Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 gennaio 2022, n. 1855

Cessione ramo di azienda, Pensionamento, Istanza del
lavoratore, Accettazione dell’estinzione di qualsivoglia rapporto di lavoro in
atto

 

Rilevato che

 

1. P.N. otteneva decreto ingiuntivo di condanna di
T.I. s.p.a. al pagamento in suo favore della somma di €. 4.128,57 a titolo di
retribuzione relativa al mese di gennaio 2015;

2. il giudice di primo grado respingeva la
opposizione proposta dalla società avverso il decreto ingiuntivo;

3. la Corte di appello di Napoli in accoglimento
della impugnazione della società ha revocato il decreto ingiuntivo respingendo
nel merito la domanda del N.;

3.1. il giudice di appello, premessa la natura
risarcitoria della pretesa con la quale il N., sulla base di precedente
sentenza accertativa della illegittimità della cessione da parte di T.I. s.p.a.
del ramo di azienda al quale egli era addetto, aveva rivendicato il pagamento
della somma oggetto di ingiunzione, ha ritenuto che il pensionamento del N. dall’agosto
2013 con percezione del relativo trattamento di anzianità, pensionamento
avvenuto su istanza del medesimo lavoratore, comportava il venir meno del
rapporto di lavoro ed escludeva in quanto incompatibile con tale situazione la
configurabilità di un inadempimento della cedente T. costituita in mora; la
volontarietà del pensionamento e la accettazione dell’estinzione di
qualsivoglia rapporto di lavoro in atto trovava ulteriore conferma dalla
circostanza per la quale a seguito della sentenza di reintegra ex art. 18 St. lav. emessa nei
confronti della società cessionaria, il N. aveva optato per il pagamento delle
quindici mensilità in sostituzione della reintegra rinunciando quindi a
riprendere servizio nel posto di lavoro; su tale assetto non poteva utilmente
incidere la circostanza che la sentenza di legittimità che aveva determinato il
formarsi del giudicato sulla inefficacia nei confronti del lavoratore del
trasferimento del ramo di azienda fosse successivo alla domanda di
pensionamento;

4. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso P.N. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con
tempestivo controricorso;

5. entrambe le parti hanno depositato memoria ai
sensi dell’art. 380 bis -.1. cod. proc. civ. ;

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.
2909 cod. civ. e violazione del principio del ne bis in idem in relazione
al passaggio in giudicato della sentenza 23107/2009 del Tribunale di Napoli che
aveva accertato la inefficacia nei confronti del N. del contratto di cessione
per effetto della sentenza n. 9641/2014 di questa Corte; T. I. s.p.a., per il
principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, non
poteva più mettere in discussione la titolarità in capo ad essa del rapporto di
lavoro del N. non avendo in quel giudizio sollevato alcuna questione circa il
collocamento in quiescenza del N. che si era già verificato allorquando la
sentenza di cassazione era stata pubblicata;

2. con il secondo motivo di ricorso deduce
violazione e /o falsa applicazione dell’art. 22, comma 1, lett. C) della
I. n. 153 del 1969 e dell’art.
10, comma 6, d. Igs. n. 503 del 1992; sostiene, in sintesi, che l’effetto
definitivo della sentenza di questa Corte n. 9641/2014 aveva “travolto”
la domanda di pensione del N. determinando il venir meno del presupposto per la
fruizione del trattamento di pensione che poteva pertanto essere chiesto in
restituzione dall’ente erogatore; ciò in quanto ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. C) I. n.
153/1969 e dell’art. 10,
comma 6 d. Igs n. 503/1992, la percezione della pensione subordinato,
rapporto che nello specifico era stato giuridicamente ricomposto con decorrenza
dal 1.3.2003;

3. con il terzo motivo deduce violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1326, 1362 e 1372 cod. civ.
censurando la valutazione del comportamento del N. come concludente nel senso
della risoluzione del rapporto di lavoro desumibile dalla richiesta di
pensionamento di anzianità e dalla rinunzia alla reintegrazione disposta a
carico della società cessionaria con accettazione delle mensilità;

4. i motivi di ricorso, esaminati congiuntamente per
connessione, sono infondati;

4.1. occorre premettere che la sentenza qui
impugnata ha mostrato di conferire alla condotta del N. nel formulare domanda
di pensione di anzianità il significato negoziale di volontà risolutiva del
rapporto di lavoro con T., rapporto giuridicamente ripristinato dalla sentenza
del Tribunale di Napoli n. 23107/2009 che aveva accertato la inefficacia della
cessione da parte di T. del ramo di azienda al quale era addetto l’odierno
ricorrente; in tal senso depone, tra l’altro, la valorizzazione da parte della
Corte distrettuale della rinunzia del lavoratore alla reintegrazione presso la
cessionaria come elemento indirettamente confermativo della volontà del N. di
cessare l’attività lavorativa;

4.2. tale ricostruzione non risulta inficiata dalle
censure formulate con il terzo motivo di ricorso intese a contrastare la
valutazione della concludenza della condotta del N. nella volontà di far
cessare il rapporto di lavoro, censure che pur formalmente ricondotte
all’ambito della violazione di legge tendono, in realtà, a sollecitare un
riesame nel merito degli elementi in atti (anche attraverso la trascrizione di
documenti asseritamente rivelatori di una volontà del N. non intesa alla
cessazione del rapporto con T.), esame consentito solo nei limiti della
deduzione del vizio di motivazione (Cass. 15264/2006) neppure formalmente
prospettato e comunque infondato alla luce del carattere non decisivo degli
elementi richiamati;

4.3. tanto premesso, ferma la valutazione operata
dalla Corte di merito circa la volontà del N. di risolvere il rapporto con la
società cedente, si rivelano infondati gli ulteriori motivi articolati; quanto
al primo motivo deve innanzitutto evidenziarsi un profilo di inammissibilità
scaturente dalla mancata trascrizione del giudicato formatosi sulla sentenza
del Tribunale di Napoli n. 23107/2009 confermata nei gradi successivi (v. tra
le altre Cass. n. 16227/ 2014); può inoltre
soggiungersi che alla stregua della stessa esposizione del ricorrente la
sentenza impugnata laddove ha ritenuto il rapporto con T. cessato alla data del
pensionamento affermato non si pone in contrasto con il giudicato relativo
all’accertamento della persistenza del rapporto con T. quale effetto della
inefficacia cessione del ramo di azienda, in quanto in relazione ai rapporti di
durata, l’ autorità della cosa giudicata ha come suo presupposto il principio
“rebus sic stantibus”, per cui la statuizione può essere modificata
sulla base di fatti sopravvenuti alla sua formazione (Cass. 10420/2002),
dovendo ulteriormente rilevarsi che il riferimento alla data di pubblicazione
della sentenza di cassazione non è indicativo della deducibilità in quel giudizio
da parte di T. del fatto rappresentato dal pensionamento;

4.4. privo di pregio è l’assunto sviluppato con il
secondo motivo di ricorso in merito al giudicato determinato da Cass. n.
9641/2014 che secondo il ricorrente avrebbe travolto la domanda di pensionamento;
alla luce della ricostruzione della Corte di merito, divenuta definitiva in
ragione del rigetto del terzo motivo di ricorso, il pensionamento costituiva
infatti frutto di una scelta volontaria del N. sulla a quale non è dato
comprendere come potesse influire la definitività dell’accertamento relativo
alla inefficacia della cessione ;

5. in base alle considerazioni che precedono il
ricorso deve essere respinto;

6. la incertezza dell’esito connessa
all’accoglimento, confermata in sede di legittimità, di analoghe pretese del
ricorrente in relazione al medesimo rapporto, giustifica la compensazione delle
spese di lite;

7. sussistono i presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma
del comma 1 bis dell’art.13 d. P.R.
n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019);

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso art.13, se
dovuto.

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