Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 dicembre 2021, n. 37985

Appalto, Obbligazione solidale della committente, Tutele di
carattere retributivo e previdenziale

Rilevato che

 

1. Con ricorso depositato il 19.4.2016 dinanzi al
Tribunale di Vercelli, la società B. soc. coop. a.r.l. ha proposto opposizione
al verbale di accertamento notificato il 19.4.2015 con cui era stato chiesto il
pagamento della somma di euro 37.886,52 quale subcommittente obbligata
solidale, ai sensi dell’art. 29,
d.lgs. n. 276 del 2003, per i contributi previdenziali e le sanzioni non
corrisposti dalla subappaltatrice M. soc. coop. a.r.l.;

2. il Tribunale ha accolto il ricorso e dichiarato
l’intervenuta decadenza dell’INPS, ai sensi dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
“da ogni azione nei confronti del responsabile in solido B. soc. coop.
a.r.l. a far data dal gennaio 2016”;

3. la Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello
dell’INPS confermando la decisione di primo grado;

4. ha rilevato che dopo la cessazione dell’appalto,
risalente al 31.12.2013, e nell’arco del successivo biennio, non era stata
posta in essere alcuna iniziativa giudiziale da parte dell’Istituto;

5. ha considerato operante anche nei confronti
dell’INPS il termine di decadenza entro cui far valere l’obbligazione solidale
del committente;

6. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso
per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la B.
soc. coop. a.r.l.. Entrambe le parti hanno depositato memoria;

7. la proposta del relatore è stata comunicata alle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi
dell’art. 380 bis c.p.c.;

 

Considerato che

 

8. col primo motivo del ricorso è dedotta, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.,
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
come modificato dall’art. 6, commi 1
e 2, d.lgs. n. 251 del 2004, dall’art. 1, comma 911, I. n. 296 del
2006 e successivamente dall’art.
21, comma 1, d.l. n. 5 del 2012, conv. con modif. dalla I. n. 35 del 2012 ed infine dall’art. 4, comma 31, lett. a) e b) della
I. n. 92 del 2012;

9. si sostiene come l’art. 29 cit. debba essere
interpretato nel senso di limitare la decadenza, dal diritto di agire nei
confronti del committente quale responsabile solidale, ai soli lavoratori e ciò
in base al tenore della norma che non contiene alcun riferimento agli enti
previdenziali; questi quando agiscono per ottenere il versamento dei contributi
esercitano un potere da cui non possono decadere, a meno che la funzione a cui
quel potere è connesso non venga sottratta ai medesimi;

10. si osserva come, decorso il termine di decadenza
di cui all’art. 29 cit., i
lavoratori possono ancora agire nei confronti del committente per il pagamento
delle retribuzioni ai sensi dell’art. 1676 c.c.,
ma non hanno alcuna azione nei confronti del committente per il pagamento dei
contributi. Se si esclude l’applicabilità agli enti previdenziali della
decadenza introdotta dall’art. 29
cit., essi possono agire per il recupero dei contributi nei confronti del
committente, nel termine di prescrizione, in tal modo realizzandosi una tutela
pressoché analoga delle retribuzioni e della contribuzione;

11. col secondo motivo di ricorso, formulato per
l’ipotesi di mancato accoglimento del primo motivo, l’INPS ha censurato la
sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360 n. 3
cod. proc. civ., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003,
come modificato dall’art. 6, commi 1
e 2, d.lgs. n. 251 del 2004 e dall’art. 1, comma 911, I. n. 296 del
2006 e successivamente dall’art.
21, comma 1, d.l. n. 5 del 2012, conv. con modif. dalla I. n. 35 del 2012 ed infine dall’art. 4, comma 31, lett. a) e b) della
I. n. 92 del 2012; nonché degli artt. 2964,
2966 e 2967 c.c.;

13. ha sostenuto come la sentenza impugnata avesse
erroneamente dichiarato la decadenza nonostante il compimento da parte
dell’Istituto di un atto impeditivo della decadenza medesima, rappresentato
dalla notifica al committente del verbale ispettivo; ha rilevato come l’art. 29 cit. non specifichi in
alcun modo gli atti da compiere per esercitare il diritto nei confronti del
committente ed impedire il verificarsi della decadenza e che da tale silenzio
possa inferirsi l’idoneità, a fini impeditivi della decadenza, degli atti sia
giudiziali e sia stragiudiziali; nel caso di specie, il verbale ispettivo era
stato notificato al subcommittente il 2.3.2015, prima del decorso di due anni
dalla conclusione dell’appalto;

14. il primo motivo di ricorso è fondato, alla luce
dei precedenti di questa Corte, a cui si intende dare continuità (Cass. n. 18004 del 2019; n. 22110 del 2019; n.
26459 del 2019), e che hanno affermato, in analogia all’orientamento
formatosi nel vigore della legge n. 1369 del 1960, il principio secondo cui
“il termine di due anni previsto dall’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003
non è applicabile all’azione promossa dagli enti previdenziali, soggetti alla
sola prescrizione”;

15. nei citati precedenti si è considerato che
l’obbligazione contributiva non si confonde con l’obbligo retributivo, posto
che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha da tempo consolidato il
principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per
quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi (vd., ex multis, Cass. n. 5353 del 2004; Cass. nn. 15979, 6673 del
2003);

16. l’obbligazione contributiva, derivante dalla
legge e che fa capo all’INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella
retributiva (Cass. 8662 del 2019), essa (Cass. n.
13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione
che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva
vigente (cd. “minimale contributivo”);

17. dunque, può affermarsi che la finalità di
finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione
immanente e necessaria tra la <retribuzione> dovuta secondo i parametri
della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell’ente preposto alla
realizzazione della tutela previdenziale;

18. proprio dalla peculiarità dell’oggetto
dell’obbligazione contributiva, che coincide con il concetto di <minimale
contributivo strutturato dalla legge in modo imperativo, discende la
considerazione di rilevo sistematico che fa ritenere non coerente con tale
assetto l’interpretazione che comporterebbe la possibilità, addirittura
prevista implicitamente dalla legge come effetto fisiologico, che alla
corresponsione di una retribuzione – a seguito dell’azione tempestivamente
proposta dal lavoratore – non possa seguire il soddisfacimento anche
dall’obbligo contributivo solo perché l’ente previdenziale non ha azionato la
propria pretesa nel termine di due anni dalla cessazione dell’appalto;

19. si spezzerebbe, in altri termini e senza alcuna
plausibile ragione logica e giuridica apprezzabile, il nesso stretto tra
retribuzione dovuta (in ipotesi addirittura effettivamente erogata) e
adempimento dell’obbligo contributivo, con ciò procurandosi un vulnus nella
protezione assicurativa del lavoratore che, invece, l’art. 29 cit. ha voluto
potenziare;

20. il secondo motivo, alla luce delle
considerazioni esposte, resta assorbito;

21. in definitiva, accolto il primo motivo e
dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, quanto al
motivo accolto, e rinviata alla Corte d’appello di Torino in diversa
composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di
legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara
assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche
per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 dicembre 2021, n. 37985
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: