Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 novembre 2021, n. 32905

Orario di lavoro, Dipendenti pubblici del comparto Regioni ed
Enti Locali, Addetti al lavoro in turni, Infermieri, Turni di lavoro in
giornata festiva infrasettimanale, Riconoscimento di riposo compensativo
esclusione

 

Ritenuto che

 

la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la
sentenza del Tribunale di Rovigo con la quale era stata respinta la domanda di
alcuni dipendenti del Consorzio Isola di Ariano Servizi Sociali (di seguito, CIASS),
addetti, come infermieri, al lavoro in turno presso varie Case di Riposo, con
applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (di seguito CCNL) del
comparto Regioni ed Enti Locali, proposta per far accertare il diritto dei
lavoratori turnisti al computo dell’orario di lavoro tenendo conto, come
giornate non lavorative da accreditare in banca ore, delle giornate festive
infrasettimanali in concreto lavorate, cosi come avveniva per i dipendenti non
inseriti in turni;

la Corte territoriale motivava richiamando i
precedenti, in senso sfavorevole alla domanda dispiegata, di Cass. 2 aprile
2014, n. 7726; Cass. 9 aprile 2010, n. 8458.

i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione
con un motivo, poi illustrato da memoria e resistito da controricorso del
CIASS;

 

Considerato che

 

con l’unico motivo di ricorso è denunciata la
violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3
c.p.c.) dell’art. 5 L.
260/1949, così come modificato dall’art. 1 L. 90/1954, nonché dei CCNL di comparto, artt. 22 e 24;

i ricorrenti fanno rilevare come, non riconoscendo,
per i lavoratori turnisti, il lavoro nelle festività infrasettimanali come
lavoro in giornata festiva si determinava un aumento per essi delle ore
lavorative complessive, senza il riconoscimento dei medesimi diritti che, in
tali frangenti, spettavano ai lavoratori “giornalieri” cui si
assicurava il riposo compensativo o, in mancanza il compenso per lavoro
straordinario festivo.

Nel motivo si rileva come la modalità organizzativa
del lavoro, in turni o per giornate lavorative) non potesse costituire una
variabile per diversificare il quadro contrattuale e legale per la definizione
dell’orario ordinario e straordinario, né per creare difformità di trattamento
quanto ad orari complessivi di lavoro o di considerazione delle giornate
festive infrasettimanali.

Il motivo va disatteso;

Questa S.C., con una serie di precedenti conformi e
stabili, pronunciati anche a distanza di tempo, ha ritenuto, con orientamento
qui condiviso ed alle cui motivazioni si rinvia anche ai sensi dell’art. 118, co.l, disp. att. c.p.c., che «in materia
di pubblico impiego, ai dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie
locali che svolgono la prestazione lavorativa con il sistema dei turni,
funzionale all’esigenza di continuità del servizio, si applica, ove la
prestazione cada in giornata festiva infrasettimanale, come in quella
domenicale, l’art. 22, comma 5, del
c.c.n.I. 14 settembre 2000 del comparto autonomie locali, che compensa il
disagio con la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione, mentre il
disposto dell’art. 24, che ha ad
oggetto l’attività prestata dai lavoratori dipendenti in giorni festivi
infrasettimanali, oltre l’orario contrattuale di lavoro, trova applicazione
soltanto quando i predetti lavoratori siano chiamati a svolgere la loro
attività, in via eccezionale od occasionale, nelle giornate di riposo
settimanale che competono loro in base ai turni, ovvero in giornate festive
infrasettimanali al di là dell’orario di lavoro» (Cass. 14 agosto 2019, n.
21412, con cui è stata cassata la pronuncia della Corte d’Appello di Milano che
i ricorrenti citano a conforto delle loro tesi; Cass. 7726/2014, cit.; Cass. 8458/2010, cit.; ora, tra le molte, v. da
ultimo anche Cass. 7 luglio 2021, n. 19326);

la particolarità del presente giudizio è che esso è
impostato, come si evince dallo storico di lite, non tanto perseguendo
direttamente l’attribuzione di compensi ulteriori per il lavoro svolto nelle
festività infrasettimanali, quanto prospettando piuttosto come il trattamento
di quelle giornate, per i turnisti, senza previsione di riposo compensativo (o
di compenso sostitutivo di esso per lavoro straordinario) comporti in sostanza
la sottoposizione di essi ad un orario complessivamente maggiore rispetto ai
dipendenti “giornalieri”;

l’effetto può anche essere vero, tuttavia esso non
comporta alcun mutamento nella definizione della controversia;

anche l’originaria disposizione di cui all’art. 5 L. 260/1949, come
modificata dall’art. 1 L.
90/1954 altro non comporta, qualora vi sia lavoro nelle giornate festive
infrasettimanali, che differenze di tipo economico;

pertanto, tenuto conto che il lavoro in tali
festività riguarda singole evenienze, talora destinate a sovrapporsi anche con
l’ordinaria festività settimanale, non è irrazionale che il CCNL di comparto
abbia regolato il lavoro in quelle giornate, per quanto riguarda i lavoratori
turnisti, solo con il riconoscimento di una maggiorazione economica, che è
quella del 30% in caso di lavoro festivo tout court e del 50% se si tratti di
lavoro festivo notturno;

d’altra parte, una tale regolazione economica è
coerente con l’esigenza di continuità propria del lavoro per turni ed inoltre,
attraverso una espressa previsione di onnicomprensività contenuta nell’art. 22 del CCNL citato, mostra che
con essa sono stati considerati, in sede di contrattazione collettiva, tutti i
disagi conseguenti al lavoro per turni, ivi compreso quello qui considerato;

non rilevante è il richiamo dei ricorrenti alle
pronunce di Cass. 17 aprile 2007, n. 9097 e Cass.25
gennaio 2021 n. 1505, in quanto relative a diversi regimi ovverosia, la
prima, a quello/anteriore alla privatizzazione del d.p.r.
268/1987 e, la seconda, al Comparto Sanità, essendo evidente che ogni
sistema negoziale o ad esso assimilabile, ben può articolare secondo le
modalità ritenute più opportune quanto oggetto del rapporto tra lavoro in
turni, festività infrasettimanali e remunerazioni o riposi.

il ricorso va dunque rigettato e le spese seguono la
soccombenza;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al
pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre
spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.p.r. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13,
se dovuto.

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