va premesso che la legge 17 agosto 2005 n.173,
applicabile ratione temporis, recante «Disciplina della vendita diretta a
domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali»,
definisce, nell’articolo 1, per quanto in questa sede rileva, la “vendita
diretta a domicilio”, come la forma speciale di vendita al dettaglio e di
offerta di beni e servizi, di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 114, effettuate tramite la raccolta di ordinativi di acquisto
presso il domicilio del consumatore finale o nei locali nei quali il
consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi personali, di lavoro,
di studio, di intrattenimento o di svago» e per “incaricato alla vendita
diretta a domicilio”, « colui che, con o senza vincolo di subordinazione,
promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto
presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a
domicilio»;

6. all’art. 3 il legislatore del 2005 delinea
plurime forme in cui può svolgersi l’attività di incaricato della vendita
diretta a domicilio e dispone: «1. L’attività di incaricato alla vendita
diretta a domicilio, con o senza vincolo di subordinazione, è soggetta
all’obbligo del possesso del tesserino di riconoscimento di cui all’articolo
19, commi 5 e 6, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e può essere
svolta da chi risulti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5, comma 2,
del medesimo decreto legislativo. 2. L’attività di incaricato alla vendita
diretta a domicilio senza vincolo di subordinazione può essere esercitata come
oggetto di una obbligazione assunta con contratto di agenzia. 3. L’attività di
incaricato alla vendita diretta a domicilio senza vincolo di subordinazione può
essere altresì esercitata, senza necessità di stipulare un contratto di
agenzia, da soggetti che svolgono l’attività in maniera abituale, ancorché non
esclusiva, o in maniera occasionale, purché incaricati da una o più imprese. 4.
La natura dell’attività di cui al comma 3 è di carattere occasionale sino al
conseguimento di un reddito annuo, derivante da tale attività, non superiore a
5.000 euro. 5. Resta ferma la disciplina previdenziale recata dall’articolo 44,
comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326»;

7. tanto premesso, i motivi, congiuntamente
esaminati stante la loro connessione, sono infondati;

8. è noto che caratteri distintivi del contratto di
agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di
promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di
una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo, con quest’ultimo,
una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio
rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza
e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo;

9. il rapporto di procacciatore d’affari si
concreta, invece, nella più limitata attività di chi, senza vincolo di
stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti
per trasmetterle all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare
tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli
l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione
del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua
iniziativa (fra tante, Cass. n. 1656 del 2020);

10. il ricorso all’esame non incrina la statuizione
della Corte territoriale giacché pur attraverso la formale denuncia della
violazione di diverse disposizioni codicistiche e delle regole di ermeneutica
contrattuale, risulta sostanzialmente volto a sollecitare un nuovo
apprezzamento di merito senza adeguatamente frapporre censure valide alla
rilevata carente allegazione, della quale era onerato l’ente previdenziale
creditore della pretesa contributiva, in ordine a modalità concrete, e diverse,
di svolgimento dei rapporti con le incaricate alle vendite a domicilio
collocabili nel paradigma dell’agenzia, in luogo del paradigma dell’incarico di
vendita a domicilio in maniera abituale, senza contratto di agenzia;

11. nessuna violazione di norme di diritto è
ascrivile alla Corte di merito, avendo escluso il requisito della continuità e
stabilità della prestazione caratterizzante il rapporto di agenzia e ritenuto
indimostrati, in giudizio, specifici vincoli o obblighi contrattuali di
promuovere affari per conto della preponente e il collegamento a determinate
zone;

12. neanche si ravvisa l’adombrata denuncia di
motivazione solo apparente, ben rivelando, la motivazione, la ratio decidendí
ed evidenziando gli elementi che sorreggono il convincimento del giudice e ne
rendono, dunque, possibile il controllo di legittimità (per tutte, Cass. Sez.
Un. n. 8053 del 2014);

13. la Corte di merito ha esaminato i requisiti
della stabilità, intesa come obbligo assunto di promuovere in via stabile la
conclusione di contratti, la non episodicità e continuità e la Fondazione, pur
deducendo violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, solleva
questioni di merito già esaminate dalla Corte territoriale, sottratte alla
cognizione di questa Corte di legittimità;

14. inoltre, il concreto atteggiarsi del rapporto
con le incaricate alla vendita, che la Fondazione avrebbe dovuto contrastare in
questa sede di legittimità, avversando la proposizione della Corte di merito in
punto di assenza di prospettazioni in tal senso, è stato inadeguatamente
introdotto, nel giudizio di legittimità, invocando l’incompleto esame della
volontà contrattuale, alle origini della stipulazione delle lettera d’incarico
e nell’evoluzione di fatto, senza tuttavia veicolare la censura attraverso
l’idonea devoluzione, in sede di legittimità, della dimostrazione dell’avvenuta
introduzione, nelle sedi processuali di merito, di puntuale contestazione in
ordine alla difformità tra le pattuizioni negoziali e lo svolgimento di fatto
dei rapporti;

15. inammissibile si palesa, infine, l’ultimo mezzo
d’impugnazione, rubricato come omesso esame di un fatto decisivo, ma in realtà
volto a richiedere un inammissibile diverso apprezzamento di risultanze
documentali;

16. segue coerente la condanna alle spese, liquidate
come in dispositivo;

17. ai sensi dell’art.13,co.1-quater,
d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a
carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento
delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5.000,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento.
Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti
processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore
importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex
art.13,co. 1, se dovuto.

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