Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 novembre 2021, n. 36584

Tributi, Accertamento, Reddito di lavoro autonomo
professionale, Rimborsi per anticipazioni fatte in nome e per conto dei
clienti, Mancanza di regolare documentazione, Riqualificazione in compensi
imponibili

 

Rilevato che

 

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del
Piemonte, depositata il 20 gennaio 2015, che, in parziale accoglimento
dell’appello dello Studio Notai P.C.C. e M.V. s.s., C.P.C. e V.M., ha annullato
l’avviso di accertamento con il quale era stata rettificata la dichiarazione
resa dalla società per l’anno 2007 limitatamente alla ripresa avente ad oggetto
la mancata contabilizzazione di compensi;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che
con l’atto impositivo era stato contestato, oltre alla riferita mancata
contabilizzazione di compensi, accertata a seguito del disconoscimento di
anticipazioni in parcelle, ritenute prive di sufficiente documentazione,
l’indebita deduzione di costi, ritenuti, in alcuni casi, non documentati e, in
altri, non inerenti;

– il giudice di appello ha riferito che la
Commissione provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso dei contribuenti
con riferimento alle riprese concernenti la deduzione dei costi ritenuti non
inerenti, consistenti in spese per canoni di abbonamento per servizi televisivi
e in prestazioni gratuite, giudicando, per il resto, legittimo l’avviso di
accertamento;

– quindi, ha (parzialmente) accolto il gravame dei
contribuenti in ordine al rilievo attinente i maggiori compensi asseritamente
non dichiarati e respinto quello dell’Ufficio in ordine alle riprese annullate
dal giudice di primo grado;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resistono con unico controricorso la Studio Notai
P.C.C. e M.V. s.s., nelle more posta in liquidazione, e V.M. mentre C.P.C. non
spiega alcuna attività difensiva;

 

Considerato che

 

– va preliminarmente disattesa l’eccezione di
inammissibilità del ricorso, in quanto sollevata dai controricorrenti
sull’erroneo presupposto che i relativi motivi sollecitano una rivalutazione
dei fatti accertati dal giudice di merito, poiché tale assunto non trova
riscontro nell’esame del contenuto delle doglianze, che, invece, fanno valere
violazioni di legge in cui tale giudice sarebbe incorso;

– nel merito, con il primo motivo l’Agenzia deduce
la violazione e falsa applicazione degli artt. 15, d.P.R. 26 ottobre 1972, n.
633, 54, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, e 8, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446,
per aver la sentenza impugnata annullato la ripresa relative ai maggiori
compensi accertati a seguito del disconoscimento delle anticipazioni
dichiarate, pur riconoscendo che la società non aveva rispettato gli
adempimenti previsti dal richiamato art. 15;

– il motivo è fondato;

– la Commissione regionale sembra evidenziare, anche
se con motivazione non priva di elementi di ambiguità, che la società
contribuente abbia indicato nelle parcelle emesse spese per anticipazioni che
non hanno trovato corrispondenza nella documentazione esibita, riconoscendo la
non correttezza di un siffatto operato;

– ha, tuttavia, concluso per l’insussistenza della
relativa pretesa erariale in ragione del fatto che alcune fatture recano
l’indicazione di spese anticipate per un importo superiore a quello
documentato, mentre altre un importo inferiore, con il risultato algebrico di
una neutralizzazione degli errori e l’assenza di un’influenza sulla
determinazione degli imponibili;

– orbene, ai sensi dell’art. 15, primo comma, n. 3,
d.P.R. n. 633 del 1972, «le somme dovute a titolo di rimborso delle
anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte» non concorrono a
formare la base imponibile, «purché regolarmente documentate»;

– la ratto della esclusione di dette somme dal
computo della base imponibile è evidente, trattandosi di semplici partite di
giro che, come tali, non hanno natura di corrispettivo per la prestazione del
servizio (cfr. Cass. 17 giugno 2011, n. 13324);

– presupposto indispensabile per l’esclusione delle
anticipazioni dalla base imponibile è che le stesse siano regolarmente
documentate, situazione per non ricorre nel caso in esame in cui la Commissione
regionale ha accertato l’irregolare documentazione delle stesse, in relazione
alla mancata corrispondenza degli importi indicati nelle fatture con quelli
emergenti dalla documentazione di sostegno;

– la valutazione della regolare documentazione delle
spese per anticipazioni va, infatti, operata con riferimento alle singole
operazioni  cui le stesse accedono e non
può essere fatta globalmente con riferimento a tutte le operazioni di un
singolo periodo di imposta, pena la obliterazione del requisito previsto dal
legislatore della regolarità della documentazione;

– con il secondo motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 109, T.U. n. 917 del 1986, per
aver il giudice di appello ritenuto legittima la deduzione delle spese operata
con riferimento a prestazioni gratuite, pur in assenza del requisito
dell’inerenza;

– il motivo è, nei limiti che seguono, fondato;

– la Commissione regionale ha motivato la sua
decisione sul punto, anche attraverso il richiamo alla sentenza di primo grado,
con il fatto che la società ha reso alcune prestazioni professionali senza
percepire alcun compenso, pur avendo fatturato le relative prestazioni in
coerenza con le previsioni della normativa di settore, e che tale sua condotta
trova giustificazione in ragioni di amicizia, parentela o convenienza, oltre
che di incentivazione dell’attività;

– l’accertamento fattuale operato dal giudice di
merito conduce a ritenere che i costi sostenuti dalla società, consistenti
nella prestazione di servizi con compenso indicato – per legge – in fattura, ma
non riscosso per le riferite ragioni di convenienza e/o opportunità, vadano
qualificate quali spese di rappresentanza, ossia, quali spese affrontate per
iniziative volte ad accrescere l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le
possibilità di sviluppo;

– così qualificati tali costi, gli stessi risultano
essere deducibili dal contribuente, sia pure nei limiti di cui all’art. 108,
secondo comma, T.U. n. 917 del 1986, nella formulazione applicabile ai fatti di
causa ratione temporis (e, dunque, anteriore a quella risultante dall’entrata
in vigore dell’art. 1, comma 33, lett. p, I. 24 dicembre 2007, n. 244), e,
dunque, nella misura di un terzo del loro ammontare e, per quote costanti,
nell’esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi;

– pertanto, il giudice di rinvio, presa atto della
qualificazione delle prestazioni gratuite in oggetto quali spese di
rappresentanza, dovrà accertare entro quali limiti le spese potevano essere
dedotte con riferimento al periodo di imposta in esame;

– la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con
riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione
tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione;

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con
riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione
tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 novembre 2021, n. 36584
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