Per le prestazioni giornalistiche di carattere autonomo rileva anzitutto la convenzione intervenuta fra le parti. La situazione di stabilità reale che esclude la decorrenza della prescrizione va valutata con riguardo alla effettiva situazione psicologica di metus del lavoratore.

Nota a Cass. 15 dicembre 2021, n. 40301

Valerio Di Bello

In ordine al compenso da erogare per le prestazioni giornalistiche di carattere autonomo, la Corte di Cassazione (15 dicembre 2021, n. 40301, parz. diff. da App. L’Aquila n. 50/2018; v. anche Cass. n. 17726/2018) afferma che non esistono tariffe professionali agli effetti dell’art. 2233 c.c. Vi è invece una tabella dei “compensi minimi”, varata di anno in anno, ai sensi della L. n. 69/1963, che (in assenza di specifiche disposizioni legislative che attribuiscano all’Ordine dei giornalisti il potere di fissare compensi minimi inderogabili) ha carattere indicativo e non vincolante (v. Cass. n. 11412/ 2016). L’art. 2233 c.c. stabilisce una gerarchia tra i vari criteri di determinazione del compenso per le prestazioni di opera professionale e pone una garanzia di carattere preferenziale tra tali criteri, attribuendo rilevanza, in primo luogo, alla convenzione intervenuta fra le parti. Solo in mancanza di un accordo – come accertato nel caso di specie – è possibile ricorrere alle tariffe e agli usi e, da ultimo, in mancanza di questi, la determinazione è demandata al giudice; non operano, invece, i criteri di cui all’art. 36, co.1, Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato (cfr. Cass. n. 1900/2017). Quanto alle tabelle elaborate dal Consiglio dell’Ordine esse non sono vincolanti, ma rappresentano un valido criterio orientativo in sede di determinazione giudiziale ex art. 2233 c.c. poiché forniscono elementi utili ai fini della individuazione dei minimi inderogabili a garanzia dell’attività svolta dal professionista (cfr. Cass. n. 11412/2016, cit.); pertanto il giudice può avvalersene come parametro nella sua liquidazione equitativa.

La norma codicistica stabilisce infatti che:

1. “Se Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, [sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene] (l’art. 9, D.L. n. 1/2012 ha abrogato le tariffe professionali ed ha stabilito che per la liquidazione giudiziale dei compensi il giudice dovrà fare riferimento a parametri ministeriali, fissati con decreto per le diverse categorie professionali.
L’inciso relativo al parere dell’associazione professionale deve ritenersi abrogato in quanto le norme corporative sono state soppresse con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721).

2. In ogni caso, la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

3. Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali (comma così sostituito dall’art. 2, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, conv. con mod., nella L. 4 agosto 2006, n. 248)”.

Quanto alla decorrenza della prescrizione, la Corte precisa che:

A) la sospensione del corso della prescrizione durante lo svolgimento del rapporto può essere invocata solo nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, perché è ad esso che fanno riferimento le pronunzie della Corte costituzionale (sentenze 10.6.66 n. 63, 20.11.69 n. 143 e 12.12.72 n. 174), secondo cui l’art. 2948, n.4, c.c. è illegittimo limitatamente alla parte in cui consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, salvo che il rapporto stesso non sia caratterizzato dalle garanzie del pubblico impiego o degli artt. 1 L. n. 604/1966 e 18 Stat. Lav. (v., fra tante, Cass. n. 9636/2003, Cass. 11024/2007; Cass. n. 13323/2001; Cass. 11290/2000);

B) laddove si accerti “la concreta attuazione tra le parti di un vincolo di subordinazione al di là del nomen iuris di lavoro autonomo attribuito al negozio giuridico, … la situazione di stabilità reale (che consente il decorso della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro ed impedisce la sospensione della decorrenza del termine) deve essere valutata non già con riguardo alla disciplina che astrattamente viene attribuita dal giudice in sede di corretta qualificazione del rapporto, bensì in riferimento alla effettiva situazione psicologica di metus del lavoratore vissuta nell’attualità del suo svolgimento, considerando che la libera recedibilità da un contratto formalmente configurato dalle parti come autonomo o parasubordinato esclude quella particolare forza di resistenza che la giurisprudenza dei Giudici delle leggi pone quale presupposto per la decorrenza dei termini prescrizionali”.

Con riguardo, poi, ai (genuini) rapporti c.d. parasubordinati di collaborazione coordinata e continuativa, la Cassazione ha affermato che: a) le ipotesi di sospensione del decorso della prescrizione sono tassative e che, pertanto, non è possibile introdurne in via interpretativa altre che il legislatore non abbia previsto (Cass. n. 6364/1987, Cass. n. 12754/1995, Cass. n. 5733/1997); b) il diritto al pagamento dei compensi è soggetto alla prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c. ovvero alla prescrizione «breve» ex art. 2948, n. 4, c.c. (a seconda che l’erogazione abbia, rispettivamente, natura episodica ovvero periodica) che decorre dalla data di insorgenza del credito.

Giornalista: determinazione del compenso e prescrizione
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