Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2021, n. 39751

Malattia professionale, Indennizzo, Servizi direttamente
coinvolgenti la lavorazione di componenti contenenti amianto, Prova

Rilevato che

 

1. Con sentenza n. 248 depositata il 19.3.2020, la
Corte d’appello di Palermo, confermando la pronuncia di primo grado, ha
rigettato la domanda degli originari ricorrenti (nella qualità di eredi di
C.S.) proposta nei confronti dell’INAIL e volta a conseguire la rendita o
l’indennizzo per malattia professionale (mesotelioma pleurico);

2. la Corte distrettuale – rinnovato l’incarico ad
altro consulente tecnico d’ufficio – rilevava che (pur essendo previsto il
“mesotelioma da esposizione a fibre di asbesto” nelle tabelle Inail di cui al
d.m. 9.4.2008) il lavoratore non aveva provato le concrete modalità di
svolgimento dell’attività lavorativa (operaio di armamento) e, in particolare,
l’assegnazione, stabile e duratura, in servizi direttamente coinvolgenti la
lavorazione di componenti contenenti amianto, quali il controllo delle
operazioni di bruciatura delle littorine, dal 1986 al 1990, presso la stazione
ferroviaria di Alcamo (risultando – per converso – documentalmente avviata,
l’opera di distruzione delle vetture, solamente a partire dal 1996); invero, le
prove testimoniali avevano dimostrato che il S. non aveva direttamente
partecipato a dette operazioni, dovendo controllarle a distanza alternandosi in
turni con altri due colleghi, e non erano emersi né la frequenza di tali
interventi né il numero di mezzi ferroviari coinvolti; carente di un
sufficiente ausilio probatorio era risultata anche la dedotta dispersione,
nell’ambiente circostante, dei fumi e ceneri residuate dalle operazioni di
bonifica tramite l’interazione di agenti atmosferici;

3. avverso la sentenza gli eredi del S. hanno
proposto ricorso, fondato su quattro motivi, cui ha opposto difese l’INAIL con
controricorso;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo
380 bis cod.proc.civ.; l’INAIL ha resistito con controricorso;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo, parte ricorrente denunzia
violazione o falsa applicazione degli artt. 3 del T.U. n. 1124 del 1965, 3 e 38
Cost. – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ. – avendo, la Corte
territoriale, trascurato che dall’istruttoria era emerso un compendio
indiziario dotato di gravità, precisione e concordanza, contrassegnante la
contaminazione dell’ambiente circostante il binario 12 della stazione di Alcamo
diramazione, ove il S. svolgeva la sua attività lavorativa, in ragione della
dispersione di fibre di amianto, essendo altresì notorio e confermato dai
testimoni che l’amianto era stato impiegato nel comparto dei rotabili
ferroviari ed essendo sufficiente ravvisare il rischio ambientale.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce omesso
esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti – ex art. 360,
primo comma, n. 5, cod.proc.civ. – avendo la Corte territoriale trascurato che
il S. viveva presso gli alloggi del personale siti in prossimità del binario
12, come confermato dai testimoni, ed i fumi e le polveri sprigionate dalle
littorine si disperdevano nell’ambiente circostante.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denunzia
violazione o falsa applicazione degli artt. 3 del T.U. n. 1124 del 1965, 115 e
116 c.p.c. 3 e 38 Cost. – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ. –
avendo la Corte territoriale trascurato che l’obbligo dell’assicurazione INAIL
sussiste per i lavoratori costretti ad essere presenti in ambienti di lavoro
pericolosi, senza alcun rilievo per la frequenza, nonché invertito l’onere
della prova sulla c.d. esposizione qualificata.

4. Con il quarto motivo si denunzia omesso esame di
un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti – ex art. 360, primo
comma, n. 5, cod.proc.civ. – avendo la Corte territoriale omesso di valutare la
complessiva rilevanza del quadro indiziario, limitandosi ad un esame
parcellizzato dei singoli elementi.

5. Il primo motivo di ricorso è manifestamente
fondato.

6. Come chiarito da questa Corte sin dalla sentenza
delle Sezioni Unite n. 1919 del 09/03/1990, nel sistema dell’assicurazione
contro le malattie professionali – quale risulta per effetto dell’ampliamento
della protezione alle malattie professionali non tabellate operato dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 179 del 1988 – la distinzione tra le malattie
comprese nelle tabelle e quelle ivi non comprese rileva sul piano della prova
del nesso di causalità. Costituisce infatti principio consolidato quello
secondo il quale l’inclusione nella tabella sia della lavorazione svolta che
della malattia contratta (purché insorta entro il periodo massimo
d’indennizzabilità eventualmente previsto) comporta l’applicazione della
presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta
dall’assicurato. In tal caso, dunque, al lavoratore è sufficiente dimostrare lo
svolgimento professionale della lavorazione indicata in tabella e di essere
affetto dalla malattia ivi prevista, per essere esonerato dalla prova
dell’esistenza del nesso di causalità tra l’uno e l’altra, avendo già
l’ordinamento compiuto la correlazione causale tra i due termini (v. Cass. n.
3207 del 2019, Cass. n. 16248 del 2018, Cass. n. 13024 del 2017, Cass. n. 23653
del 2016).

7. Invero, il sistema tabellare esonera il
lavoratore dalla prova del nesso di causalità tra la lavorazione tabellata e la
malattia, ma non dalla prova dell’adibizione professionale alla prima. Per far
scattare la presunzione di nesso causale in concreto ed in relazione al caso
specifico, la prova del lavoratore dovrà dunque avere ad oggetto (oltre alla
contrazione della malattia tabellata) lo svolgimento di una lavorazione che
rientri nel perimetro legale della correlazione causale presunta e dunque che sia
ritenuta idonea, secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, a
provocare la malattia. Solo in tal caso la fattispecie concreta potrà ritenersi
aderente a quella astratta prevista dalla tabella e potrà scattare la
presunzione di eziologia professionale con specifico riferimento a quel
lavoratore.

