Il principio di parità retributiva ha efficacia “diretta” negli Stati membri oltre che per lavoratori uguali anche per quelli di “pari valore”.

Nota a Corte Giust. UE 3 giugno 2021, C-624/19

Francesco Belmonte

L’art. 157 TFUE deve essere interpretato nel senso che produce effetti “diretti” (anche) nelle controversie tra privati in cui viene dedotta l’inosservanza del principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici che svolgono un “lavoro di pari valore”.

In tale linea si è pronunciata la Corte di Giustizia UE (3 giugno 2021, C-624/19) in relazione ad una questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale del lavoro inglese di Watford (decisione 21 agosto 2019) riguardante l’efficacia “diretta” dell’art. 157 TFUE, in base al quale, “1. Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo.

La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:

(…)

b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro.

(…)”.

La questione era sorta nell’ambito di un ricorso proposto da alcune lavoratrici che lamentavano di non aver “beneficiato di una pari retribuzione per uno stesso lavoro” svolto dai colleghi di sesso maschile, in violazione della normativa nazionale, nonché dell’art. 157 TFUE.

In particolare, le lavoratrici sostenevano che: “il loro lavoro e quello dei lavoratori di sesso maschile impiegati dalla Tesco Stores presso i centri di distribuzione della sua rete hanno pari valore e, dall’altro lato, che esse hanno il diritto di confrontare il loro lavoro con quello di detti lavoratori, pur se svolto presso stabilimenti diversi”.

Il Tribunale inglese, considerando che tra i giudici del Regno Unito sussiste un’incertezza in merito all’efficacia “diretta” della norma europea invocata nel giudizio principale, decide di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale:

“Se l’articolo 157 [TFUE] possa essere invocato quale norma ad efficacia diretta nelle azioni basate sul fatto che i ricorrenti svolgono un lavoro di valore pari a quello dei lavoratori con cui viene effettuato il raffronto”.

La Corte di Lussemburgo, invocando dei suoi precedenti in materia, ribadisce il carattere imperativo dell’art. 157 TFUE, da cui discende che: “il divieto di discriminazione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile non solo riguarda le pubbliche autorità, ma vale del pari per tutte le convenzioni che disciplinano in modo collettivo il lavoro subordinato nonché per i contratti fra singoli” (Corte Giust. UE 8 maggio 2019, C-486/18, punto 67 e giurisprudenza citata).

Tale disposizione produce effetti “diretti” creando, in capo ai singoli, diritti che i giudici nazionali hanno il compito di tutelare (v., in tal senso, Corte Giust. UE 7 ottobre 2019, C-171/18, punto 23 e giurisprudenza citata).

Per la Corte, l’art. 157 TFUE impone, inoltre, l’applicazione del principio della parità di retribuzione dei lavoratori di sesso maschile e di quelli di sesso femminile nell’ipotesi in cui il lavoro sia uguale ovvero di pari valore (Così, Corte Giust. UE 4 febbraio 1988, C-157/86, punto 9).

Tale norma “stabilisce il principio secondo cui uno stesso lavoro o un lavoro a cui è attribuito pari valore deve essere retribuito nello stesso modo, sia esso svolto da un uomo o da una donna, principio che costituisce l’espressione specifica del principio generale di uguaglianza che vieta di trattare in maniera diversa situazioni analoghe, a meno che tale differenza di trattamento non sia obiettivamente giustificata” (Corte Giust. UE 26 giugno 2001, C-381/99, punti 27 e 28).

I Giudici europei, rammentando infine che la portata delle nozioni di “stesso lavoro”, di “stesso posto di lavoro” e di “lavoro di pari valore”, di cui all’art. 157 TFUE, “riveste carattere puramente qualitativo, in quanto riguarda esclusivamente la natura delle prestazioni lavorative effettivamente compiute dagli interessati (Corte Giust. UE 26 giugno 2001, C-381/99, punto 42 e giurisprudenza citata).

Pertanto, «l’effetto diretto prodotto dall’articolo 157 TFUE non è limitato alle situazioni in cui i lavoratori di sesso diverso messi a confronto svolgono uno “stesso lavoro”, ad esclusione di un “lavoro di pari valore”».

Parità retributiva tra lavoratrici e lavoratori
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