Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 gennaio 2022, n. 2489

Rapporto di lavoro, Contratti di collaborazione coordinata
continuativa, Nullità, Determinazione dell’inquadramento del lavoratore

 

Rilevato che

 

1. a seguito di propria sentenza non definitiva n.
3621/2016, la Corte d’appello di Roma, con sentenza definitiva 7 gennaio 2020,
in esito alle scrutinate risultanze istruttorie: accertava la nullità dei
contratti di collaborazione coordinata continuativa stipulati tra A.T.E.R. di
Frosinone ed E.S. e la natura subordinata del rapporto di lavoro a tempo
indeterminato tra le parti dal 23 novembre 2005, con diritto della lavoratrice
all’inquadramento nel livello B1 CCNL Federcasa; ordinava all’Azienda
Territoriale il ripristino del rapporto full time e la condannava al pagamento,
in favore della predetta, di un’indennità risarcitoria omnicomprensiva, ai
sensi dell’art. 32 l. 183/2010,
in misura di otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre
accessori. E così riformava la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato
inammissibili dette domande;

2. con atto notificato il 7 settembre 2020, A.T.E.R.
ricorreva per cassazione con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., cui resisteva la lavoratrice
con controricorso, contenente ricorso incidentale con due motivi.

 

Considerato che

 

1. la ricorrente principale deduce nullità della
sentenza per assenza di motivazione su più fatti decisivi, quali l’effettiva
prestazione dalla lavoratrice di un orario a tempo pieno indimostrata, anzi
contraddetta dalla relazione di C.t.u. e il suo stabile inserimento
nell’organizzazione aziendale, sul presupposto di una continuità nelle mansioni
smentita dalla loro stessa tipologia indicata nei contratti di collaborazione
stipulati (unico motivo);

2. esso è infondato;

3. non si configura la nullità denunciata,
trattandosi piuttosto di una doglianza intesa a rimettere in discussione,
proponendone una diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze
processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del
merito, essendo la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi
ultimi preclusa in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. s.u.
21 luglio 2021, n. 21769);

3.1. il motivo è inoltre affetto da un profilo di
inammissibilità, per difetto di specificità, in violazione del principio
prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6
c.p.c., per omessa trascrizione (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915, con
principio ex art. 360bis, primo comma c.p.c.;
Cass. 20 settembre 2013, n. 21632; Cass. 25 settembre 2019, n. 23834; Cass. 28
luglio 2021, n. 21653) della relazione di C.t.u. (genericamente richiamata al
primo capoverso di pg. 7 del ricorso);

4. la lavoratrice controricorrente a propria volta
deduce, in via di ricorso incidentale, omessa motivazione in relazione alla
propria domanda principale di inquadramento al livello A del CCNL Federcasa,
per omessa valutazione delle declaratorie dei livelli A e B del CCNL, avendo la
Corte territoriale fondato il deteriore inquadramento sul solo presupposto
della mancata dimostrazione, in ordine alle mansioni svolte, della propria
redazione di atti giudiziari (primo motivo);

violazione e falsa applicazione degli artt. 2103, 1362 c.c.,
per l’erronea esclusione del proprio inquadramento al livello A1, sulla base di
un non corretto raffronto, alla luce delle risultanze istruttorie, tra le
declaratorie suddette, in considerazione della propria iscrizione all’albo
degli avvocati, degli incarichi oggetto dei contratti di collaborazione e del
loro effettivo svolgimento (secondo motivo);

5. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono fondati;

6. la Corte d’appello ha completamente omesso di
verificare la corrispondenza delle mansioni svolte in concreto dalla
lavoratrice (secondo le risultanze istruttorie scrutinate, da pg. 2 a pg. 5
della sentenza) alle declaratorie dei due livelli di inquadramento
professionale gradatamente rivendicati (specificamente indicati a pgg. 11 e 15
del controricorso), secondo il cd. criterio “trifasico” nel
procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento
del lavoratore (Cass. 27 settembre 2010, n. 20272;
Cass. 28 aprile 2015, n. 8589; Cass. 27 settembre 2016, n. 18943): essendosi la
medesima Corte limitata alla sbrigativa e non corretta asserzione di spettanza
alla lavoratrice del livello B1, non risultando “dimostrata la redazione di
atti giudiziari” (così all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza);

il ricorso principale deve pertanto essere
dichiarato inammissibile, con il raddoppio del contributo unificato, ove
spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre
2019, n. 23535) e il ricorso incidentale invece accolto, con la cassazione
della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e dà atto, ai sensi
dell’art. 13 comma 1quater del
d.p.r. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale,
a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto;

accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza
impugnata, in relazione ad esso e rinvia, anche per la regolazione delle spese
del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa
composizione.

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