8. La presunzione legale in questione non è
assoluta, rimanendo la possibilità per l’INAIL di fornire la prova contraria,
ad esempio dimostrando che la malattia, per la sua rapida evolutività, non è
ricollegabile all’esposizione a rischio, in quanto quest’ultima sia cessata da
lungo tempo, oppure che il lavoratore è stato concretamente esposto all’agente
patogeno connesso alla lavorazione tabellata in misura non sufficiente nel caso
concreto a cagionare la malattia, o che sussista un fattore extralavorativo che
sia stato di per sé idoneo a determinarla (Cass. n. 19312 del 25/09/2004, Cass.
n. 14023 del 26/07/2004).

9. A questo proposito, poiché nella materia degli
infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione
il principio di equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p., è sufficiente per
far sorgere la tutela in favore del lavoratore che l’esposizione a rischio sia
stata concausa concorrente della malattia, non richiedendosi che essa abbia
assunto efficacia causale esclusiva o prevalente (così da ultimo v. Cass. n.
27952 del 31/10/2018, Cass. n. 23653 del 2016, n. 6105 del 26/03/2015). Ne
discende che, per vincere la presunzione di eziologia professionale, la prova
contraria dell’INAIL dovrà avere ad oggetto l’efficacia causale esclusiva
dell’eventuale fattore morbigeno extralavorativo.

10. Il mesotelioma pleurico, che rileva nella causa
in esame, è esplicitamente previsto tra le malattie “contratte nelle
lavorazioni che espongono all’inalazione delle fibre di asbesto” alla voce
n. 57 della Nuova Tabella delle malattie professionali dell’industria, all. 4,
da ultimo modificata dal D.M. 9 aprile 2008.

11. Si tratta quindi di malattia nosologicamente
definita nella tabella, in relazione alla quale in caso di esposizione al
relativo rischio la presunzione legale di origine professionale opera in modo
immediato.

12. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha
riferito che era stata accertata la malattia denunciata (mesotelioma da
esposizione a fibre di asbesto), che aveva condotto a morte il de cuius.
L’assegnazione a servizi di controllo delle operazioni di smontaggio/bruciatura
delle littorine coibentate di amianto presso la stazione ferroviaria di Alcamo
è emersa dalle prove testimoniali. Ha, peraltro, escluso la ricorrenza della
malattia tabellata rilevando l’assenza di elementi probatori tesi a dimostrare
l’adibizione diretta ai compiti di demolizione delle littorine e la frequenza
non occasionale all’esposizione alle fibre di amianto.

13. La Corte territoriale, peraltro, non ha
considerato che ai fini dell’operatività della tutela assicurativa per la
giurisprudenza – anche costituzionale (Corte. Cost. 206 del 19/74) – è
sufficiente il rischio ambientale (cfr. Cass. SU 13025 del 2006; Cass. n. 15865
del 2003, Cass. n. 6602 del 2005, Cass. n. 3227 del 2011); ovvero che il
lavoratore abbia contratto la malattia di cui si discute in virtù di una noxa
comunque presente nell’ambiente di lavoro ovvero in ragione delle lavorazioni eseguite
al suo interno, anche se egli non fosse stato specificatamente e direttamente
addetto alle stesse mansioni nocive.

14. Del pari, la Corte territoriale ha errato ove ha
fatto riferimento alla pretesa necessità di una valutazione di sufficiente verosimiglianza
di duratura (ossia non occasionale) assegnazione a servizi direttamente
coinvolgenti la lavorazione di componenti di amianto e alla diversa questione
della prova dell’esposizione qualificata: nelle malattie asbesto correlate (in
specie per il mesotelioma, definita malattia monofattoriale) il fattore di
rischio è previsto in tabella (dal D.P.R. n. 336 del 1994 e segg.; ed oggi alla
voce n. 57 della tabella di cui al d.m. 9.4.2008) in termini ampi
(“Lavorazioni che espongono all’azione delle fibre di asbesto”),
senza indicazione di soglie quantitative, qualitative e temporali; inoltre,
l’esposizione qualificata è richiesta per l’accesso ai c.d. benefici
contributivi di cui alla L. 257 del 1992, art. 13 e ss. (questione che invece
nel caso in esame non rileva ad alcun fine).

15. La Corte territoriale ha pertanto violato i
principi che governano la distribuzione dell’onere della prova del nesso
causale nelle malattie tabellate, quali risultano dall’esposizione che precede,
in quanto, essendo risultate in causa l’esposizione a rischio e l’affezione
dalla malattia tabellata, incombeva sull’INAIL l’onere di fornire la prova
idonea a vincere la presunzione legale di nesso causale, avente ad oggetto
l’eventuale esistenza di un diverso ed esclusivo fattore causale
extralavorativo.

16. In conclusione, va accolto il primo motivo di
ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza deve essere cassata con rinvio ad
altro giudice per un nuovo giudizio, il quale ai fini della prova verosimile
dell’esposizione professionale che ne occupa considererà la presenza di amianto
nella stazione ferroviaria ove il lavoratore svolgeva, in turni, la propria
attività di controllo (seppur a distanza) delle operazioni di demolizione delle
littorine coibentate di amianto e dove aveva la propria unità abitativa,
l’estrema volatilità e diffusività delle minuscole fibre in discorso, la
rilevanza dell’esposizione ambientale secondo l’ordinamento e la mancanza di
limiti di soglia ai fini della tutela assicurativa in discorso.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli
altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente
giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa
composizione.

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