Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 novembre 2021, n. 31819

Tributi, Accertamento, Riqualificazione reddito di lavoro
dipendente in reddito di lavoro autonomo, Illegittimità, Prova, Istituti
tipici del rapporto di lavoro subordinato risultanti dal libro paga

 

Rilevato che

 

H. M. proponeva ricorso avverso avviso di
accertamento – relativo all’anno 2008 – con cui l’Agenzia delle Entrate
recuperava un maggior reddito di lavoro autonomo e un maggior reddito
imponibile ai fini Iva, Irap ed Irpef; l’avviso traeva origine dalla verifica
effettuata dalla G. d. F. nei confronti della ditta R. I. srl, nel cui libro
paga risultavano diversi dipendenti, tra cui la predetta H., che in realtà –
come emerso per effetto della successiva istruttoria posta in essere- tali non
erano, dovendosi gli stessi qualificare quali intermediari del commercio e
quindi lavoratori autonomi.

Nel contraddittorio tra le parti, la Commissione
Tributaria Provinciale di Lodi accoglieva il ricorso con sentenza, che, gravata
di appello da parte dell’Ufficio, era confermata dalla CTR.

Per la cassazione cella sopra menzionata sentenza,
l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, al quale resiste con controricorso la
contribuente.

 

Considerato che

 

Il ricorso consta di tre motivi che recano: 1)
“Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2700c.c. in relazione
all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.”; 2) “Contraddittorietà ed
illogicità della motivazione in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4
c.p.c.”; 3) “Violazione dell’art. 2697 c.c. -onere della prova- in
relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.; omessa motivazione in relazione
all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’art. 64
del DPR n. 600/73”.

– Con il primo motivo la ricorrente censura la
sentenza impugnata per avere riconosciuto valore probatorio alle buste paga
dell’Inail e agli estratti conto dell’Inps, non considerando che le prime sono
predisposte dal datore di lavoro e, quanto ai secondi, che l’Inps si limita a
certificare le dichiarazioni contributive.

Il motivo non è fondato.

La CTR, invero, nel richiamare tutta la produzione
documentale riversata in atti, fa poi esplicito riferimento -oltre che ai
documenti su cui si sofferma l’attenzione critica della ricorrente- agli
istituti (la cui sussistenza è testimoniata dalla predetta documentazione)
della indennità di trasferta, del premio di produzione, del rimborso
chilometrico, delle ferie, delle festività non godute, istituti -tutti- tipici
del rapporto di lavoro subordinato.

A fronte di tali risultanze -ritenute sufficienti ad
accogliere le istanze della contribuente- la CTR ha rilevato, concludendo sul
punto, con il sottolineare che “l’amministrazione deve fornire la prova
degli elementi fatto giustificativi dell’an e del quantum accertati”

– Con il secondo motivo, l’Ufficio censura la
sentenza per motivazione illogica e contraddittoria, in cui ravvisa la
violazione dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., così denunciando un error in
procedendo, tale da comportare la “nullità della sentenza o del procedimento”.

Il motivo non è fondato.

La ricorrente, invero, lungi dal precisare in cosa
consista la violazione della norma processuale (e quale essa sia), si limita a
censurare la sentenza per avere attribuito rilievo agli elementi sopra indicati
pur in presenza del “pacifica inesistenza della società”; così
argomentando l’Ufficio pone in discussione la valutazione delle prove -e la
loro idoneità- così come effettuata dl giudice del merito e finisce col
formulare una critica dell’apprezzamento di merito, che non può trovare
ingresso nel giudizio per cassazione.

– Con il terzo motivo, la ricorrente ha errato nel
rigettare l’appello dell’Ufficio ritenendo provato il rapporto di lavoro
subordinato in capo alla contribuente.

Il motivo non è fondato.

La ricorrente ritorna, ancora una volta, a censurare
la valutazione delle prove effettuata dalla CTR; si tratta di motivo esposto in
modo discorsivo, privo della necessaria specificità, con assenza di una precisa
distinzione delle censure formulate -attinenti alla violazione dell’art. 360
comma 1 n. 3 e n. 4- che sono quindi trattate in modo “cumulativo”,
dando luogo ad una inammissibile mescolanza di doglianze.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle
entrate al pagamento delle spese che liquida in euro 4.100,00 oltre euro 200,00
per esborsi oltre accessori come per legge.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 novembre 2021, n. 31819
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